di Ida Magli
Il Giornale |
Domenica 8 Settembre 2002
"Le catene dell'uguaglianza imprigionano l'Occidente" |
Si può tentare di fare il
punto sulla situazione, non soltanto dell'Italia, ma dell'Europa e di
tutto l'Occidente, senza essere accusati di catastrofismo? Si tratta,
infatti, di guardare alla realtà come unico modo per costruire, o almeno
per invitare coloro che sono in grado di "pensare", a costruire
un sistema di significati e di strutture sui quali fondare la vita
dell'individuo e la convivenza dei gruppi. Un compito immane, dunque, e
che tuttavia è indispensabile dato che ciò che tutti vedono pur
rifiutandosi di vederle, è che il mondo uscito dalla rivoluzione
francese, cui si è sommato quello socialcomunista, non ha più nessuna
strada davanti a sé.
Diceva ieri Cacciari, a proposito della crisi della sinistra in Italia
e dei suoi "girotondi", che bisogna fare delle proposte, mettere
a punto un programma, invece che limitarsi a controbattere quelle del
governo Berlusconi. Giustissimo. Ma quali possono essere queste proposte
se non si ha il coraggio, o meglio la capacità intellettuale e morale, di
dichiarare esaurito il modello dell'uguaglianza socialista? Esaurito
perché spinto ad una realizzazione "talebana", ossia assoluta,
concreta, laddove l'ideale, per l'Uomo, qualsiasi ideale, incluso quello
dell'uguaglianza, diventa violenza e coercizione quando viene imposto
nella concretezza del Potere. La situazione è intricatissima, ma dobbiamo
fare lo sforzo di mettere in luce almeno alcuni degli aspetti più
contraddittori e che stanno distruggendo il mondo occidentale, il senso
della vita e della storia per i nostri giovani.
Cominciamo dalla fine, quella che abbiamo sotto gli occhi in questi
giorni con la catastrofe delle Borse, per tentare di risalire alle vere
cause. Possibile che il metro per giudicare uno Stato, un Popolo, una
Nazione, debba essere il PIL? Eppure è così, da quando a guidare i
destini d'Europa si sono installati economisti e banchieri. Non
meravigliamocene: chiunque detenga il Potere, lo fa sempre assolutizzando
se stesso, oggettivando in una divinità il proprio strumento. Ma, proprio
perché valutare gli uomini in base all'incremento dell'economia è
profondamente sbagliato, la picchiata delle Borse, il flop della
nuova tecnologia trova qui la sua spiegazione. Spinta la
"comunicazione" al di là dei bisogni degli uomini, questa è
diventata, invece che strumento, oggetto "vuoto" della propria
produzione. Ma non si tratta soltanto di questo. In realtà, non soltanto
i mezzi di comunicazione sono troppi in confronto a ciò che gli uomini
hanno da comunicare, ma è cominciato già da diversi anni il desiderio di
ritrovarsi in se stessi, nel proprio gruppo, nel proprio territorio, nel
tentativo di sottrarsi all'annegamento in un oceano non dominabile, il
mondo intero senza confini. Insieme, dunque, alla crisi delle tecnologie
è cominciata anche la crisi del turismo, i bilanci in rosso delle
compagnie aeree, aggravata senza dubbio dall'attacco dell'11 Settembre, ma
in realtà rispondente già al bisogno degli uomini di conoscere in
profondità il proprio paese, il paesaggio in cui si è nati, i cibi e i
costumi del proprio passato.
Ed è qui che si intravede più chiaramente la fine del modello
dell'uguaglianza: cercare la propria storia significa cercare la propria
differenza. E' un bisogno costitutivo sia del singolo individuo, che non
sopporta di non conoscere chi sia il proprio padre, la propria madre, sia
di ogni popolo, tanto che laddove non esiste la storia scritta, esiste il
"mito di fondazione": il fatto, il dio, l'eroe che ha dato
inizio alla vita del gruppo.
Le contraddizioni sono diventate, però, sempre meno dominabili a causa
del sommarsi di due universalismi ugualitari: quello socialcomunista e
quello cattolico, i quali si danno la mano nel cercare di mantenersi in
vita con l'estensione del proprio modello a tutto il mondo e quindi
nell'attività "immediata", in un presente che non riflette sul
passato e non si preoccupa del futuro. Come mai la Chiesa Cattolica si sia
ridotta alla semplice funzione delle "Opere di bene" è un
problema gravissimo del quale non è possibile discutere in questa breve
nota. Quello che è certo, però, è che la Chiesa oggi partecipa alla
disgregazione dell'Occidente proprio in quei valori dei quali è stata
assertrice: la coscienza e la responsabilità personale, che non possono
mai essere incluse o sopraffatte da quelle collettive. E' proprio da
questo che siamo oppressi: l'uguaglianza cancella la libertà perché
cancella la differenza delle coscienze.
Si potrà mai cominciare a costruire un sistema di pensiero e di
società che superi quello dell'uguaglianza, se non viene permesso neanche
che un contratto di lavoro sia diverso da un altro? E soprattutto,
vogliamo convincerci che, se vogliamo salvarci, dobbiamo affrontare il
rischio della libertà aiutando quei governanti che tentano almeno di
allentare i nodi delle catene in cui siamo imprigionati?
Roma, 5 Settembre 2002
Ida Magli