di Ida Magli
Metro |
Dicembre 2002 |
Mi
rendo conto di quanto sia difficile spiegare ai lettori, nel breve spazio
di un articolo, perché un’antropologa, in apparenza non uscita di
senno, si batta da molti anni contro la realizzazione dell’Unione
Europea. Sarò perciò il più possibile sintetica e chiara, tanto più
che, per quanto drastiche possano apparire le mie affermazioni, esse sono
tuttavia assolutamente inadeguate alla gravità della situazione. Il fatto
stesso che nessuno in Italia tranne me, pur essendo in grado di valutare
almeno le perdite immediate che l’unificazione comporta, anche se non la
certezza della catastrofe futura, si sia azzardato a parlare, è una prova
che si tratta di una operazione voluta esclusivamente dai politici e dai
governanti degli Stati fondatori: Francia, Germania, Italia, Inghilterra,
Spagna; e via via da quelli che vi si sono aggregati in seguito. Essa è
stata tenuta nascosta nella sua realtà a tutti i popoli, e in particolar
modo agli Italiani, perché sono i popoli a perdere tutto e a non
guadagnarvi nulla.
Non
meravigli, dopo aver sempre sentito osannare i benefici dell’andare in
Europa, che vi sia invece tutto da perdere: lo spiego subito. Il progetto
si fonda sull’idea di costruire un enorme Impero, omologando la moneta,
le leggi dell’economia, i sistemi scolastici, le leggi del lavoro e
della previdenza, i sistemi sanitari, le forze di polizia interne ed
esterne, il sistema di difesa, il territorio con la caduta dei confini dei
singoli Stati, il sistema di governo e quello dei diritti attraverso la
formulazione di una Costituzione comune. Della omologazione della moneta,
gli Italiani hanno imparato in questo primo anno a conoscere il
significato e il valore della perdita. Nessuno pensi che economisti,
banchieri, esperti di finanza che l’hanno ideata, non sapessero quale
inganno stavano preparando: lo sapevano benissimo. Ma il loro scopo, come
per tutti gli altri aspetti dell’Unione, era raggiungere una prima
realtà concreta per avere sotto mano l’Impero. La perdita della moneta,
non soltanto era la più facile perché i cittadini non erano in grado di
valutarne gli effetti “prima”, ma serviva a fondare il loro primato
nel governo dell’Impero: il primato dei tecnici dell’economia. Non per
nulla, a capo del governo dell'Unione è stato messo un economista.
L’inganno
è stato perpetrato anche nel campo della perdita della sovranità dell’Italia.
La riforma dell'articolo V della Costituzione, varata nel penultimo giorno
del governo Amato, è servita, non per il federalismo regionale, sotto il
quale è stata nascosta, ma per formulare la dipendenza delle leggi sia
del Parlamento che delle Regioni dalla legislazione europea. Era questo
l'unico modo per far sì che in seguito, quando finalmente gli Italiani si
fossero accorti quale terribile trappola costituisca per loro l’Unione,
non potessero né protestare né tornare indietro dato che questa riforma
è stata sottoposta a referendum. E' il motivo per il quale Bossi, allora,
non ha alzato le sue solite grida: doveva far passare, non il federalismo
regionale, che infatti adesso sta cambiando, ma la perdita della
sovranità dello Stato in favore dell'Europa. Voi direte, cari lettori:
come mai nessuno ce t’ha detto? Perché tutti i politici, tutti i
partiti sono d’accordo. Nell’aumentare a dismisura il proprio potere
con la costruzione di un Impero a tavolino, non esiste né maggioranza né
opposizione: i sudditi sono sudditi, e basta.
Naturalmente
questo Impero in teoria vorrebbe essere fortissimo, ma non lo è e non lo
potrà mai essere per due motivi fondamentali. Il primo è evidente: si
tratta di andare contro la storia dei popoli più evoluti nella propria
individualità di lingua, di letteratura, di pensiero, di arte, di
diritto, di scienza, ed anche di consapevolezza politica di questa stessa
individualità. Come si può pensare di cancellarla scrivendo con il
trattato di Schengen che non esistono più i confini fra le nazioni?
Basterebbe la questione delle lingue a far capire che si trat ta, o di una
stupidità senza limiti, oppure - ed è questa la mia certezza - di una
lucida, cinica volontà di distruggere la forza di queste nazioni. E'
questo il secondo motivo: il potente Impero, attraverso il quale i
politici gestiscono fiumi di denaro privi di controllo e tutto il potere
in termini di prestigio, di consenso, di poltrone che ne discende, è già
servito e servirà sempre di più ad indebolire gli Stati più forti dell’Europa
d’Occidente per favorirne al massimo l'orientalizzazione. Non si creda
che si tratti soltanto del cosiddetto allargamento all'Est. Questo serve a
giustificare l’orientalizzazione, e l'impoverimento economico, politico,
religioso, giuridico, demografico, culturale, dell’Europa d’Occidente.
Ma è proprio questa la meta che si persegue. Come tutti sanno, per
diluire un ingrediente, bisogna aggiungervene degli altri. L'Unione
Europea deve diventare una specie di "crema", molle ed informe,
che nessuno “stampino” potrà indurire. Uscendo di metafora: come la
lingua italiana è già sparita ufficialmente dall’Unione, dove le
lingue previste sono l’inglese, il francese e il tedesco, così avverrà
per tutto il resto. Tutti i popoli perderanno la propria libertà, la
propria identità, quella che hanno raggiunto con immensi sforzi durante
secoli di storia, e alla fine, debolissima, l'Europa diventerà preda e
terreno di battaglia - l'Italia per prima ovviamente - fra gli Stati d’Oriente
e quell’America che oggi sembra rappresentare un “nemico” comune.
Troppe
cose si dovrebbero dire per le quali qui non c’è spazio, e chiedo scusa
se mi sono affidata soprattutto alla rapidità d’intuizione dei lettori.
Su di un fatto in particolare vorrei però che essi si soffermassero:
l'attacco alle Torri Gemelle è stato effettuate proprio quando il varo
dell’euro è diventato realtà. L’orientalizzazione dell’Europa era
ormai sicura.
Ida Magli
Roma, 18 dicembre 2002