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domenica, 2 dicembre 2001 |
IL VELO DAVANTI AGLI OCCHI |
Gli avvenimenti di questo periodo, con al centro dell’attenzione i
Talebani e l’Afganistan, hanno comportato, fra tante conseguenze
negative, quella forse più pericolosa e che può essere considerata, se
non ne prendiamo la debita coscienza, una delle maggiori mete raggiunte da
Bin Laden: l’Islam è buono, il Corano è bello, il mondo musulmano è
un giusto alleato dell’Occidente, e gli unici cattivi sono i Talebani i
quali presto verranno fatti fuori con l’instaurazione di un governo
"democratico" in Afganistan. Questa conclusione è proprio
quella che Bin Laden voleva, insieme al riconoscimento di uno Stato
Palestinese (cosa che Bush ha subito affermato). Bisogna stare attenti a
non cadere in tali semplicistiche visioni della realtà, conservando
invece una ben chiara consapevolezza di quale abisso separi la società
musulmana da quella cristiano occidentale. Nei
paesi musulmani le adultere vengono, oggi come ieri, lapidate per strada
senza processo, esattamente come quella salvata da Gesù; ai ladri vengono
tagliate le mani, gli omosessuali frustati in pubblico ed uccisi.
Chiedere, per segnalare la supremazia democratica dell’Occidente, che
una donna partecipi al futuro governo afgano è gesto sprovveduto, se non
ridicolo.
Sarà utile, forse, richiamare alla memoria alcuni fatti fondamentali
della nostra storia, quella che oggi permette alle donne di partecipare
alla pari con gli uomini alla vita pubblica. Una storia tuttavia che,
malgrado la rottura radicale compiuta da Gesù con le leggi dell’Antico
testamento, ha avuto bisogno di duemila
anni per giungere a questa meta proprio perché la società cristiana è
stata pesantemente condizionata dall’influenza del musulmanesimo. Non
sono stati gli Ebrei, infatti, che, come è noto, non fanno mai del
proselitismo, a far rientrare le leggi più dure dell’Antico Testamento
in quel costume cristiano che le aveva cancellate; ma la conquista
musulmana di tanta parte del sud occidentale dell’Europa, e soprattutto
della Spagna e della Sicilia. La presenza musulmana ha costretto la Chiesa
ad una duplice strategia. Indurre i governanti a combattere per cacciarli
fisicamente dal territorio, ma al tempo stesso accettare alcuni dei loro
costumi e delle loro pratiche religiose laddove sembrava più facile
integrarle piuttosto che impedirle.
In altri termini, molti degli aspetti più duri (che erano di fatto
anche i più antichi) che Gesù aveva eliminato quali la condanna a morte,
le pene fisiche dell’occhio per occhio e dente per dente, e soprattutto
il dominio e la tabuizzazione delle donne, erano presenti nell’insegnamento
di Maometto, fedelissimo di Mosè, e da lì sono penetrati nel
cristianesimo. Gli storici hanno sempre evitato di mettere in luce questo
aspetto,
forse perchè non volevano far notare quanto era stato
forte il nemico, ma è facile comprendere il peso dei musulmani sulla
storia della Chiesa semplicemente guardando le date. La repressione sempre
più feroce dell’omosessualità, per esempio, compare soltanto dopo il
Mille con l’esecuzione concreta delle condanne, mentre in precedenza c’erano
state soltanto delle enunciazioni teologiche di principio. La persecuzione
e la messa a morte degli omosessuali diventa uno dei principali compiti
dell’Inquisizione, sviluppatasi, come è noto, con l’Ordine
Domenicano, creato da uno spagnolo, Domenico di Gusmàn. E’ questo uno
dei fenomeni di cui è necessario tenere il massimo conto: la profonda
sedimentazione provocata dal dominio politico-religioso di un popolo su di
un altro. Di fatto gli Spagnoli, a lungo succubi degli arabi musulmani,
sono diventati portatori dei loro costumi anche quando i musulmani non c’erano
più. Viene da lì, del resto, anche la arretratezza del sud dell’Italia
di cui è stato tanto difficile liberarsi. La recita del rosario, tipo di
preghiera strettamente orientale, e stata propagata dai Domenicani e in
seguito dai Gesuiti (anche Ignazio veniva dalla Spagna)che l’hanno
inculcata soprattutto alle classi incolte e alle donne.
Ma il campo nel quale l’influsso musulmano si è fatto maggiormente
sentire è stato quello della repressione della libertà femminile. La
clausura in casa, nei conventi, il non parlare mai con i maschi, il
coprirsi la testa e la faccia con il velo, con la mantiglia, sono tutte
istituzioni che compaiono nell’Europa d’occidente soltanto dopo il
1100 e che erano sconosciute alle prime donne cristiane, le quali avevano
goduto durante il diffondersi del cristianesimo di una libertà e parità
con gli uomini che nessun’altra società antica aveva conosciuto. Il
battesimo e il martirio, ossia il rito d’iniziazione e la
"testimonianza" fino alla morte alla stessa stregua dei maschi,
ne sono una splendida prova.
Ed eccoci, infine, al famoso "velo", di cui tanto si discute
a proposito delle donne afgane. Anche questo costume appartiene all’antico
ebraismo come è facile constatare attraverso numerosi passi del Genesi,
di Isaia, del Deuteronomio e infine del Cantico dei Cantici. Qui l’amante
esalta così la bellezza dell’amata: "Come sei bella, amica mia,
come sei bella! Gli occhi tuoi sono colombe dietro il tuo velo… come
spicchio di melagrana risplende la tua gota attraverso il velo".
Gesù aveva liberato le donne anche dal velo tanto che l’antico ebreo
presente in S.Paolo se ne scandalizzava. Ma il costume ebraico è
rientrato nella società cristiana attraverso la dominazione musulmana in
Spagna convincendo gli uomini di Chiesa tanto più facilmente quanto più
erano felici di restringere la libertà femminile. Il "burka"
rappresenta soltanto una forma di "grata." che le donne, monache
e non, hanno ben conosciuto, così come veli e mantelli di tutti i tipi,
scialli, cappucci, cappelli con velette. Oggi sono diventati soltanto
maliziosi ornamenti, ma rappresentano pur sempre la testimonianza di ciò
che è stato. La suggestività del velo bianco della sposa che un marito
impacciato solleva dopo il rito nuziale, viene da molto lontano...
Ida Magli
Roma, 2 dicembre 2001
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