di Ida Magli
9 Settembre 2002 |
Il Prof. Tommaso Padoa Schioppa, importante membro italiano dell’Olimpo
Bancario Europeo, ha affermato che l’Italia “è poco credibile” in Europa. E Mr. Blair, caro Professore?
L’Inghilterra di Blair, che se ne sta fuori dall’euro e che si fa tutte le guerre che vuole senza chiedere il permesso
a nessuna divinità bruxellese, è “credibile in Europa"? Certo, lo sappiamo bene: il Professore si riferisce ai parametri finanziari,
alla politica economica. Ma, siccome soltanto i ciechi ormai non vedono
che proprio la politica strettamente economica inventata a Maastricht ha
portato al depauperamento perfino della Germania, il discorso vero è
rivolto a chi comincia a resistere a questo nuovo tipo di tirannia.
Il fatto è che da duemila anni a questa parte gli Italiani sono stati
sempre rappresentati da governanti succubi ai potenti di turno, Francesi,
Spagnoli, Austriaci, Tedeschi che fossero, e gli è stata incollata
addosso la fama di servi e di vigliacchi trasmessa da queste
comportamento. Adesso che, insieme ad un governo finalmente alieno all’acquiescenza,
qualcuno dice di no, l'Europa si stupisce. Ma è il vero modo per essere
"credibili": dire di no quando è giusto e utile. E’ arrivato
anche il momento che sia concesso agli Italiani di conoscere e di
discutere in che cosa questa Europa sia loro utile dato che, non soltanto
di questa utilità non si vede neanche l’ombra, ma è stata finora del
tutto impedita qualsiasi conoscenza e discussione. Sarebbe “divertente”
sapere (e lo chiediamo formalmente) quanto tempo dedicato all’informazione sull’Unione
Europea abbia rilevato l'Osservatorio sulle trasmissioni RAI in rapporto,
per esempio, a quello dedicati all’informazione sul calcio. Si faccia
avanti un qualsiasi esponente della Sinistra, che in tutti questi anni ha
avuto mano libera alla RAI, per dirci se ha mai protestato per la totale
ignoranza nella quale gli Italiani sono stati lasciati riguardo ad un
piccolo particolare: quale sarà il loro destino come nazione, come
sovranità, come lingua, come libertà, come religione, come pensiero,
nell’immenso, kafkiano Palazzo cui si dà il nome di Unione Europea. Mai
un dibattito vero, mai una serata di appassionati e roventi conflitti cui
i vari Santoro ci hanno abituati; ma, con solerte spirito democratico,
qualche compunta lezione mattutina dedicata da RAI Tre ad imbonire gli
studenti sul “vogliamoci bene” nell’Europa.
Adesso, dunque, non è più così. Non soltanto gli Italiani sono ben
contenti che qualche Ministro dica la sua, come è suo diritto e suo
dovere, alla pari, preoccupandosi prima di tutto del bene dell’Italia;
un bene che, essendo a favore dei diritti di un popolo, è per ciò stesso
un bene per tutti gli altri popoli coinvolti nell’Unione. Tanto più,
poi, questo è vero per il fatto che in questi giorni si stanno prendendo
decisioni determinanti per il futuro di tutti: l’ingresso nell’unione
di altri dieci Stati.
Se ne è discusso con gli Italiani? Non ce ne siamo accorti. Il buon senso, oltre che una stretta logica politica, vorrebbe che
prima di compiere qualsiasi altro passo, si decidesse in quale modo verrà
governato un tale mastodontico aggregato di Stati, di popoli, di identità
storiche, linguistiche, religiose, psicologiche diverse. Invece si fa il
contrario. La prassi europea del carro davanti ai buoi è norma inderogabile
fin dalla nascita dell’Unione, e quindi perché mai preoccuparsi? Un
Parlamento in cui siederanno venticinque Paesi diversi e che, di
conseguenza, per dirne soltanto una, parleranno venticinque lingue
diverse, è cosa che ha turbato il Presidente della Commissione, Prof.
Prodi, perché: ”I traduttori sono pochi e costano molto”!
Noi, però, siamo sicuri che, non essendo governati con una tale
incoscienza, il buon senso del governo fermerà e indurrà a riflettere
gli altri governi. E’ un momento di grande incertezza in tutto il mondo:
sarebbe bello che fosse l’Italia a dare un esempio di forza e di
giustizia.
Roma, 9 settembre 2002
Ida Magli