IDA MAGLI   SALVARE L'ITALIA PRIMA CHE SCOMPAIA

 
 

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inconsapevole, eppure chiarissimo, gli uomini ben conoscono in quanto ha accompagnato e accompagna, in ogni tempo e in ogni luogo, la storia che sono essi stessi ad aver creato, fondato, agito, vissuto.
  Gli uomini-maschi lo conoscono perché in ogni conflitto, in ogni guerra, hanno sempre verificato e verificano la propria vittoria, dopo la conquista del territorio, stuprando le donne dei vinti. Le donne lo conoscono perché percepiscono chiaramente che lo stupro è più violento dell’uccisione, è analogo all’uccisione nella volontà dello stupratore: uccidere superando il “confine” del corpo, pene-trandolo. E nulla è più disonorante, più umiliante, più assassinante che lasciarti in vita pur avendoti ucciso.
  E’ questo uno dei motivi per i quali la maggior parte degli Italiani subisce la terribile violenza che gli viene inferta nell’identico modo sia dai propri governanti che dagli invasori, senza ribellarsi; anzi senza neppure osare dirlo ad alta voce. Proprio come succede alle donne stuprate. La violenza in cui non si vede scorrere il sangue, in cui l’unica arma è quella “primaria” -il pene- non può essere descritta, non la si può neanche rivelare. Nessuno riesce a parlarne proprio perché “il pene come arma” appartiene a un tempo-non tempo, a un tempo che per l’umanità forse concretamente non è mai esistito: il “prima della cultura”, l’al di fuori della cultura (il termine “cultura” sarà sempre

inteso in questo saggio nella sua accezione antropologica come sovrapposto a “natura”). Non riescono, non vogliono parlarne prima di tutto i maschi: il pene è strumento di creazione e formazione della cultura, il simbolo stesso della cultura. Non ha un corrispettivo nella “natura”. Non è il pene degli animali, anche se, non avendo termini di confronto, si è soliti pensare allo stupro come a un comportamento bestiale, animalesco. Al contrario: lo stupro scaturisce dal massimo del simbolismo culturale, del suo assetto concreto: la regola di appartenenza delle donne, con la quale i maschi hanno fondato la “società”, hanno stabilito la circoscrizione del territorio per ogni società, hanno imposto a se stessi le leggi del Potere, del pene, che sono prima di tutto divieti nell’uso del pene (si tratta di argomenti complessi che purtroppo, posso qui soltanto sfiorare, ma che sono abbondantemente studiati in antropologia).

Ma nasce da questi primi ordinamenti l’associazione della femminilità con la terra, la propria terra. Non c’è termine più significativo, e tuttavia in apparenza più contraddittorio, di quello di “Madre-Patria”. La patria è una terra madre che appartiene al padre. Dunque ai maschi, al potere, al pene, alla mascolinità. Nel momento in cui i detentori del Potere, i governanti (maschi per definizione, checché ne pensino le donne anche quando credono oggi di detenere posti di potere) cedono la patria a maschi invasori, costringono tutti i sudditi,