«E' recessione, va meglio in
Europa
e nel vostro Paese» |
Milton Friedman: meno tasse e spesa pubblica
più bassa, giusti gli obiettivi del Cavaliere.
L' euro? Errore irreversibile
«Temo che la moneta unica darà luogo a contrasti,
le tensioni diventeranno notevoli»
«Le reti di sicurezza sociale non si trasformino
in burocrazie inefficienti»
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Renzo Cianfanelli |
L' INTERVISTA / Il premio Nobel «padre» dei monetaristi parla dopo
un anno di silenzio: «In ogni caso credo che l' economia degli Usa
ricomincerà a crescere l' anno prossimo»
DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK - «L' Italia? Ha evidente bisogno di una
radica le semplificazione del sistema fiscale con aliquote di
tassazione più basse e deve ridurre la spesa pubblica. Per quanto ne
so, i pronunciamenti di Berlusconi vanno tutti nella direzione giusta».
Milton Friedman, patriarca e guru dei Chicago Boys, i monetaristi che
rivoluzionarono con successo la Gran Bretagna nell' era di Margaret
Thatcher privatizzando, rilanciando gli investimenti e azzerando la
disoccupazione, non sta più a Chicago dove è sempre Professor
Emeritus, ma nella soleggiata Stanford, in California. Da un anno il
Nobel, autore di libri fondamentali come «Capitalismo e libertà»,
non si pronunciava e questa per il "Corriere della Sera" è
la sua prima intervista. Nella quale parla dello stato dell' economia
mondiale e dell' Itali a. Professor Friedman, questa settimana l'
Economist in copertina avverte «preparate il paracadute». Avremo la
recessione? «Perché il futuro? Secondo me negli Stati Uniti la
recessione c' è già. L' evidente rallentamento della produzione e
dell' occupazione sta a dimostrarlo. Se poi vogliamo parlare di
recessione o meno, questo è un problema semantico. Con il forte
declino di crescita in atto da tempo, non mi stupirei se le cifre di
luglio, per il terzo trimestre, registrassero una crescita negativa. In
effetti quindi io credo che gli Stati Uniti siano già in recessione».
Con il Giappone già in retromarcia e la Germania a crescita zero se
gli Stati Uniti, come si dice, "prendono il raffreddore" con
la recessione, non c' è rischio che per gli europei e i giapponesi
questo malessere diventi una polmonite? «Credo di no. In passato,
anche quando l' America è in recessione, l' Europa e il Giappone hanno
dimostrato più volte di possedere un buon potenziale di crescita
autonoma. Penso che possa accadere anche ora. Quanto a Eurolandia, il
quadro è alquanto migliore di quello appena delineato, in particolare
nel caso della Gran Bretagna». E l' Italia? «Non seguo nei dettagli
la situazione ma, per quanto ne so, i pronunciamenti di Berlusconi
vanno tutti nella direzione giusta. L' Italia ha bisogno di una
radicale semplificazione del sistema fiscale. Come gli Stati Uniti del
resto». Sì, ma come si fa a conciliare l' abbassamento di spesa
pubblica e di tassazione che lei suggerisce con gli ammortizzatori
sociali indispensabili soprattutto quando arriva una recessione? «Il
ragionamento va modificato. Gli ammortizzatori sociali esistono in
Italia come negli Stati Uniti. Ma queste strutture, per quanto
essenziali, devono funzionare come vere "reti di sicurezza" e
non trasformarsi in burocrazie inefficienti e costose che consumano una
considerevole quota del reddito nazionale» Secondo lei, da quali
riforme dovrebbe partire l' Italia per dare al sistema maggiore
flessibilità? «La principale riforma, e mi pare che il governo
Berlusconi si muova in questa direzione, deve ridurre i controlli, far
funzionare meglio il mercato, ridurre le tasse e semplificare il
sistema fiscale, destinando la spesa pubblica alla creazione di
infrastrutture e ad altri impieghi diversi dalla spesa sociale. Io ho
sempre sostenuto che la rete di sicurezza sociale dev'essere semplice,
assumendo la forma di un' imposta sul reddito negativa. Al di sotto di
un certo livello, il cittadino non solo non viene tassato, ma riceve
un' integrazione di reddito». In sostanza lei consiglia all' Italia
una terapia simile a quella che suggerì a Margaret Thatcher? «Ma, il
merito di quello che è avvenuto in Gran Bretagna da allora non è mio
ma di chi, come Margaret Thatcher e l' Institute of Economic Affairs,
si è battuto per le stesse riforme che anch' io suggerivo. Il
problema, per voi, è che l' Italia oggi non può fare quello che la
Thatcher fece non appena arrivata al potere eliminando i controlli sui
cambi e facendo fluttuare la sterlina. Adesso sfortunatamente l' Italia
non può fare la stessa cosa a causa dell' euro». A proposito di euro.
Secondo lei l' idea di accelerare la costruzione della casa europea
partendo dal tetto, e cioè con una moneta comune, è una concezione
realistica? «Secondo me è un grande errore». Si spieghi meglio. Con
la moneta unica in Europa prevede un periodo di turbolenza? «Temo che
ce ne sarà. Perché l' euro, invece di promuovere un sistema politico
unificato, darà luogo a contrasti. Al momento i due casi più estremi
sono l' Irlanda e l' Italia. All' Irlanda in questo momento
occorrerebbe una politica monetaria più rigida, mentre l' Italia
probabilmente ha bisogno di una politica più flessibile. Sullo sfondo
c ' è poi il problema tedesco. Se la Germania, che è in difficoltà,
decide di adottare una politica del denaro facile per rilanciare l'
economia, le tensioni diventeranno notevoli». Sta dicendo che pensa a
un' Europa dove alcuni membri potrebbero non accettare i vincoli della
moneta unica? «Non si può. L' euro è stato costruito gettando via la
chiave. Come farebbe l' Italia, un domani, a uscire dall' euro? Ecco
perché prevedo un periodo agitato. Forse non toccherà all' Italia ma
alla Germania, alla Francia o alla Spagna. Ma non esiste nella storia
nessun caso di moneta unica costruita attraverso una collezione di
monete nazionali». Torniamo all' America. Se l' economia Usa è già
in recessione, lei quali conseguenze prevede? «Le prospettive di lungo
periodo non sono cambiate. Non credo che la recessione sarà pesante
anche se forse durerà più delle precedenti. In ogni caso ritengo che
l' economia degli Stati Uniti ricomincerà a crescere nel 2002. Ma c'
è dell' altro. Con la politica molto insolita di riduzioni successive
dei tassi della Fed - corretta per tentare di rimettere in moto "a
spinta" l' economia, ma alla lunga troppo inflattiva, perché la
massa monetaria negli ultimi 9-10 mesi è cresciuta dal 9 al 10% - il
problema chiave, quando la recessione nel 2002 sarà terminata,
diventerà il controllo dell' inflazione».
Renzo Cianfanelli
rcianfanelli@corriere.it
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lunedi , 27 agosto 2001 |
ECONOMIA |
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