Editoriali
|
Roma, 6 Gennaio 2002 |
|
Sulla
Costituzione europea |
Francesco Cossiga ha anticipato un tema centrale
del dibattito sulla futura Costituzione europea augurandosi che, nel
preambolo del testo, l'Europa riconosca, "come condizione di
esistenza e di vita spirituale, le sue radici nel cristianesimo". Un
suo riferimento a "laicismi di bassa lega" e a un uomo di
governo francese, "dimentico del carattere cristiano della
Francia", ha fatto infuriare Jospin, che nelle trattative di Nizza
aveva sottolineato il carattere laico del suo Paese ed escluso ogni
riferimento alla religione per non porre la Francia di fronte a un
problema con la propria, laicissima, Costituzione. Quale sarà
l'atteggiamento della Germania, il cui testo fondamentale, come quello di
altri Stati, fa esplicito riferimento a Dio? E l'Italia, dove fino al 1984
al cattolicesimo veniva addirittura riconosciuto il rango di religione di
Stato? Giovanni Paolo II, il cui parere per forza di cose conta da noi
più che altrove, già dopo il Preambolo di Nizza lamentò la mancanza di
ogni riferimento alla divinità e al cristianesimo. Gli ha risposto,
finora, soprattutto un ruggito laicista della Lega. Com'è noto il
"popolo europeo" (meglio sarebbe dire europopolo, cioè fondato
sulla moneta) non sarà chiamato a pronunciarsi su un testo che verrà
deciso dai governanti. Ma qualche considerazione, almeno, la possiamo
fare. Personalmente - laico quanto Jospin e Bossi, se non di più - sarei
favorevole a un richiamo costituzionale al cristianesimo, naturalmente
purché si parli della cultura cristiana (l'uguaglianza e tutti gli altri
encomiabili eccetera), e non della religione cristiana (la messa
domenicale e tutti gli altri più discutibili eccetera). Non possiamo non
dirci cristiani, ed è tanto più il caso di sottolinearlo adesso, mentre
ci troviamo all'inizio di un'invasione mussulmana: pacifica sotto le
spoglie di emigrazione, nient'affatto pacifica sotto le spoglie di un
aggressività "naturale" della quale il terrorismo è soltanto
il culmine. Ciò detto, porrei il problema da un punto di vista più ampio
e radicale. Abbiamo davvero bisogno di una Costituzione che ci indichi i
Sacri Principi da seguire? Nel nostro testo fondamentale, come in quelli
degli altri Stati europei - tutti infarciti dello spirito settecentesco
delle grandi Dichiarazioni americana e francese - c'è uno straordinario
spreco di nobili ideali e di grandi valori che ormai sono acquisiti alla
nostra cultura, al nostro modo di essere, alla nostra vita quotidiana,
privata e sociale. Oppure si tratta di utopie in vista di una
irrealizzabile società perfetta. O di palesi falsità. Il diritto alla
salute di cui parla la nostra Costituzione (art. 32), ad esempio, non è
un'ovvietà di cui si può fare a meno? Il fatto che la società
occidentale sia fondata sul lavoro (art. 1) non è un dato scontato? E
imporlo come articolo costituzionale non è una violenza alla libertà di
chi, putacaso, potesse o volesse vivere senza lavorare? Dire che ogni
cittadino ha "pari dignità sociale" (art. 3) non è una presa
in giro o, nel caso migliore, un uscire dal principio di realtà? E che
dire dell'articolo 11, secondo il quale l'Italia "ripudia la guerra
… come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali", per
cui bisogna mascherare come "missione di pace" ogni intervento
armato? Vogliamo parlare dell'articolo 19, per cui "Tutti hanno
diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi
forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in
privato o in pubblico il diritto il culto, purché non si tratti di riti
contrari al buon costume"? E se, putacaso, qualcuno praticasse da noi
una religione per la quale le donne vengono condannate a morte dal marito
in caso di adulterio e fustigate per la più piccola mancanza, come non
portare il chador? Se tutto ciò, al pari delle nostre radici cristiane,
è ovvio - e in certi casi truffaldino, in altri addirittura inaccettabile
- perché continuare a lasciarcelo dettare dalle Parole Potenti dei
governanti anche nella futura Costituzione europea? E' venuto ormai il
tempo che le Costituzioni non siano altro che regolamenti tecnici sul
funzionamento delle istituzioni, non più sacre dichiarazioni di principio
superflue o che vengono continuamente smentite dagli stessi che le hanno
scritte.
Giordano Bruno Guerri
|
|
|