CHI ERA IDA MAGLI?
    RICORDI E PENSIERI DI CHI L'HA CONOSCIUTA




IDA MAGLI E L'ANTROPOLOGIA
COME L'ULTIMA FILOSOFIA

di Rosaria Impenna, allieva


Ida Magli è stata un grande maestro, amata dagli allievi e da chiunque abbia compreso la straordinaria particolarità del suo approccio al sapere, perché lei, insieme all’antropologia culturale, insegnava a capire, a pensare, a guardare il mondo con occhi diversi, squarciando quell’ovvio che vela ogni cosa. Era questo il suo modo di fare scienza. Una disciplina avvincente, l’antropologia, ma al suo nascere complessa, eterogenea, in Italia si mescolò addirittura a quella di “tradizioni popolari”, risultando dispersiva. Scienza che pur definendo una prima, dirompente riflessione sul significato di cultura, proprio per la messa a punto di analisi in un ambito così vasto, ha faticato a individuare la specificità del proprio oggetto di studio. È stata Ida Magli a far compiere un salto qualitativo a questo sapere, facendolo approdare a nuovi esiti scientifici, attraverso una rigorosa speculazione filosofica e arricchendolo di una personalissima poetica. Onorare il ricordo dell’amatissima antropologa è imprescindibile dalla riscoperta della sua opera. Enucleare la portata teorica di cui si avvale e divulgarne il sistema di pensiero è più che mai necessario per tentare di perpetuare una sapiente lettura dei fenomeni sociali del nostro presente. Perché la forza della sua antropologia è stata innanzitutto questa: indagare, con gli strumenti di tale scienza, in grandissima parte da lei stessa elaborati e perfezionati, i più variegati fenomeni delle società, soprattutto di quella occidentale. Il cui cardine, ci ha insegnato a capire, è rappresentato da quella particolare forma mentis che nasce fra Atene e Roma e di cui gli Italiani ne hanno sicuramente manifestato gli esiti più straordinari. La logica stringente su cui si fonda il suo sistema scientifico unisce la realtà dei fatti storici alla coerenza dei significati che essi producono in un determinato contesto, fino a delinearne il “modello culturale”. Decodificare il sistema di valori che sottende a ogni modello, le ha permesso di compiere una rivoluzione copernicana, quella di includervi anche il “nostro”, per la prima volta indagato e studiato dall’antropologo sul campo. Nasce, infatti, con Ida Magli la prima indagine antropologica sulla cultura occidentale e sull’uomo bianco, osservato e studiato all’interno di un sistema comprensivo totalmente nuovo. Il suo approccio metodologico non poteva trascurare quel tratto “mai” preso in considerazione dagli antropologi tradizionali: la religione. Elaborazione culturale, viceversa, determinante, per dare significato ai valori che potenziano il modello stesso, dato che ne rappresenta l’elemento forse più esplicito. Lo studio sull’uomo bianco da lei effettuato è stato quindi il primo per la completezza metodologica compiuto dall’antropologia stessa. Una speciale consapevolezza l’ha così portata a indagare i sentieri più inesplorati della cultura giungendo a conclusioni dirompenti quanto esaltanti, come nello studio della triade: Sacro-Morte-Potere. Sistema all’interno del quale la figura femminile e l’organo sessuale maschile diventano le chiavi interpretative per eccellenza. Individuando come l’uso strumentale, cognitivo e applicativo del “pene”, a seguito della posizione eretta, abbia permesso di cogliere le ragioni per cui in “ogni” cultura sono i maschi a detenere il potere e le donne a circolare nel ruolo di “oggetti” di scambio. L’oggetto, essendo l’altro da sé, non può creare, né fondare significati. Ne abbiamo riprova nella sconfinata simbologia elaborata dai popoli della terra. La figura femminile è parola e la parola, circola per dare significato. Non si può essere soggetto e oggetto contemporaneamente, non si può elaborare pensiero, cultura, religione ed essere insieme contenuto, messaggio, forma di quel determinato significato. Proprio questo ordine di analisi aveva indotto l’antropologa a cogliere la mancanza di un’adeguata riflessione, nel soggetto maschile, rispetto alle ragioni del funzionamento del pene. Notava questo aspetto con stupore e amarezza, consapevole del “danno” culturale che avrebbe potuto rappresentare. Se in ogni contesto tutto ciò ha prodotto una sorta di corto circuito tra i sessi, nella cultura occidentale, rivelatrice nel suo itinerario della coscienza del sé, il perdurare di una tale inconsapevolezza le faceva scorgere aspetti allarmanti. Legati in grandissima parte all’abnorme diffusione dell’omosessualità maschile, di cui non era le sfuggito il massiccio impiego di forze per imporne una suggestiva e novella visione. La ripetizione meccanica che è alla base del rapporto omosessuale procede all’interno di una spinta ossessiva: la verifica che l’organo funzioni. Una sorta di continua, inesorabile sfida alla morte, in quanto, il momento attivo e passivo della sessualità la rappresentano per analogia. Ma la “moltiplicazione” del pene come gesto potente determina a sua volta un processo di “omogeneità” passiva e indistinta, di cui la studiosa coglieva già l’inarrestabile corso. Ponendosi, infatti, come valore e modello sociale, l’omogeneità diventa un potente grimaldello per una indifferenziazione non solo dei sessi, ma anche delle etnie, delle culture, delle religioni, con l’implicita, indiscriminata “apertura”, tipicamente femminile, al diverso e all’altro da sé. Efficacissima e sottesa a tutto questo è stata la pratica del trapianto degli organi, fenomeno da nessun altro intellettuale compreso nella sua portata distruttiva come da Ida Magli. Vi colse addirittura l’inizio dell’attacco all’Occidente. Alla moltiplicazione del pene, ne corrisponde pertanto il suo “indebolimento”, la sua “de-virilizzazione”, aspetti in parte riconducibili al fallimento del femminismo. Fenomeno rispetto al quale il suo sguardo lungimirante è stato in grado di offrirci le più autentiche analisi, fondate sulla straordinaria intuizione della donna come “problema aperto”. Vedendo la figura femminile portatrice dei valori e significati che reggono ogni modello culturale comprese che senza la decodificazione di questo articolato impianto simbolico non sarebbe stato possibile intraprendere qualsiasi cammino verso l’emancipazione. Per questo Ida Magli è stata anche l’unica in grado di indicare al  femminismo la strada da intraprendere, ardua indubbiamente, ma la sola in grado di considerare la donna nella sua complessità terrificante, quella della “trascendenza”.           

Quello di Ida Magli si è pertanto contraddistinto come il pensiero di una coraggiosa, consapevole “solità”, propria della speculazione filosofica più alta e innovatrice sul piano  epistemologico. Un sistema filosofico, quindi antropologico in senso stretto, considerando l’antropologia come l’ultima filosofia in quanto la più compiuta riflessione sul pensiero, che le ha permesso di indagare la complessità delle culture attraverso criteri mai usati in precedenza. La sua opera, connotata dalla “perenne” attualità dei risultati raggiunti, ne conferma l’incontrovertibile valore.  

Rosaria Impenna




 
 
 

 

 
 
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