Trapianti: il corpo a pezzi
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E' Bagdad la capitale
del traffico d'organi

Dal 1970 a oggi, 5mila italiani si sono fatti
operare all'estero, ma soprattutto in Europa
e Usa. In India il maggior numero di decessi

di Fausto Biloslavo

da Il Giornale - lunedì 25 giugno 2001 

Il nuovo Eldorado del traffico di organi è l'Irak di Saddam Hussein, nonostante l'embargo internazionale. Con cinquanta milioni di lire, in sonanti dollari americani, si può acquistare un rene da un altro essere umano, che solitamente lo vende per un decimo della cifra pattuita con le cliniche specializzate di Bagdad. Gli italiani non hanno ancora scoperto il nuovo mercato, ma nel corso degli anni almeno 250 ammalati sono andati a comprarsi un rene da vivente all'estero, in paesi come India, Israele e Turchia. Un'inchiesta del New York Times sul traffico di organi ha rivelato come il vituperato Irak offra "trapianti di reni eseguiti da eccellenti chirurghi, con un controllo accurato della compatibilità del donatore, un'ottima terapia post intervento e una percentuale di successo allo stesso livello dei migliori ospedali americani". La conferma arriva da Michael Friedlaender, nefrologo dell'ospedale dell'università Hadassah di Gerusalemme, che ha curato almeno trecento pazienti trapiantati all'estero con un rene non da cadavere.

Il costo dell'intervento a Bagdad si aggira sui ventimila dollari, che vengono consegnati nell'ufficio "trapianti stranieri" delle cliniche nella capitale irachena. Secondo Santi, un paziente palestinese proveniente dalla striscia di Gaza, sono sei i centri specializzati in questo genere di interventi. Ufficialmente l'acquisto di organi in Irak è illegale, ma Sami ha addirittura incontrato e fatto amicizia con il suo donatore, Essam, un ventiquattrenne profugo palestinese in Giordania. Essam veniva da una famiglia povera e voleva sposarsi, ma non aveva denaro, così ha deciso di vendere un rene per soli duemila dollari. La clinica dove è stato operato Sami, che dopo sei settimane è tornato a casa in perfetta salute, eseguirebbe un centinaio di interventi del genere all'anno. I pazienti arrivano via terra dalla Giordania e sono soprattutto libanesi, turchi, algerini, libici e marocchini attratti dai costi contenuti.

Difatti sembra che non esista mediazione e si contratti il prezzo direttamente con le cliniche. Friedlaender, il nefrologo di Gerusalemme intervistato dal New York Times non ha dubbi: "Dopo avere visto i risultati devo ammettere che se qualcuno decide di intraprendere questa strada, dovrebbe andare in Irak". Gli italiani, alla disperata ricerca di un rene, hanno scelto fino ad oggi altri lidi. Secondo i dati raccolti dall'Aned, l'associazione nazionale emodializzati con sede a Milano, i trapianti all'estero, dal 1969, sono stati cinquemila, ma si tratta in gran parte di interventi eseguiti in Francia, Belgio, Austria e Usa con l'organo di cadaveri.' I casi accertati di acquisto di un rene da vivente sono circa 250, ma potrebbe trattarsi solo della punta di un iceberg. L'anima dell'Aned, Franca Peffini, elenca un intervento in Colombia, un altro in Brasile, due in Egitto, uno in Iran, cinque in Israele, almeno duecento in India e cinque o sei in Turchia negli ultimi anni.

Tutto cominciò in Israele verso il 1984, ma poi ci furono problemi con le autorità locail. Agli inizi degli anni novanta si scopri l'India, ma solo il 50% dei trapianti andarono a buon fine, mentre nel resto dei casi i pazienti sono morti o ritornati in dialisi. Le carenze professionali e delle strutture sanitarie nelle cliniche di Bombay e Calcutta comportavano problemi di rigetto e infezioni talvolta sconosciute. Un paziente campano che aveva acquistato un rene in India è morto addirittura di lebbra, altri due hanno contratto l'Aids, compresa una signora di Roma di 45 anni ritornata in dialisi e poi deceduta. Un farmacista di Salerno è rientrato in Italia con una grave infezione, che gli ha intaccato il cervello uccidendolo in tre mesi. "Infine è spuntata la Turchia, ma negli ultimi tempi il fenomeno si è per fortuna affievolito - spiega la dottoressa Pellini -. I malati hanno preso coscienza che l'avventura all'estero comporta dei rischi molto alti e comunque l'attività di trapianto in Italia, pur non soddisfacendo completamente le richieste, rappresenta una speranza concreta".

Difatti sono 40.200 le persone attualmente in dialisi nel nostro paese, ovvero costrette per tutta la vita a "lavarsi il sangue", ogni 48 ore, con una macchina. Di queste, 6.980 rimangono in lista d'attesa per il trapianto di rene e lo scorso anno ne sono stati effettuati 1.311 da cadaveri e 88 da familiari viventi. Qualcuno sta aspettando da dieci e addirittura vent'anni. Per questo calvario è passato anche Giuseppe, un impiegato pubblico romano, che oggi sta bene e a quarant'anni ha due figli. Il Giornale si e fatto raccontare la sua storia, in cambio dell'anonimato, iniziata a undici anni, quando per una semplice tonsillite curata male, un'infezione gli distrugge i reni. "La dialisi ti consuma lentamente, non ce la facevo più - racconta Giuseppe -. Un altro paziente con dei by pass al cuore, per questo escluso da un trapianto in Italia, andò in India e mi passò il contatto". Il 15 settembre del 1994 Giuseppe sbarca a Bombay:

"Non avrei mai pensato di fare una cosa del genere, ma alla fine mi hanno trovato un ragazzo di 29 anni, che vendeva un rene perché aveva bisogno di soldì per aprire un'attività e garantire una minima dote alla sorella. Non me la sentivo di incontrarlo e allora gli ho fatto portare un orologio, a cui tenevo molto, dai miei genitori. Mi hanno detto che era contento del regalo e soprattutto dei quattro milioni dl lire, in dollari, perla vendita del rene". La spesa totale è stata di settanta milioni raccolti in parte con una colletta dei colleghi di lavoro. I donatori si fanno incerottare i soldi alla pelle, sotto i vestiti, perché spesso vengono derubati, una volta dimessi dall'ospedale, da criminali che evidentemente sanno degli interventi. "Le condizioni sanitarie erano da terzo mondo e altri due italiani ricoverati nello stesso periodo sono morti pochi mesi dopo essere tornati in Italia, a causa di terribili infezioni - rivela Giuseppe -. Mi reputo fortunato, perché dopo il trapianto ho ricominciato a vivere. Quando incontro qualche vecchio amico, ancora in dialisi, e vedo come è ridotto mi metto a piangere". La legislazione indiana è diventata ben più restrittiva facendo arenare, almeno in parte, il mercato. Il traffico è rispuntato in Turchia dove il chirurgo Yusuf Sonmez, soprannominato "l'avvoltoio", continua a operare, pur con qualche inchiesta sulle spalle. Sotto i suoi ferri, a Istanbul, è finito l'italiano M. R. che nell'agosto 1997 si ritrova a bordo di un aereo privato all'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, assieme a tre israeliani. La destinazione era Istanbul dove un mediatore aveva organizzato gli interventi conclusi con tre successi e un fallimento. Moshe Tati, l'israeliano al quale era stato trapiantato un rene andato in necrosi, ha rivelato al New York Times di avere pagato ben 145mila dollari (oltre trecento milioni di lire).

In Italia, invece, M. R. ha cominciato a mandare fax e messaggi di posta elettronica in giro proponendosi come collegamento con Istanbul. Probabilmente lo faceva solo per motivi umanitari, ma quando gli è stato fatto presente che stava compiendo un reato ha smesso. Pochi mesi fa è stata condannata a Roma Rosanna Piermatteo, che ai tempi dell'India organizzava viaggi della speranza per due o tre pazienti alla volta. Il pacchetto completo, comprensivo del rene nuovo, si aggirava sui 35 milioni di lire. Nel 1999 finì in trappola a Roma l'americano Jim Cohan attirato in Italia da un chirurgo, che si spacciava per un acquirente di organi. Dopo cinque mesi di carcere venne scarcerato per non avere commesso alcun reato, ma oggi da Los Angeles continua a definirsi "un coordinatore internazionale di trapianti", che ha aiutato trecento americani a trovarsi un rene. "Il traffico di organi è ignobile, non possiamo accettare che qualsiasi cosa sia venduta e comprata - sottolinea Franca Pellini -. Quando un paziente è disperato e mi viene a chiedere dove può acquistare un rene, cerco di aiutarlo con liste d'attesa in Italia o indirizzarlo in Belgio o in Francia dove, però, è diventato molto difficile farsi operare".

Denuncia: «Clandestini
espiantati a pagamento
dalle parti di Roma»

Testimonianza a Trieste
ma la Procura non trova riscontri
da Il Giornale - lunedì 25 giugno 2001 

 

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