Cultura  

Mercoledì 13 Marzo 2002

Prezzolini euroscettico

 
di Gennaro Sangiuliano

"Concludo che se io dovessi o volessi e potessi votare pro o contro l'Europa unita, io, che pure ho più di un diritto di chiamarmi "europeo", voterei contro un'Europa fatta così artificialmente e superficialmente come è stata concepita da coloro che l'hanno ideata con la testa riempita di nuvolosi teorici". Lo scriveva, alla fine degli anni '70, Giuseppe Prezzolini, domandansi alla sua maniera, sempre problematica, se "l'Europa unita sarà un paradiso o un inferno". Alla soglia dei cent'anni, dopo aver combattuto per un secolo ripetute battaglie contro i conformismi, in Italia sempre facili, il fondatore de "La Voce" decise d'imbracciare le armi della polemica contro quella che gli era parsa come l'ultima idea scontata: l'Europa unita. L'occasione non fu casuale, nel giugno del 1979 si tennero le prime elezioni del Parlamento europeo, accolte dai più come il vero inizio del processo che avrebbe dovuto condurre al superstato europeo. Prezzolini, che viveva da oltre dieci anni in Svizzera, a Lugano, fu sollecitato dalla "Gazzetta Ticinese", quotidiano al quale collaborava, a dire la sua sull'argomento. Lo fece con alcuni articoli significativi, che oggi, per la lucidità degli argomenti, suonerebbero ancora attuali. I toni non sono certo quelli giovanili che lo avevano caratterizzato nelle esperienze del "Leonardo" e de "La Voce", ma sono sempre di grande chiarezza. Più che la prospettiva dell'Europa, sulla quale appare disponibile al dialogo, Prezzolini ne contesta le modalità di realizzazione: "Essa si presenta, prima di tutto, come una riunione di Stati maggiori…". Già nel 1979 era chiaro allo scrittore il contrasto tra un'Europa fatta dalla storia secolare comune, quella delle grandi affinità culturali, e il rischio di una certa euroburocrazia insita nelle istituzioni comunitarie. Infatti, scrive: "La prima osservazione, che si deve fare, è che l'idea dell'Europa unita è vecchia da secoli, dopo il dominio dei Romani che furono i primi a darle una forma con l'azione e poi anche a concepirla come un ideale". Ma poi aggiunge: "E' molto difficile prevedere oggi se l'Europa unita sia stata un'idea costruttiva o distruttiva, e se invece di affratellare razze, mescolare lingue, avvicinare interessi, colmare vuoti, forare montagne non abbia a suscitare sconvolgimenti". In particolare, il fondatore de "La Voce" esprime i suoi timori sulla funzionalità degli organismi europei in rapporto alle specificità e alle identità territoriali: "Vi sono molti miei amici bene disposti, anzi persino entusiasti di questo Stato formato da varie nazionalità…Gli intenti che portarono a questa nuova organizzazione sono certamente eccellenti, ma accanto o contro di essi stanno parecchi difetti e difficoltà…Un coltivatore di vino pugliese conosce certamente meglio di me come si fa il "Barletta"". Nella cultura, come in politica, Prezzolini aveva speso una vita a prevenire i facili entusiasmi e le condivisioni acritiche. Lo aveva fatto contro il marxismo, il fascismo, la democrazia, il positivismo, il parlamentarismo. Rivendica a se stesso, con un pizzico di civetteria, la natura di autentico intellettuale "europeo", esponente della cultura italiana, vissuto a lungo in Francia e Svizzera, naturalizzato americano "cioè di uno Stato formato di diversa gente", e soprattutto scrittore in lingua italiana, francese e inglese. E proprio il suo europeismo culturale lo rende consapevole della maggiore ricchezza dell'Europa, fatta dalla pluralità della sua cultura. Dunque, la capacità di riconoscere il valore dell'Europa che è cosa diversa da quella che sarcasticamente chiama la "Nuova Europa". In questa chiara posizione c'è la coerenza intellettuale di chi, protagonista della battaglia antipositivista, avversa il mondialismo illuminista: "Non son stato mai fautore dello Stato Universale, di cui temerei il potere assoluto accompagnato dalla noia perpetua. Il mondo, così come è oggi, non è certamente un Paradiso; ma lo Stato Universale sarebbe certamente un Inferno; e mi unirei, piccolissimo come sono, a chiunque cercasse, con il voto o con le armi, di ritornare alla competizione ed alla varietà".

Gennaro Sangiuliano

 
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