Editoriali   21 Aprile 2002

L'ULTIMO TABU
Denti e potere 

 
di Ida Magli


  E’ un argomento, quello dei denti, fino a oggi quasi dei tutto escluso dalle conversazioni serie, assegnato alle facezie, al grottesco delle dentiere perdute e del biascichio del parlar senza denti. Insomma, all’irrisione di chi è “senza mordente”, inoffensivo, ridotto alla caricatura di una virilità priva di vis. Ma è proprio questo aver escluso i denti da qualsiasi accenno alla loro funzione reale, indispensabile: mangiare, parlare, sorridere, la prova più significativa del fatto che, più o meno consapevolmente, non amiamo ricordarci non soltanto che abbiamo usato i denti, come tutti gli altri animali, per ferire, uccidere, tener ferme le prede (come si usa fare ancor oggi, per esempio, mangiando vivi i frutti di mare), ma anche e soprattutto che siamo l'unica specie che esercita l'aggressività all'interno, fra i suoi simili, e che perciò è stata costretta a inventare un segnale immediato intraspecifico. Da qui la trasformazione del "mostrare i denti" come segno di ostilità, di situazione di conflitto, al mostrare i denti nel sorriso. Il sorriso è la caratteristica precipua dell'uomo e, per quanto non esistano ancora dati certi in proposito, possiamo supporre che abbia preceduto il linguaggio, trasformando il segnale dell'inimicizia e del pericolo nel più significativo, più completo, più ricco, più bello, più universale strumento di comunicazione che esista: se non ti aggredisco neanche quando ti mostro i denti, allora puoi stare sicuro che ti sono realmente amico. Non c'è emozione, non c'è stato d'animo, non c'è struttura della personalità sia di un individuo, sia di un popolo, che non si riveli attraverso il modo di sorridere tanto che in pratica questo ha finito col riassumere in sé un sistema completo di comunicazione. Ti accorgi quando è dolce, quando è tenero, quando è sincero, quando è falso, quando è triste, quando è ironico, quando è astuto, perfino quando è aggressivo... Sì, naturalmente sì: gli uomini finiscono sempre per usare tutti i loro strumenti, anche quelli inizialmente "buoni", come strumenti contro gli altri uomini, ossia come dominio, come potere.

Ed eccoci al punto: chi detiene il potere, in qualsiasi tipo di società, non ha interesse ad aumentare la forza di coloro che gli sono sottoposti. I denti sono stati e sono ovunque lo strumento principale, concreto e simbolico, per potenziare e per depotenziare i sudditi. Non c’è che l’imbarazzo della scelta: particolari tinture, affilamenti, capsule di metalli preziosi presso tante popolazioni tribali come simbolo del potere degli iniziati, e nessuna cura dentistica per i cittadini del sistema sanitario nello Stato democratico. Ma la memoria genetico-culturale sa bene cosa significhino i denti: i lunghi denti dei vampiri affollano in Occidente la fantasia dei più svariati registi tanto quanto gli enormi denti di metallo del terribile nemico di 007. Lo "squalo" imperversa. Ossia i “denti” imperversano. I privi di potere, i privi di denti, in una società che sotto le vesti della rappresentanza, tolto ai cittadini qualsiasi potere personale, sognano: sognano di possedere denti sempre più grossi, sempre più affilati mentre tremano al cospetto dei mostri che li atterriscono alla vista della potenza della loro orrida dentatura.

Ida Magli

Roma, 21 aprile, 2002

"chi detiene il potere, in qualsiasi tipo di società, non ha interesse ad aumentare la forza di coloro che gli sono sottoposti. I denti sono stati e sono ovunque lo strumento principale, concreto e simbolico, per potenziare e per depotenziare i sudditi"

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I denti sono questo: lo strumento primario di aggressione, di possesso, di uccisione, di forza, di dominio, di cui la specie umana si è servita dalle sue origini e, subito dopo, la sua trasformazione in strumento di amicizia, di rinuncia all’aggressività, in ”sorriso”

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