IDA MAGLI   SALVARE L'ITALIA PRIMA CHE SCOMPAIA

 
 

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tutta la società ad assumere le vesti della donna stuprata, e dunque, prima di tutto, la “femminilità”.

  Finalmente abbiamo forse capito (forse, perché tutto questo è talmente atroce che sembra quasi impossibile pensarlo) quale sia lo scopo ultimo dei governanti: annientare, riducendolo all’assog-gettamento di una femminilità disonorata, il proprio popolo, impedendo così qualsiasi reazione allo sterminato progetto di eliminazione delle madri-patrie, delle nazioni, dei confini, delle identità dei gruppi. Pensano di estendere in questo modo il proprio potere ad un territorio tanto vasto quanto quello da cui provengono gli invasori? Oltre al contemporaneo allargamento stabilito a tavolino con l’eliminazione dei confini fra i paesi europei? Sembrerebbe questa l’unica risposta logica ad un comportamento così tragicamente dissennato. Ma quanto abbiamo detto sui significati dello stupro vale ovviamente anche per gli invasori che lo compiono. E dunque sta già qui l’incredibile accecamento dei governanti: gli invasori stuprano la terra del nemico e sono quindi, si sentono consapevolmente vincitori; sanno, nel momento stesso in cui vi poggiano i piedi, che vi pene-trano, che se ne impadroniscono, di aver vinto.

  Di aver vinto sui maschi, è chiaro, sui detentori del potere, tanto più perché questi si sono offerti alla pene-trazione, nel massimo del disonore: si sono trasformati in oggetti passivi di stupro, in femmine

pronte alla prostituzione. Quanta distanza da quegli uomini e da quelle donne che per tanti secoli abbiamo considerato degli Eroi! E che si uccidevano al momento della sconfitta piuttosto che consegnare se stessi e le proprie donne alla furia stupratrice del nemico vittorioso. Ma vengono in mente anche e soprattutto quelle prime martiri cristiane che si avviavano al luogo dell’esecuzione cantando l’inno di ringraziamento a Dio per averle “trasformate in maschi”, permettendogli di testimoniare con la propria morte la fedeltà al loro credo.
  Dunque, è concentrata qui la dialettica, simbolica e concreta, fra mascolinità e femminilità. Con l’abbandono del possesso del territorio, siamo tutti “trasformati in femmine”. Naturalmente so bene che oggi si guarda a questo passato, a questi significati, come a qualcosa che è del tutto superato: è meglio non aver bisogno di eroi; nessuno più è da considerarsi un nemico; tutti vanno accolti come fratelli, come amici… Su questi problemi torneremo più distesamente in seguito. Per ora è indispensabile, però, rendersi conto che attribuire agli altri popoli i nostri “valori” rappresenta, non soltanto ancora una volta la presunzione della nostra supremazia, ma la premessa della più catastrofica disfatta.

  Vedremo in seguito come sia collegata alla “femminilizzazione” dell’Europa, oltre alla “femminilizzazione” così plateale ed oscena