Trapianti
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La terribile contabilità
del dare e dell'avere

di Giordano Bruno Guerri

da Il Giornale - 4 Luglio 2001 

 

L’entusiasmo dei media a ogni "nuova conquista" dei trapianti sta raggiungendo punti di tale cinismo da consigliare qualche riflessione. L’altra sera i telegiornali hanno annunciato, come si trattasse di un gioioso evento sportivo, che "a Padova si è battuto un record: nove trapianti in un giorno. Ho visto interviste a non so che primario o assessore fatte con lo stesso spirito usato per i commenti dell’allenatore che ha vinto una partita.

E’ giusto compiacersi del buon funzionamento di una struttura ospedaliera pubblica. E' una buona notizia che qualche vita sia stata salvata, che qualcuno abbia recuperato la vista, che altri non debbano essere più sottoposti al dramma della dialisi. Ma è feroce avere ormai dimenticato che dietro ognuna di quelle operazioni c’è la morte - in genere violenta e improvvisa - di qualcuno solitamente giovane. E’ come se la loro morte non contasse, purché qualcun altro viva.

Si ribatterà che per il "donatore" non c’era più niente da fare, è un accidente ormai avvenuto, ed è bene che – almeno - il suo "sacrificio" sia utile. E’ proprio questa contabilità del dare e dell’avere che sgomenta, perché se di dare e avere si tratta, dovremmo considerare che la morte di un ventenne investito da un’auto è un passivo tale da non poter essere ricompensato dal prolungamento stentato della vita di un ultra-cinquantenne pluri-infartuato. Non sono io il cinico.

La cultura del trapianto è orribilmente basata sull’inevitabile principio mors tua vita mea. E’ umano, solo umano, che chi ha bisogno di un organo si riduca ad attendere la morte di un altro, quindi a sperare che quella morte avvenga al più presto: è un dolore in più per lui, per tutti, ed è ferocemente umano che mezzi di comunicazione, medici e miracolati esultino nel dare notizia dell’evento.

Alla base di questo comportamento c’è, credo, un pensiero che non osiamo confessarci: l’entusiasmo così diffuso per i trapianti non viene tanto dall’idea di poter donare ma da quella di poter ricevere. Non si spiega altrimenti la dimenticanza che dietro ogni nuovo trapianto c’è un dolore che nessuna gioia potrà compensare. Né si dica che in realtà a essere celebrati sono i progressi della scienza e della medicina. A progredire è soprattutto la tecnologia chirurgica: ogni trapianto di fegato, per esempio, significa anche sottrazione di mezzi e di medici allo studio delle malattie del fegato.

C’è, immagino, chi soffre al pensiero che la sua sopravvivenza dipende dalla scomparsa di un altro. C’è, già, chi arriva a uccidere un bambino per avere la parte del corpo che gli occorre. In nessun caso, ad ogni modo, la notizia di un trapianto più essere data come una festa.

Giordano Bruno Guerri

 
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