Lettere 

 

Sull'immigrazione, sull'integralismo islamico e sull'ingresso della Turchia nella U.E.

Mittente: C.B.

Lettera 5 agosto 2002

Carissima professoressa Magli,

sono un giovane di 28 anni, laureato in Giurisprudenza, aspirante magistrato.

Sono un suo appassionato lettore, e ho sempre trovato nei suoi libri e nei suoi interventi su giornali e riviste la giusta chiave di lettura per la realtà che mi circonda.

Vivo in un quartiere romano con massiccia presenza di immigrati islamici (piazza Vittorio) e ho avuto modo di riscontrare pienamente, da uomo concreto che vive quotidianamente l'Italia "multietnica", le sue tesi.

Lei chiede ai lettori di "Italiani Liberi" di darle conforto, per non lasciarla sola nella sua battaglia. E sì che lei è davvero sola, tra le persone visibili e che in qualche modo possono parlare "al pubblico" senza timore di essere censurate o sbeffeggiate. Ma le assicuro che non è affatto sola tra gli uomini concreti, i quali sono, a loro volta, ancora più soli di lei, in quanto costretti a non estrinsecare niente (è consentito loro solo “mugugnare”), perché non troverebbero appoggio da nessuno.

Vorrei sommessamente esporle alcune mie riflessioni, che sono in realtà delle vere e proprie angosce:

1) Credo che l'integralismo islamico trova la sua forza proprio nell'immigrazione in Europa.

Gli Europei dovrebbero riflettere molto sulla loro storia. Se si guarda alle grandi "migrazioni" avvenute in Europa, si può constatare che oggi ci si trova proprio nelle stesse condizioni in cui si trovava l'Impero Romano quando fu travolto dai barbari.

Le tribù di Visigoti, Ostrogoti, Vandali, Longobardi, Franchi, Normanni, che si abbatterono sull'Italia, erano sicuramente spinte dal fatto di essere diventate numerose, e che le loro terre di origine non potevano più contenerli e assicurare loro nessuna sopravvivenza (la Germania, ad esempio, è prospera oggi). Lo stesso può dirsi per i Magiari o per gli Slavi che sono giunti sin nei Balcani, per gli Arabi che sono arrivati nel Nord Africa e in Spagna e Sicilia, e per turchi e mongoli che si sono radicati in Anatolia praticamente estirpando greci e armeni che vivevano lì da molto tempo prima del loro arrivo.

Oggi ci troviamo senza alcun dubbio nelle stesse condizioni.

In Egitto 70 milioni di persone (con previsioni di raddoppio entro i prossimi 40 anni) vivono in uno spazio grande quanto il Lazio e la Campania. Naturalmente lì non possono stare, se si considera che quelle terre sono soggette a desertificazione.

In altre epoche gli egiziani sarebbero "migrati", e cioè, in sostanza, avrebbero formato un esercito per invadere terre che non gli appartengono e stanziarvisi (per esempio, in Italia, che, in confronto all'Egitto, è un paese spazioso, e praticamente disabitato). Oggi naturalmente questo non è possibile.

Lo stesso problema credo che si ponga per altri paesi, come il Pakistan e il Bangladesh, visto che la presenza di Pakistani e Bengalesi è massiccia in Europa.

Il problema è molto complesso, e ovviamente non ho la minima idea su come oggi possa essere risolto.

Ma credo sia veramente assurdo pensare di tamponarlo consentendo loro di immigrare in Europa. Per ognuno che può arrivare, infatti, ce ne saranno almeno 100 che non possono farlo.

Ho il sospetto che un grosso impulso all'integralismo islamico venga proprio dal contrasto tra quanti riescono ad andarsene e quanti invece non riescono a farlo. O comunque dall'impossibilità di fare una "migrazione", che è cosa ben diversa dall'"emigrazione". Come si spiega, altrimenti, che i paesi dove l'integralismo è più radicato sono proprio quelli più sovrappopolati, come l'Egitto o il Pakistan?

Ho l'impressione che lo scopo dei musulmani non sia tanto quello di creare stati islamici sul loro territorio, che comunque non cambierebbe loro granché: è infatti un'illusione tutta europea quella secondo cui l'Egitto sarebbe, oggi, uno stato "laico".

L'integralismo è un ruggito, del mondo islamico, rivolto all'esterno, e in particolar modo all'Europa, in vista della sua conquista.

  Infatti, per quanto i musulmani dicono di essere antiamericani, non è tanto l'America il loro bersaglio, perché sanno di non poterla mai conquistare. L'America Latina è infatti molto prolifica, e il sopravanzo demografico del Messico basta da solo a compensare un eventuale calo demografico nordamericano.

  Viceversa, quando in Europa diventerà forte la presenza islamica (un'importante tappa mi sembra l'ingresso, nella U.E., della Turchia, altro paese la cui "laicità", su cui gli Europei sembrano tanto sicuri, è quanto meno discutibile), in nessun modo l'Europa potrà sottrarsi ai problemi del mondo islamico, che saranno a tutti gli effetti problemi europei.

I problemi economici e demografici dell'Egitto, dell'Algeria o del Marocco saranno problemi italiani e francesi, con sviluppi imprevedibili, paradossalmente con la possibilità che diventino loro problemi interni, ma in seno a stati europei (ad esempio in Francia sembra che alcuni magrebini siano contrari all'ulteriore immigrazioni di magrebini).

Voglio dire, insomma, che l'immigrazione islamica in Europa, lungi dall'"ammorbidire" l'Islam (cosa che gli Europei sembrano dare per scontata), rischia di alimentarne ancora di più l'aggressività: un'Europa con una forte presenza islamica che, per avventura, rifiutasse di partecipare attivamente alle tensioni e ai problemi del mondo islamico, sembrerebbe agli occhi dei musulmani un'Europa ancora più infedele di quando era cristiana, epoca in cui il disinteresse si poteva in qualche modo giustificare.

E se invece l’Europa decidesse di farsi carico dei problemi del mondo islamico, allora i pur gravi problemi dell’Europa passeranno necessariamente in secondo piano: ad esempio, la disoccupazione del nostro Mezzogiorno diventerà secondaria rispetto alla sovrappopolazione nella Striscia di Gaza (dove si fanno, in media, 7.5 figli per donna) o dell’Egitto, o ai problemi economici dell’Algeria o del Marocco, di cui i musulmani rivendicheranno l’interessamento dell’Italia. Si può paragonare il problema del calabrese svogliato che non riesce a vincere il concorso da carabiniere con quello della donna palestinese con 9 figli tutti disoccupati?

2) Avrà sicuramente notato che ho posto l’attenzione sui problemi demografici dei paesi islamici che ci circondano e da cui provengono gli immigrati. E’ che sono convinto che costituiscano un aspetto fondamentale, e tuttavia trascurato dalle analisi di intellettuali e politici.

Essi basano le loro analisi e soluzioni solo su aspetti economici: tutte le diversità, rispetto a noi, dei paesi islamici sarebbero riconducibili al loro scarso sviluppo economico, che è comunque soltanto provvisorio. E allora come fanno a spiegare perché la Turchia ha un tasso di natalità almeno triplo rispetto alla Bulgaria, la quale, a sua volta, ha un reddito pro-capite che è un terzo rispetto a quello della Turchia?

L’ingresso della Turchia in Europa, che ormai sembra certo, viene regolato solo sulla base della sua crescita economica e sul contenimento dell’inflazione. Nessuno si domanda se l’Europa è in grado di accogliere un paese che ha dei comportamenti riproduttivi totalmente diversi dai nostri.

Fino a ieri si discuteva se i turchi sono o non sono europei (non bisogna dimenticare che tutte le guerre contro l’Impero Ottomano venivano giustificate ideologicamente con la necessità di estromettere i turchi dall’Europa), e domani (quando i turchi saranno diventati 100 milioni), un quarto degli Europei sarà turco. Il turco, da solo, sarà la prima lingua più parlata in Europa.

 C.B.


Lettera 14 agosto 2002

Carissima professoressa Magli,

ho letto con grande ammirazione il suo articolo sul "Giornale" di oggi, e mi ha colpito molto il suo accenno al fatto che i Turchi, con l’ingresso della Turchia nella U.E., invaderanno l’Italia.

E mi piace pensare di averglielo suggerito io questo riferimento (qualche settimana fa le inviai una mail in cui le espressi i miei timori in proposito).

Due estati fa sono stato in Turchia in vacanza, e, oltre a visitare i siti archeologici sulle coste dell’Egeo, ho visitato anche qualche villaggio turco.

Nelle grandi città c’è, in effetti, un barlume di "occidentalizzazione", ma, come si esce da Istanbul o da Smirne, si piomba nel Medioevo. Le donne sono tutte coperte (e quando dico tutte, intendo dire davvero tutte).

E l’Europa continua a credere e a predicare che la Turchia è uno stato laico, che è la più grande modernizzazione avvenuta nel mondo islamico (lo afferma Sergio Romano).

Lei, tra l’altro, ha accomunato i Turchi, nel suo articolo, ai Polacchi e ai Rumeni; però non bisogna dimenticare che, quanto a questi ultimi, in Italia vengono spesso prima le donne (a fare le colf o le badanti, o, talvolta, le prostitute). Questo, come esattamente ha sottolineato in un suo libro a proposito dei Filippini, rende meno minacciosa la loro immigrazione.

Quanto ai Turchi invece, verranno prima gli uomini, che, anche senza turbante, sono ugualmente minacciosi. Per non parlare dei Curdi, di cui la Turchia potrà finalmente sbarazzarsi.

Tra l’altro è facile prevedere che, la maggior parte dei Turchi e dei Curdi che verranno qui, saranno quelli delle regioni orientali più povere (che, a quanto ne so, sono praticamente abbandonate a se stesse dal governo turco, anche perché è lì che si svolge la guerriglia curda). Non mi sono avventurato in quelle regioni, ma penso che distinguerle da uno stato islamico con tanto di polizia religiosa sia difficile.

Aggiungo un'altra cosa: mia madre è di origine greca, e la Grecia, oggi, si trova nella stessa disastrosa situazione in cui versa l’Italia. E’ invasa da più di un milione di immigrati, tra Albanesi, Slavi e soprattutto Egiziani, Pakistani e Curdi (e con una popolazione che è 1/5 di quella italiana).

Tempo fa un gruppo di immigrati di religione islamica ha occupato, per protesta contro il governo, una chiesa ortodossa in un centro della Tracia, dove, tra l’altro, vive una minoranza turca autoctona.

Un mio amico greco che studia a Roma si è lasciato prendere da una crisi di nervi, e ha imprecato contro il governo socialista e l’Unione Europea che costringono i Greci a stare zitti di fronte a queste provocazioni.

La Grecia si è sottratta da poco più di un secolo al terribile giogo ottomano, e (prendo spunto da un passo del suo Contro l’Europa, sugli Ungheresi), è stato solo l’attaccamento alla lingua greca, la consapevolezza di essere gli eredi dell’Impero Bizantino, e, almeno per le classi dirigenti, della Grecia classica, a permettere ai Greci di conservarsi, di configurarsi in Stato-nazione e di realizzare una certa modernizzazione (altro che la Turchia di Ataturk!), sia pure nei limiti di un piccolo Stato povero di risorse.

Si può costringere i Greci a sopportare una nuova invasione islamica?

Mio nonno è morto imprecando (nel suo dialetto greco e in turco), contro i Turchi (che per lui voleva dire musulmani), che lo avevano cacciato da Smirne, insieme ai suoi genitori, che lì avevano una fiorente impresa commerciale, costringendoli a finire i loro giorni in una baraccopoli di Tessalonica, completamente rovinati.

I governanti dell’U.E. sono proprio sicuri che i Greci di oggi abbiano dimenticato?

 

C.B.

Risposta

Sono molto grata a C.B. della sua lettera, sia perché ha raccolto il mio grido d'aiuto a non essere lasciata sola nella battaglia, sia, e ancor di più, perché ha esposto con grande chiarezza un aspetto del problema che ci assilla, il rapporto coi paesi musulmani che viene trattato poco, anzi per nulla: quello demografico.

L'analisi di Cesare è esatta, e la sua lettera va letta come un vero e proprio articolo che fornisce dati e riflessioni indispensabili per convincerci ancora di più del catastrofico, e ormai prossimo, futuro che ci attende. Nessun paese di religione musulmana è, né può diventare, "laico": su questo punto non c'è dubbio. Se l'Occidente lo crede, lo spera, lo propone, è soltanto in base alla propria, stupida, prosopopea. Oppure, dato che anche alla stupidità c'è un limite, a quello di cui io sono da molti anni sicurissima: il consapevole tradimento dei nostri governanti verso i propri popoli.

Espongo qui, in brevissima sintesi, i problemi nei quali ci troviamo stretti come in una morsa, e che appaiono davvero irrisolvibili, ma che comunque noi vogliamo affrontare, se non altro rendendone consapevoli tutti gli Italiani che siamo in grado di raggiungere. Le vere rivoluzioni, infatti, quelle che avevano come scopo la libertà: libertà dall'oppressione dei potenti, libertà del pensiero, libertà dal dominio degli stranieri, sono state iniziate sempre con la riflessione teorica, con la logica dell'analisi razionale, che è l'unica a sostenere negli uomini i sentimenti, la passione per la giustizia. Sono stati gli studiosi dell'Enciclopédie a preparare la fine del potere assoluto dei nobili e del clero in Francia, a porre le basi del sapere antropologico, la conoscenza e la comprensione dei diversi sistemi culturali, senza volerli né conquistare né assimilare.

Sono stati i letterati, i poeti, da Dante fino a Leopardi a preparare il Risorgimento, la liberazione dell'Italia dal dominio straniero. Senza una chiara conoscenza di tutti i processi in atto nei sistemi sociali, di qualsiasi epoca essi siano, non è possibile né trasformarli, né distruggerli. E' prima di tutto questa l'azione che debbono compiere gli Italiani Liberi.

Dunque, primo punto: l'Unione Europea, in quanto meccanismo che annienta l'identità dei popoli d'Occidente, svolge un'azione di accentramento sul territorio ristrettissimo di Francia, Germania e soprattutto Italia di tutti quelli che lo vogliono conquistare. Non è infatti l'Occidente che estende il proprio dominio in Oriente, ma il contrario. Bisogna, quindi, premere con forza sui governanti italiani perché ritirino la propria adesione al Trattato di Schengen.

Secondo punto: i piccoli e medi industriali sono propensi ad assumere sempre più lavoratori extracomunitari data la difficoltà di trovare mano d'opera italiana.

Qui avremo molte difficoltà, però il problema va posto prima di tutto nella loro coscienza. Vogliono aiutare a salvare l'Italia anche per i propri figli, oppure no? Troviamo insieme a loro, ascoltando le loro proposte, qualche soluzione, che comporterà sicuramente dei sacrifici, ma che darà anche molte soddisfazioni.

Ne indico, intanto, una: conservare, nel lombardo-veneto, che è stato sempre molto credente, il cristianesimo. Nessuno si faccia illusioni: i musulmani sono fortissimi. Sia perché non si "convertono" ma anzi tendono a convertire i cattolici; sia perché fanno molti figli e quindi nel giro di due generazioni saranno maggioranza. Maggioranza razziale, maggioranza religiosa, maggioranza di potere. Infine: prendere in mano il cristianesimo sottraendolo al tradimento operato in tutti questi anni da Wojtyla che ha puntato esclusivamente al "culto della personalità", la sua, riducendo al silenzio la gerarchia, i sacerdoti e i fedeli, i quali non hanno fatto altro che applaudire a lui.

Per ora mi fermo qui. Nei prossimi giorni indicherò, spero sulla base anche dei vostri suggerimenti, qualche altra linea teorico-operativa.

Ida Magli

Roma, 15 agosto 2002