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Arringa ai musulmani:
terrorizzare è un dovere


In una videocassetta, in vendita al Centro islamico,
la sconcertante arringa del relatore ai fedeli musulmani
"Terrorizzare è dovere religioso, assassinare è tradizione"

di Camille Eid (c) Avvenire


MILANO. "Si sbaglia chi pensa che il conflitto tra l'Islam e gli altri riguardi problemi di frontiera o questioni strategiche ed economiche. Il movente sta nella stessa natura della nostra religione: l'Islam deve dominare".
Simili affermazioni non si fanno più soltanto ad Algeri o a Kabul, ma anche a Milano.
Come a dimostrare che l'arruolamento nelle reti terroristiche di immigrati musulmani è fattibile in Italia.
Nel mondo islamico sono presenti differenti scuole e questa non è certo la più seguita.
Restano comunque episodi che, anche se marginali, destano preoccupazione.
La cassetta che riprende un incontro pubblico, in vendita al Centro islamico di viale Jenner, s'intitola "terrorizzare è dovere religioso, assassinare è tradizione" e mostra un relatore sulla quarantina, dalla lunga e incolta barba nera, seduto accanto all'imam del centro.
Alle loro spalle, uno striscione in arabo augura buone feste ai musulmani di Milano e della Lombardia.
"Tutti i nostri nemici sono terroristi, afferma il nostro uomo. Basta prendere i loro testi religiosi o leggere la loro Storia per convincersi.  E dire che i nostri ignoranti imam, non appena si sentono accusare che l'Islam si era diffuso con la spada, si affrettano a negarlo per affermare che la nostra è una religione di pace".  E qui si infervora. "L'Islam è la religione della forza e il musulmano ha il dovere di essere terrorista, nel senso che deve terrorizzare i nemici di Allah, ed essere sicurezza e pace per i fedeli".
Le sure del Corano sono citate a raffica.
"Combattete coloro che associano altri a Dio; Allestite contro di loro forze e cavalli quanto potete, per terrorizzare il nemico di Dio e vostro.  Avete sentito? Per terrorizzare".
Con una scrupolosa metodologia si applica poi a dimostrare che, sin dai tempi degli "Stati Uniti romani", le motivazioni sono sempre quelle:
"Non credono né in Dio né nell'Ultimo giorno; dicono che il Cristo è figlio di Dio; che Dio è Trinità. Violano la nostra religione, profanano le nostre terre, e noi, anziché ascoltare l'invito di Allah, preferiamo i piaceri della terra".
La foga di parlare lo porta ad asciugarsi continuamente la fronte.  "Vi scongiuro fratelli, esiste forse nella nostra epoca un linguaggio più comprensibile di quello della forza? È l'unica che la gente capisca. I nostri governanti apostati lascerebbero forse pacificamente i loro incarichi?".
"No, per Allah", gridano in piedi i più esaltati tra i presenti.
"Negli anni Ottanta, continua, uno solo si è immolato a Beirut costringendo i Marines americani al ritiro. Un solo uomo ha cambiato il corso della Storia. La Jihad ci è prescritta - rincara - anche quando l'azione del singolo non potrà servire davanti alle micidiali armi del nemico perché, oltre ad ottenere il martirio, i non musulmani saprebbero che tra di noi c'è gente pronta a sacrificarsi".
"Per noi è questione di essere o non essere, di vivere con dignità o nell'umiliazione. Ma, grazie a Dio, il risveglio musulmano è in crescita.  Non badate, fratelli, a coloro che si sono adagiati, ma ai mujahedin che sono in aumento. Gettiamo di dosso ogni dubbio e l'ombra de riluttanti per andare incontro alla gloria del martirio. I nostri nemici ci affrontano uniti, affrontiamoli anche noi uniti. La vittoria di Allah è vicina".
Camille Eid
(c) Avvenire

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