ODONTOIATRIA, ULTIMO TABU' |
La Stanza Silente
di Piero Padovan
ItalianiLiberi | 22 Maggio 2001
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Uno
dei miei entusiasmi da studente di Odontoiatria è stata la
consapevolezza di poter conoscere di persona i padri fondatori della
mia disciplina, coloro che ne hanno posto le basi teoriche e
procedurali, praticamente tutti viventi: volendo, avrei potuto
perfezionare la mia formazione dalla loro viva voce! Un altro modo di
vedere le cose, molto meno entusiasmante, sarebbe stato accettare che
l'Odontoiatria fosse priva di storia, ossia che non fosse mai esistita
nel mondo una Scienza dei Denti fino alla seconda metà del XX secolo.
Nel corso di dodici anni di pratica clinica come libero professionista
ho vissuto in prima persona sia l'innovazione tecnologica e
terapeutica, sia le contraddizioni di una specialità medica ormai tanto
ricca di soluzioni, quanto ancora profondamente e largamente
incompresa. Continuare a ignorarlo, così come si ignora e si esclude
dall’insegnamento universitario la riflessione sulla sua non-Storia, è
a tutt’oggi più grave e deleterio del mancato aggiornamento
professionale.
Perché tirare fuori cose che appartengono al
passato proprio ora, si dirà. Ormai anche le riviste odontoiatriche si
sono allineate alle altre pubblicazioni mediche nella meravigliosa
ricchezza e profondità di contenuti della ricerca scientifica moderna.
La realtà clinica è però diversa. La storia dell’Odontoiatria è ancora
oggi Presente perché il Passato, e parlo di una generazione fa, non è
stato mai elaborato. Né dai pazienti, né dai dentisti. E rende
inconfessabile la grande difficoltà di rapporto tra paziente, terapeuta
e società che tuttora è la norma, e che rende troppo spesso
inapplicabili le potenzialità del moderno approccio conservativo e
preventivo. La portata del problema è tale da investire la terapia
odontoiatrica sotto tutti gli aspetti, comprese le anacronistiche
mancanze del servizio sanitario di Stato, e non solo in Italia.
Capire cosa fosse l’Odontoiatria in passato non è cosa facile, non
esistono dei testi - o per lo meno non è stato per me possibile
trovarli - in grado di rispondere agli imbarazzanti perché di una così
tarda e stentata evoluzione, anche a confronto con le altre discipline
mediche. Mistero è comprendere come mai e per così tanto tempo la gente
si sia sottoposta - e ha sottoposto altri - a mutilazioni dolorosissime
e gravissime, tutto sommato di buon grado e senza che da tutto questo
orrore e dolore scaturissero delle soluzioni, come sempre è stato nella
storia del progresso umano, se non in tempi recentissimi e
per ricaduta di conoscenze.
Di mal di denti, si dirà,
non si muore. Ciò è sostanzialmente vero (anche se recenti ricerche
hanno provato correlazioni significative tra malattia parodontale e
patologie cardiovascolari), ma bisogna riflettere sul come si sia
arrivati storicamente a escludere i denti dall’anatomia. Cominciando dai termini. In chirurgia si parla di bonifica del cavo orale. Bonifica, ovviamente, realizzata con le pinze da estrazione:
viene da pensare che ci si riferisca a corpi estranei di cui liberarsi,
che i denti non siano mai stati realmente incorporati nell’anatomia
normale, ma optional fatti
per spuntare, crescere e “uscirne”. E, anzi, restituendo infine una
sorta di “pulizia” e “innocenza” alla bocca, che era andata perduta con
l’eruzione del primo dentino. Dov’è la coscienza dei denti come organo
del sorriso e della fonazione, esclusiva della specie umana? (cfr. Per una rivoluzione italiana, Ida Magli e Giordano Bruno Guerri).
A proposito di estrazione dentarie, sono venuto a conoscenza pochi
giorni fa di una di quelle storie che i dentisti “che c’erano”
preferirebbero dimenticare e che, anzi, sinceramente dimenticano se non
quando capita loro di raccontarsi i tempi passati, quel famoso “tempo
zero” da cui inizia la costruzione della loro dignità professionale.
Reparto Estrazioni dell’Ospedale George Eastmann a Roma, circa
venticinque anni fa. Siamo nell'ospedale per la cura dei denti più
grande del centro-sud, intitolato al fondatore dell'Eastmann-Kodak
(kodak è un nonsense
mnemonico, adottato come marchio), famoso per aver inventato la moderna
fotografia e per aver destinato fondi per la costruzione di ospedali
odontoiatrici. La realtà quotidiana dell’Odontoiatria (di massa e non)
era ancora scandita dalla pratica dell’estrazione. Frasi come “via il
dente, via il dolore” erano insieme slogan per i pazienti e etica
spicciola per i dentisti. Nel corridoio del reparto riecheggiavano le
grida e i lamenti dei pazienti di turno, investendo quelli la cui
attesa sarebbe terminata di lì a poco: percentuale di maschi che
sveniva, il 50 per cento. In fondo al corridoio c’era invece la Stanza
Silente. Perché venisse chiamata così, faceva parte del mistero
iniziatico che la avvolgeva agli occhi dei nuovi tirocinanti. Era il
posto dove venivano trattati i bambini. La distanza dalle altre stanze
e una porta stranamente efficiente faceva sì che le grida, come il
mistero di cui sopra, non ne uscissero. All’interno una dottoressa
rumena, un donnone con due polsi eccezionali, aveva messo a punto la
sua strategia operatoria. Il bambino veniva fatto sedere e veniva fatto
reggere dai genitori. Poi lei, infilandosi un copridito articolato,
d'acciaio, che sembrava prelevato da un’armatura medioevale,
introduceva rapidissimamente l'indice corazzato tra le arcate del
bambino. Che a quel punto poteva mordere fino a romperci sopra i denti
buoni e gridare tutta la sua disperazione, ma non più chiudere la
bocca. Il resto era routine.
Piero Padovan
www.pieropadovan.info
Roma, 22 Maggio 2001
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