Il referendum
che ha smascherato
l'inganno dell'euro
di Ida Magli
il Giornale |
16 Settembre
2003 |
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Leggere i commenti dei
politici e dei giornalisti ai risultati del referendum svedese per
l'adesione all'euro è davvero sconcertante. Avendo gli svedesi in
grande maggioranza detto di no, il giudizio sul loro comportamento è,
non soltanto offensivo per la dignità di un popolo, ma anche
rivelatore dell'ipocrisia e della dittatorialità sulla quale è stato
costruito il progetto europeo.
«Hanno avuto paura» è la spiegazione più diffusa nei titoli dei
giornali di sinistra, cosa che non sorprende dato l'antico, profondo
disprezzo che marxisti nutrono per il giudizio popolare. La
razionalità è esclusa: la moneta unica e l'Unione
Europea è una decisione dei
governanti per cui i popoli che la rifiutano sicuramente sbagliano, e
sbagliano perché sono guidati dalla più bassa emotività: la paura. Gli
svedesi, dunque, popolo fratello in quella europeità che ci dovrebbe
fare tutti uguali, sono paurosi. Ma di che cosa hanno paura? Di Dio,
forse, della morte, della sofferenza, dell'angoscia del vivere che
pure taciti grandi svedesi hanno espresso, da Strindberg a Bergman, in
modo sublime?
Suvvia: nell'Unione Europea sono gli ideali degli economisti e dei
banchieri quelli sui quali si misurano gli uomini. Gli svedesi hanno
paura di perdere il proprio benessere sociale, il proprio attivo
economico, molto superiore a quello in cui ristagnano i Paesi della
zona euro. Neanche l'assassinio dell'amato ministro degli Esteri -
aggiungono scandalizzati i commentatori -, la morte della più fervente
paladina dell'euro, è riuscita a cambiare il voto degli svedesi. Se
neppure l'avvento di una «vittima sacrificale» è capace di smuovere
gli svedesi dalle loro decisioni, significa che sono quello che si è
sempre pensato, freddi e incapaci di emozioni.
Più preoccupanti, però, di questi opportunistici commenti, sono le
affermazioni a denti stretti di alcuni politici di spicco (il Capo del
governo svedese, il Presidente del Parlamento europeo): «Rispetteremo
i risultati del referendum». Si starebbe, forse, ventilando
l'eventualità di non rispettarli? Non è cosa da sottovalutare per chi
guarda con realismo all'Unione Europea, enorme costruzione nella quale
la democrazia ben presto dovrà essere accantonata perché è impossibile
governarla con istituzioni posticce quali quelle messe in piedi fino
ad oggi.
Ma c'è una prospettiva molto diversa dalla quale bisognerebbe guardare
agli avvenimenti attuali, di cui il referendum svedese segnala la
necessità. Prima di tutto l'abbandono della voluta disinformazione e
dell'impedimento a qualsiasi dibattito sui problemi veri dell'Unione
Europea che i politici hanno imposto fin dall'inizio. L'assassinio
della signora Anna Lindh è un assassinio politico, il primo causato
dall'unificazione europea, e che tale rimane anche se ad eseguirlo
fosse stato un «folle» perché è venuto alla luce durante una battaglia
politica per la prima volta dichiaratasi come battaglia politica per
l'Europa. Pagheremo tutti molto caro l'aver impedito ai popoli di
capire cosa significhi un progetto macroscopico di cambiamento totale
della loro vita.
Le conseguenze economiche dell'uso della moneta unica le hanno ormai
tutti i cittadini sotto gli occhi e non c'è disinformazione o discorso
politico che possa cambiarle. L'euro ha ridotto in maniera drammatica
il potere d'acquisto di tutti, non soltanto degli italiani; ma non è
questa perdita a provocare l'esasperazione di coloro che sono
costretti ad adoperarla. È l'inganno sistematico operato dai
governanti che adesso si rivela, ed è a questo inganno che, per primi,
si sono ribellati gli svedesi.
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