EDITORIALI
La riforma renziana
della scuola
di Ida Magli
il Giornale | 27.02.2015
Uno
degli aspetti peggiori dell’assolutezza dittatoriale di Matteo Renzi è
la sua indifferenza ai significati che ogni comportamento assume per
gli esseri umani. La cosiddetta “riforma della scuola” ne rappresenta
forse la prova più evidente. “Via i precari” è la parola d’ordine;
“Tutti saranno assunti per concorso”; “Deve essere garantita la qualità
culturale della scuola”. Benissimo. Ma Renzi sa che l’85% per cento del
personale di ruolo nelle scuole è di sesso femminile? Sa cosa comporta
questo dato di fatto? I maschi non possiedono più nessun sapere da
trasmettere ai figli? Non hanno più nessun interesse al futuro della
Nazione? Una riflessione sull’allontanamento quasi totale dei maschi
dall’educazione e dal sapere dei figli permetterebbe di capire che fa
parte di quello stesso allontanamento testimoniato dall’omosessualità
maschile, dal coito sterile, dalla quasi assoluta incapacità creativa
della società italiana di oggi. In un certo senso testimonia la
ribellione dei maschi al predominio e all’obbedienza verso le donne
imposto loro dalla nascita fino alla fine della scuola secondaria
superiore e oltre.
Dall’età neonatale a tutta la prima infanzia i bambini vengono lasciati
nei nidi e negli asili per la maggior parte del giorno dove il
personale che li assiste è tutto femminile ed esercita un’assoluta
autorità. Per tutto il ciclo scolastico poi il predominio del personale
insegnante femminile impedisce ai maschi il contatto con una
personalità maschile con la quale identificarsi, nella quale credere;
ma soprattutto impedisce lo sviluppo del tipo di pensiero maschile,
rivolto alla profondità e all’analisi in modo molto diverso da quello
femminile. Infine c’è l’aspetto più grave di una scuola affidata quasi
del tutto alle donne: gli allievi, maschi o femmine che siano, non
possono apprezzare, stimare, credere nel “sapere”. Tutto quello che le
donne insegnano non è stato né creato né scoperto da loro. Socrate era
maschio, Omero era maschio, Virgilio era maschio, Galileo era maschio,
Leonardo era maschio, Mozart era maschio, Einstein era maschio… Non si
può insegnare bene nulla di ciò che non si è in grado di “pensare”, di
“creare”. (Spero che le donne capiscano lo spirito con il quale faccio
questa osservazione e non se ne offendano). Si afferma di solito – e le
statistiche lo provano – che le studentesse sono più brave degli
studenti. Non ci potrebbe essere una dimostrazione migliore che viene
fornito un insegnamento più adatto alle menti femminili che a quelle
maschili in quanto è diverso il modo con il quale i maschi guardano ai
problemi, li “penetrano” (termine significativo con il quale abbiamo
sempre qualificato l’intelligenza).
Ma poi, che cos’è questa tanto vantata riforma della scuola? L’idea più
vecchia e più stantia di scuola che si possa avere nel 2000. La novità
sarà invece quella di proiettare cicli di lezioni televisive preparate
da una società ad hoc con i maggiori specialisti del mondo nelle
singole discipline. Non ci saranno più le logore ripetizioni di
insegnanti che per trenta o quarant’anni parlano sempre delle stesse
cose, ma i più grandi storici, i più grandi matematici, i più grandi
architetti, i più grandi musicisti d’Italia e del mondo esporranno con
la semplicità e la chiarezza che contraddistinguono coloro che sono
assolutamente padroni di ciò che dicono, i diversi cicli di lezioni, di
cui la Società di edizione curerà la traduzione nella lingua italiana
per quanto riguarda gli specialisti stranieri. Questo permetterà di
accompagnare con le immagini adatte ogni argomento e non ci sarà
studente che non ricorderà, anche senza studiarlo, ciò che ha visto:
che si tratti di un castello sulla Loira o del teorema di Pitagora.
Il ruolo degli insegnanti sarà quindi quello di assistere insieme agli
studenti alle lezioni televisive e poi discuterle e, se necessario,
spiegarle nelle ore a ciò predisposte. La scuola sarà così, finalmente,
ricca di figure maschili, non soltanto nelle lezioni televisive, ma
anche nelle aule perché dove il sapere è “sapere”, vivo e profondo, i
maschi non mancano mai.
Ida Magli
23 febbraio 2015
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