editoriale
La distruzione delle Nazioni
- seconda parte -
di Ida Magli
ItalianiLiberi | 09/12/2008
Il momento attuale Nei giorni scorsi la Svezia ha ratificato per via parlamentare la
Costituzione europea, il cui nome è stato cambiato, con i soliti metodi
truffaldini di cui è costellata la costruzione dell’UE, in “Trattato di
Lisbona” per farla accettare a quei popoli che, come “Costituzione”,
l’avevano bocciata. Anche se non ci sono state le maggioranze assolute
che accompagnano di solito le questioni europee, tuttavia i politici
svedesi hanno approvato con notevole entusiasmo la rinuncia alla
sovranità e all’indipendenza del proprio Stato: 243 “sì”, 39 “no”, 13
astensioni e 54 parlamentari assenti. Due piccolissimi partiti di
opposizione, quello della Sinistra (i Comunisti) e quello dei Verdi,
avevano tentato di far rinviare di un anno la ratifica; ma le quattro
formazioni della coalizione governativa di centro-destra insieme al
principale partito di opposizione, quello socialdemocratico, si sono
uniti nel sostenere con tutte le loro forze i benefici di una immediata
approvazione e l’hanno avuta vinta. Dobbiamo dunque prendere atto, per
l’ennesima volta, che la costruzione dell’impero europeo sta a cuore in
modo talmente esorbitante ai politici di ognuno degli Stati chiamati a
farne parte, da non ammettere neanche una minima pausa di riflessione,
tanto meno una pausa che insinui una qualsiasi perplessità nei
cittadini, neanche laddove vige un perfetto regime socialista come in
Svezia. Il fatto è che i parlamentari svedesi non dimenticano che sono
stati i cittadini, votando “No” tutte le volte che si è fatto un
referendum, a impedire l’adesione della Svezia alla moneta unica, e
dunque sapevano bene che, se avessero potuto, gli Svedesi si sarebbero
opposti anche alla Costituzione.
Dobbiamo tenere sempre
bene a mente questa constatazione perché uno dei punti più importanti
dell’esame che faremo sarà proprio questo: l’Impero europeo è stato
ideato in modo misterioso, segreto, da qualcuno fra i massimi detentori
del potere il cui nome ci è sempre stato tenuto nascosto, ed è stato
realizzato a poco dai governanti dei singoli Stati tenendo il più
possibile all’oscuro i cittadini degli scopi da raggiungere. Una
oscurità che si è protratta per anni, con il consenso dei mezzi di
informazione, in quanto tutti, politici e giornalisti, erano
consapevoli che si trattava di una operazione contraria ai sentimenti e
agli interessi dei popoli. Quale popolo, infatti, sarebbe così stolto
da voler rinunciare a possedere un proprio territorio, una patria?
Quale popolo potrebbe desiderare di non essere libero, di non conoscere
neanche la lingua di coloro che lo governano, insomma di dipendere da
stranieri sui quali non può incidere in nessun modo? Il Parlamento
europeo è pura finzione, come i politici sanno bene, in quanto non ha
alcun potere reale sulla volontà della Banca Centrale, dei Capi di
governo e dei Commissari, i quali sono tenuti, in base al trattato di
Maastricht, a “non sollecitare e a non accettare istruzioni da alcun
Governo né da alcun organismo”(Art.157). Nessuno, perciò, ha il diritto
di affermare che in Europa vige la democrazia. La costruzione
dell’Unione Europea è semmai la prova irrefutabile di come si possa,
con innumerevoli sotterfugi, astuzie e stratagemmi formali, ingannare
l’opinione pubblica ed esautorare qualsiasi presidio democratico. Del
resto se ne è avuta l’ennesima conferma proprio in questi giorni:
dall’ultima ricerca svolta sul gradimento dell’Unione fra le
popolazioni d’Europa è risultato che soltanto il 35% degli Italiani è
favorevole. Importa forse qualcosa ai governanti che la maggioranza dei
cittadini non voglia l’unificazione? Vanno avanti allegramente a
programmarsi le votazioni per il Parlamento europeo, assegnando i
posti, riccamente retribuiti, ai candidati che vogliono togliersi di
torno perché difficilmente collocabili in Italia a causa della loro
ignobile condotta politica (come è noto si è fatto il nome di
Bassolino e della Jervolino) tanto è sicuro che così non potranno più
disporre di nessun potere: il parlamento europeo e il nulla si
equivalgono. Scriveva nel 1997 Enrico Letta in un volume di incitamento
all’accettazione dell’euro intitolato “Euro sì”, che “sarebbe
necessario che cambiasse l’idea che l’approdo a Bruxelles debba seguire
la sconfitta in qualche scontro interno di partito o sia l’anticamera
del pensionamento rispetto a lunghe carriere politiche nazionali”. Sono
passati undici anni, l’Europa imperversa, ma i criteri di scelta dei
parlamentari sono rimasti gli stessi, per il semplice motivo che oggi
come allora il parlamento europeo è esclusivamente un comodo sedile a
disposizione dei partiti. La cosa più grave, però, è che i
governanti non si sono fermati a riflettere sul fallimento del Progetto
neanche di fronte all’attuale crisi economica, al crollo delle Banche e
delle Borse, fenomeni che segnano il punto culminante del disastro del
Progetto stesso, il segnale che tutto l’edificio sta per crollare. Non
si può sbagliare, infatti, davanti all’evidenza: non sono le
corruzioni, i furti, le truffe, gli errori dei singoli operatori e dei
singoli amministratori delegati delle grandi industrie ad aver
provocato la catastrofe, ma l’Idea che ne è stata all’origine e che per
la sua stessa natura permette o addirittura provoca questi
comportamenti. Quale era questa Idea? Creare un mondo tutto uguale,
in funzione del dogma della globalizzazione, senza frontiere, senza
dazi, senza confini, senza Stati, senza distinzioni di popoli, di
culture, di razze, di territori, di lingue, di costumi, di leggi, di
religioni, di governi, di monete: un immenso, unico mare di “uguali”
sul quale il Dio Mercato potesse navigare in assoluta libertà. L’Unione
Europea (non si è voluto, infatti, che si chiamasse “Stati Uniti
d’Europa” in quanto gli Stati non debbono sussistere) doveva esserne il
perfetto prototipo, la realizzazione esemplare, quella che il resto del
mondo avrebbe dovuto ammirare ed imitare per raggiungere la felicità.
Non dimentichiamoci che è questo che promette ai popoli la costituzione
europea: la felicità, commisurata al PIL, al prodotto nazionale lordo. Un'idea del tutto folle, naturalmente, come la situazione attuale ha
dimostrato e sta ancora dimostrando. Nessuno aveva mai pensato in
precedenza che si potessero mettere in funzione dei “sistemi” privi di
qualsiasi interruttore, di una qualsiasi valvola o chiusura di
sicurezza; nessuno aveva mai ritenuto che gli uomini fossero “oggetto
dei bisogni del mercato” invece che soggetto agente dei propri bisogni.
E’ in base a questi principi che il crollo delle Borse ha contagiato
tutto il mondo: era stato eliminato, in nome della libertà del mercato
e della sua capacità di autoregolarsi, ogni forma di controllo. Ed è in
base a questi stessi principi che i governanti oggi, invece di
chiedersi in che cosa il sistema fosse sbagliato e cominciare a
cambiarlo, insistono nell’esortare i cittadini a spendere in funzione
del mercato, annientando così perfino quel buon senso che di solito
guida l’uomo intuitivamente verso la salvezza prima di cadere
nell’abisso. La formula: “dato che non avete soldi e prevedete che
domani ne avrete ancora di meno, spendete più che potete” apparirebbe,
come di fatto è, quella di suicidi sul punto di spararsi se non fossero
i governanti a proclamarla. Ma l’aspetto più terribile di questa
situazione è che siamo costretti a presupporre che una parte almeno dei
governanti sia in buona fede, e che non si accorga che i
“fondamentalismi” dell’Occidente sono altrettanto distruttivi quanto
quelli del terrorismo orientale. E’ infatti fondamentalismo allo stato
puro la certezza dei governanti d’Europa che le leggi sulle quali si
fonda il Mercato siano inamovibili, identiche a quelle della Fisica, e
che gli uomini, identificati esclusivamente come “consumatori”, debbano
necessariamente piegarvisi. La verità è, invece, che la legge:
consumare sempre più merci per produrre sempre più merci, annienta
l’Uomo. Il pensiero, l’anima, il sentimento, il valore, tutto ciò che
fa dell’uomo l’Uomo.
(2 - continua)
Ida Magli
Roma, 09 Dicembre 2008
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