Il totale, servile
consenso che è stato dimostrato dai politici verso Wojtyla, in
occasione della sua “visita” al Parlamento, è stata una
ulteriore conferma che noi, poveri Italiani, siamo inermi strumenti
del mostruoso progetto di “armonizzazione” (la delicatezza
dei termini ne fa parte) di tutti i Poteri nel dominarci, impedendo
qualsiasi possibilità di critica. Di Wojtyla si è fatta l’esaltazione,
enumerando i suoi “primati” numerici, come si fa con l’Auditel
per le trasmissioni televisive. Quanti chilometri ha percorso,
quanti milioni di persone ha incontrato, quanti Santi ha
canonizzato... Nessuno, però ha tratto la conclusione
dell'enormità del suo fallimento, in termini di cristianesimo, in
rapporto a un tale mastodontico battage pubblicitario. Una
conclusione inevitabile, che la Chiesa stessa non si accorge di
trarre quando afferma che l'Italia e l’Europa sono ormai "terre
di missione", in quanto scristianizzate. Ma c’è da
aggiungere la ormai quasi completa conversione all'Islam dell’Africa,
perfino di quella piccola parte un tempo cristiana; dell’Est eurasiatico
dove, sulle strade aperte da Roma, erano giunti i primi evangelizzatori;
per non parlare poi della riduzione ai livelli più bassi della
religiosità anche in quei gruppi rimasti nominalmente cattolici ma
che ne tradiscono la spiritualità servendosene soltanto per quei
bisogni comuni a tutti gli uomini quali l’affidamento magico a
qualche santo o a qualche guaritore o esorcista (Milingo insegna). Dunque il frenetico agitarsi di Wojtyla non ha portato a nulla sul
piano della fede. L’ossequio che il mondo dei governanti e dei
politici gli tributa ovunque è il riconoscimento dei detentori
del potere verso chi sa usare molto bene il potere, rafforzando così
quello di tutti gli altri e, al tempo stesso, la fiducia che l’assolutismo
con il quale ha concentrato su di sé perfino l’idea di
"Chiesa", impedendo qualsiasi dissenso teologico, è il
più utile per governare centinaia di milioni di persone ormai non
più credenti dato che, comunque, di una religione qualsiasi il governo
ha bisogno. Detto dunque in altri termini: nell’Unione Europea il
“sonno della religione” farà buona compagnia al sonno della
democrazia e al sonno della libertà. Ma quanto potrà durare questo
stato di cose? Ci sono almeno due fattori che inducono a sperare in un sussulto delle intelligenze e nella necessità
di una
reazione. Il primo consiste nell’inevitabile ritorno degli uomini,
uomini che non sono mai mancati anche nei peggiori momenti della
storia in Italia e nell’Occidente europeo, a “pensare”, a
riflettere, al di là e contro l’ovvio conformismo, a dubitare,
a discutere, a giudicare. Costringere gli uomini a non giudicare
significa ucciderli. Come è possibile credere in una storia religiosa nella quale,
malgrado gli orrori dell'inquisizione, dei roghi, hanno alimentato i
propri dubbi uomini come Agostino, Lutero, Pascal, Savonarola,
Kierkegaard, non si alzerà presto qualcuno a protestare contro il
numero delle Ave Marie? Come è possibile che non ci si accorga dell'enorme
menzogna con la quale si è attribuita a Wojtyla la caduta del
comunismo proprio in quella Unione Sovietica in cui gli è stato
impedito di mettere piede, e che rimane fedele ai propri patriarchi
ortodossi, gli stessi che erano presenti durante l'era comunista?
In realtà Wojtyla viene tanto omaggiato perché, senza volerlo, è
servito all’omogeneizzazione indispensabile al progetto di
unificazione europea favorendone la deriva verso l'Est. L’altro
fattore cui accennavo, che forse costringerà qualcuno a scuotersi
è la guerra dei musulmani contro l’Occidente. E’ un gravissimo
errore, errore che fa il loro gioco, parlare di gruppi terroristici.
E’ la guerra strategicamente più adatta per vincere contro
nazioni allenate e armate per altri tipi di guerra, tanto da non
riuscire neanche a riconoscerla come "guerra". La vittoria
finale dei musulmani è facilmente prevedibile perché non è l’America
che vogliono conquistare, ma quei territori che sono già in parte
loro preda con migliaia di “stazioni” sparse qua e là:
l'Europa, l’Africa, il Medio Oriente, l’India. Si tratta sia di
Stati veri e propri, sia di gruppi camuffati nelle maniere più
diverse come in Europa: lavoratori regolarizzati, clandestini,
rifugiati politici, gruppi finanziari, industriali, perfino squadre
di calcio. Ci stringono, perciò, da tutte le parti, da dentro e da
fuori. Non fanno l’errore di Napoleone o di Hitler nell’allontanarsi
dal proprio centro: i loro “centri” sono ovunque . Alla fine non
avranno che da unificarli. Ida Magli
Roma, 17 Novembre 2002 |
|