il Giornale - LA PAROLA AI LETTORI

Data
19-06-2003
vedi anche "Gli euronodi vengono al pettine" dal "Giornale" del 24 Giugno 2003
 
 
 

Gli eurotalebani e l’utopia di Maastricht

 

Scusi la confidenza ma leggo così spesso le sue risposte sul Giornale che la reputo quasi un amico.
Le risposte che lei ai lettori mi piacciono moltissimo e mi trovano d’accordo con lei quasi sempre, specialmente quelle che riguardano l'Europa. Certe volte io penso qualcosa che poi trovo confermata da lei.
Le sue risposte riguardanti l’Ue sono sempre negative (almeno quelle che ho letto io); allora vorrei chiederle, visto che è più esperto di me in materia: c’è qualcosa di positivo nel fatto che siamo in Europa? Se sì, mi può indicare cosa? E se no, che caspita ci stiamo a fare nell’Ue? Perché non ce ne stiamo per conto nostro?
Mi piacerebbe molto che potesse rispondermi, ma se non può, pazienza, mi accontento che mi legga.

Laura Beccarello (Udine)



Cominciamo col dire, gentile lettrice, che in Europa ci siamo sempre stati, che dell'Europa facciamo parte e che all'Europa abbiamo dato un gigantesco contributo fino a quel Rinascimento che non fu solo artistico e scrollò di dosso al continente il buio dei secoli bui. Ora son tutti a menarla con l’Illuminismo, e mi cavo tanto di cappello. Ma l’Illuminismo è figlio del pensiero dei tempi e
quei tempi, per lunga pezza, sono stati scanditi da noi. Con questo non voglio sostenere che l’Italia abbia “fatto” l'Europa la cui grandezza era figlia della diversità che oggi, a botte di Trattato di Maastricht, gli eurotalebani vogliono sopprimere. Non solo un’unica patria, una sola bandiera, ma anche una sola cultura (il Trattato di Maastricht, mi va di traverso la digestione al solo ricordarlo impone una istruzione scolastica uguale per tutti. L’insegnamento della storia non dovrà più avere come fulcro le vicende nazionali che fin qui ci hanno aiutato a capire chi siamo, ma quelle genericamente europee in una visione che vieta, per esempio, di parlare delle invasioni barbariche per un più politicamente corretto movimento dei popoli migratori”. Puah). Insomma,
quel che gli eurotalebani rincorrono è l’oblio del passato sul quale è costruito il presente. Vogliono trecento e passa milioni di cittadini smemorati, convinti di non aver né babbo né mamma così che possano gettarsi come ebeti fra le braccia della nuova madre, Eurolandia, Che le nazioni europee si accordino per disporre di un unico, ben strutturato e omogeneo mercato economico-finanziario è cosa, in epoca di globalizzazione, sacrosanta. Anche se l’euro continua a sembrarmi una mezza fregatura perché mi pare che tutto costi più caro di quando circolava la lira, posso capire i vantaggi della moneta unica. Potrei anche apprezzare una sorta di Fbi europea incaricata di combattere il crimine transnazionale e va da sé che sono entusiasta della libera circolazione di uomini e cose nell’ambito dell’Unione. Ma da qui a una supernazione con un super governo che governi a nome di tutti, ce ne passa. E se il supergovematore fosse, mettiamo, un lituano? Con l’allargamento le lingue ufficiali di Eurolandia sono diventate 19, devo mettermi a studiarle tutte? Lo so che ci sono le traduzioni e che attualmente un esercito di eurointerpreti, 3mila e 500 per l’esattezza, si arrabatta per traslare nei vari idiomi i documenti comunitari coprendo 110 combinazioni incrociate che fra due anni diventeranno 420. Ma che patria comune può essere quella che ha un Parlamento che spende il 40 per cento delle proprie risorse per pagare i traduttori? Mi pare che laddove si fanno le leggi (leggi che condizioneranno la mia e la sua vita così come la vita del portoghese e del cipriota, del francese e del maltese, del lettone e dello spagnolo) sia fondamentale capire fin nelle sfumature di cosa si parla e non affidarsi a un intermediario che per quanto bravo e ammesso che, sfidando il calcolo delle probabilità, lo siano tutti i 3mila e 500, mai potrà tradurre dall’estone in italiano - in simultanea! - tutte le sottigliezze linguistiche. Lei, gentile lettrice, sosterrebbe un esame universitario con un professore slovacco e l’ausilio di un interprete che traduca domande e risposte? Sentendosi certa che i suoi concetti siano riferiti con assoluta precisione? Io no. Ed è per questo che non foss'altro per la babele linguistica considero l'Europa degli eurotalebani una pericolosa, infida utopia.

Paolo Granzotto