Stampa
|
Mercoledì 2 Gennaio 2002 |
EURO AL VIA
/ Il ministro Antonio Martino
|
"MA SI
RISCHIA
UN FALLIMENTO" |
di Andrea Cangini
Quotidiano Nazionale (Il Giorno, La Nazione, Il Resto del Carlino)
02/01/2002 |
"Spero di sbagliarmi, però… Però nel giorno in cui la
grancassa europeista tocca toni da pensiero unico, Antonio Martino non
rinuncia alle proprie idee, esce dal coro e lancia l'allarme: "Ci
sono grossi rischi che, per come ci si è arrivati, l'esperienza dell'euro
si concluda con un fallimento". Spera di sbagliarsi, l'economista
cresciuto alla scuola europroblematica di Chicago, ma il fatto di essere
ministro (della Difesa) del governo euroentusiasta di Silvio Berlusconi
non lo induce a maggiore diplomazia. Anche perché, dice, "è
francamente intollerabile che ogni volta che qualcuno solleva un minimo
dubbio sul percorso intrapreso dall'Europa venga scomunicato con
l'etichetta spregiativa di 'euroscettico'".
In effetti, ministro, tra i governi dei Dodici sono pochi
quelli che "sollevano dubbi".
"E fanno male. L'assurdo è che questi paesi hanno deciso di
rinunciare alla propria moneta senza alcun dibattito, proni a un
dogmatismo per il quale l'idea di Europa è una sola: o l'accetti o sei un
nemico". Vale per tutti? "In modo particolare in Italia si è
preferito rinunciare a pensare: la gente cade nel vecchio vizio di credere
che altri, stavolta l'Europa, risolveranno tutti i nostri problemi, i
politici sanno che l'idea di Europa è popolare e dunque non si azzardano
a metterla in discussione".
Il suo maestro, l'economista Milton Friedman, è convinto che
l'euro aggraverà le tensioni politiche...
"Il rischio c'è. D'ora in avanti la politica monetaria sarà
solo una e non è affatto detto che andrà bene a tutti. Ad esempio: se la
Germania avrà bisogno di una politica antinflazionistica e la Francia
antirecessiva cosa farà la Banca centrale europea?".
Secondo lei?
"Beh, dal momento che nessuno ha pensato di introdurre regole e
parametri che fissino le linee della politica monetaria comune, quando gli
interessi nazionali divergeranno c'è da credere che la Bce sarà
sensibile alle istanze dei paesi più grandi".
Se, poniamo, il nostro interesse dovesse confliggere con
quello tedesco… "
…è ragionevole ipotizzare che non saremo noi ad essere
accontentati, certo".
C'è dunque da augurarsi un'accelerazione verso l'unità
politica?
"Non credo. Nel ventesimo secolo le grandi inflazioni le hanno
fatte i governi per finanziare le proprie spese: la mancanza di un governo
unico non è necessariamente un male. Ci sono casi di unificazione
monetaria che non prevedono quella politica". Ad esempio? "Il
Belgio e il Lussemburgo: stessa moneta, ma governi diversissimi. Senza
contare che, oltre alle potenziali divergenze in tema di politica
monetaria, un freno all'unità politica sarà l'assurdo sovraccarico di
competenze dell'agenda europea: quanto può aumentare le prerogative
dell'Unione, tanto più si allontana l'unità. Ma il pericolo più attuale
è un altro…".
Quale?
"Il modo in cui gli europei reagiranno all'euro".
Pessimista?
"Mi limito ad osservare che nei tre anni in cui c'è stato
l'euro virtuale ottocentomila miliardi sono usciti da questa zona per
essere investiti altrove". Un segno di scarsa fiducia? "Non c'è
dubbio. E poi ci sono i sondaggi d'opinione: in Germania la popolarità
dell'euro è al 34 per cento e in tutt'Europa è al 46 per cento".
Non può essere solo un naturale conservatorismo destinato a
mutare?
"Sì, certo, non voglio drammatizzare. Dico solo che i dati che
abbiamo inducono al pessimismo. Non dimentichi che quando, il primo
gennaio '99, fu introdotto l'euro virtuale tutti prevedevano che si
sarebbe rafforzato nei confronti di tutte le monete e del dollaro in
particolare…".
Previsione avventata
"Eh, sì: l'euro si è fortemente deprezzato non solo rispetto
al dollaro, ma persino rispetto allo sloti polacco e alla pataca
di Macao".
Professore, lei sembra certo del prossimo rigetto dell'euro.
"No, affatto, ma il rischio c'è e mi sembra incredibile che
nessuno l'abbia preso in considerazione…".
Nel senso?
"Nel senso che sarebbe stato logico creare già tre anni fa la
nuova moneta per farla circolare a lungo accanto alle valute nazionali: in
tal modo io credo sarebbe stata accettata spontaneamente, così, invece,
viene imposta e gli obblighi possono sempre produrre reazioni non
desiderate".
Eppure, il premio Nobel Robert Mundel vede nell'euro la
panacea di tutti i mali…
"Mundel lo conosco bene, è economista di valore, ma
contraddice se stesso".
Cioè?
"Beh, ha sempre detto che la moneta unica serve in zone
economicamente omogenee caratterizzate da forte mobili-tà dei fattori:
l'Europa, però, ha caratteristiche diverse. Quando ci fu la seconda crisi
del petrolio, la California visse una grande depressione e centinaia di
migliaia di californiani andarono a lavorare in Texas… Lei crede che una
cosa del genere possa accadere in Europa?".