XENOFOBIA
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Quell'insulto
usato
per negare la democrazia |
di Ida Magli
Il Giornale |
Venerdì 10 Maggio 2002 |
Si vede nei titoli di molti giornali, così come si sente nei discorsi
di molti politici, qualificare come «xenofobo» il leader olandese
assassinato, Pim Fortuyn. Sembra davvero incredibile che in un Paese come
l’Italia, dove ci si guarda dall’accusare anche i più noti
pluriomicidi della mafia senza premettere il termine «presunto», ci si
abbandoni invece con tale sicurezza al linguaggio più offensivo: quello
psichiatrico, nei confronti di chi esprime opinioni contrarie a quelle dei
detentori del potere. La «fobia» è termine tecnico in psichiatria per
definire un comportamento compulsivo, non dominabile con la volontà, di
orrore e di fuga davanti a determinati fenomeni, oggetti, animali, che
assumono particolare valenza per l’individuo malato, al di fuori della
realtà. Dunque nulla a che fare con coloro che difendono la propria
patria dalla conquista e dal dominio degli stranieri, e che lo fanno con
il pieno uso della «ragione», con gli strumenti che la democrazia mette
a disposizione di tutti i cittadini, ossia con la formazione di movimenti
e di partiti che si presentano regolarmente alle elezioni e ottengono
voti. Pim Fortuyn è stato ucciso per aver adoperato la libertà della
democrazia, parlando onestamente, semplicemente, coraggiosamente ai suoi
concittadini per salvaguardare la storia, la civiltà, la religione, la
lingua della sua patria dal rischio, che soltanto i ciechi non vedono, di
essere soffocata e infranta dall’occupazione islamica. Sarà bene
ricordarsi, e farebbero bene a ricordarsene soprattutto le sinistre, che
soltanto l’impero sovietico ha usato la psichiatria per condannare
coloro che si opponevano al potere. Ma non era un uso improprio: il
comunismo è una certezza assoluta, non come una religione, cui spesso si
ricorre per analogia, ma come «scienza» e dunque negarlo è come negare
le leggi della gravità. Soltanto un pazzo può credere di non dover
frenare l’automobile davanti a un muro. Il marxismo è appunto una
disciplina scientifica, secondo i suoi fautori, e i manicomi sono serviti
nell’Unione Sovietica a «curare» le menti dei dissennati che ne
negavano la scientificità. Oggi, dunque, ci troviamo a combattere contro
una nuova assolutezza «scientifica»: quella della multietnicità come
bene supremo di una Europa senza confini, senza nazioni, senza popoli,
senza storie, senza lingue, senza religioni; tanto piatta, liscia,
uniforme quanto la sua unica moneta, alla quale è stato dedicato un
premio intitolato a Carlo Magno, il costruttore del Sacro Romano Impero.
Certo, ce lo siamo meritato: cosa volete che sia aver creato letteratura,
poesia, teatro, musica, strade, acquedotti, architetture, diritto, lingue
che tutto il mondo ha sempre ammirato e ammira? Noi oggi abbiamo,
finalmente, un unico dio: una moneta, e siamo davvero i primi a
intitolargli un premio, nella sua concretezza, consegnandolo al banchiere
che la fabbrica: Duisenberg.
Qualcosa, però, nella coscienza di uomini abituati a pensare, ad
amare, a riflettere sulla libertà, fermenta da molto tempo contro un
progetto così oppressivo e ha preso le vesti consuete della democrazia:
si è concretizzato in partiti politici. L’uccisione di Pim Fortuyn ha
dato il segnale che si vuole soffocare la democrazia, con l’uso del
linguaggio. Esistono leggi che tutelano anche dalle ingiurie linguistiche.
E' a queste leggi che tutti coloro cui sta a cuore la democrazia si
appellano. Sarà un dovere querelare chiunque adoperi il termine
«xenofobo» per ridurre nella zona tabuistica della malattia mentale
quelli che si oppongono alla conquista islamica dell’Europa, che
combattono contro la forma moderna della conquista incarnata nell’immigrazione
violenta (oltrepassare i confini di uno Stato senza passaporto è
altrettanto violento quanto forzare la porta di qualunque cittadino), che
difendono la propria patria, la propria civiltà, la propria religione.
Infine, una domanda cui siamo in tanti a non saper trovare una
risposta: perché i leader dell’Europa, leader politici e leader
religiosi, ne vogliono il suicidio? Non sono stati sempre considerati
«fuori di sé» proprio gli aspiranti al suicidio?
Ida Magli
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"xenofobia:
nulla a che fare con coloro che difendono la propria patria dalla
conquista e dal dominio degli stranieri, e che lo fanno con il pieno
uso della «ragione», con gli strumenti che la democrazia mette a
disposizione di tutti i cittadini, ossia con la formazione di movimenti
e di partiti che si presentano regolarmente alle elezioni e ottengono
voti."
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"una
domanda cui siamo in tanti a non saper trovare una risposta: perché i
leader dell’Europa, leader politici e leader religiosi, ne vogliono
il suicidio? Non sono stati sempre considerati «fuori di sé» proprio
gli aspiranti al suicidio?"
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