L’autonomia della Bce Euro debole di Paolo Savona Aver posto il problema delle relazioni tra la politica e la gestione dell' euro, come hanno fatto Alberto Alesina e Francesco Giavazzi nell' articolo di fondo pubblicato dal Corriere il 23 aprile, ha avuto il merito di attirare l' attenzione del dibattito elettorale su un punto della nuova costituzione economica, quella implicita nel Trattato di Maastricht, che l' elettore italiano non ha mai votato. Induce, però, a qualche turbamento il fatto che essi sostengano che parte di questo deficit di democrazia può essere colmato tenendo fuori la politica dalla gestione dell' euro e delegando alla Bce di Francoforte l' esercizio delle sovranità monetarie nazionali. L' Unione monetaria europea è nata nel presupposto che sarebbe seguita l' unione politica, ma ciò non è avvenuto. Questo può essere considerato un raggiro della sovranità popolare, soprattutto laddove (ma non è il caso dell' Italia) essa si è espressa in modi appropriati, ossia con referendum o con approfonditi dibattiti parlamenta ri che hanno condotto all' inclusione nelle costituzioni nazionali dei termini del Trattato di Maastricht (proposta che fu da noi respinta in sede di bicamerale). Una moneta senza dietro una vera unione politica porta inevitabilmente a una sua debole zza internazionale. Il Sistema europeo delle banche centrali (l' Escb secondo le iniziali inglesi) è un organismo pubblico autonomo dagli organi della democrazia politica, ma proprio per volontà di questi è stato incaricato di vegliare sul rispetto d i un principio fondamentale: no taxation without representation, ossia non può esservi imposizione fiscale senza che i tassati partecipino alla decisione. Poiché l' inflazione agisce come una tassa occulta, le democrazie hanno deciso di affidare il compito di combatterla a entità autonome, le banche centrali, nel presupposto che essa abbia origini monetarie (problema che richiederebbe ben altro trattamento della sua sola menzione). L' autonomia implica trasparenza delle decisioni e la Banca centrale europea si è opposta a rendere pubblici i termini delle sue decisioni, come invece fa dettagliatamente la Federal Reserve americana. Da ciò deriva la necessità che quel poco di rappresentanza politica europea racchiusa nell' Ecofin (il Consiglio dei ministri finanziari europei) sia presente alle riunioni del Board della Bce. Chiedersi il perché di questa presenza, insinuando che essa sia nociva, come fatto da Alesina e Giavazzi, mi sembra contrasti con i principi stessi della democrazia. Viviamo un periodo delicato di stanchezza della ragione, che si riflette in stanchezza del metodo democratico: dobbiamo stare attenti a non farci prendere dalla tentazione di ignorare l' importanza della difesa dei principi su cui esso si fonda. D' alt ronde è ora di decidere se l' euro è debole perché la politica è assente, come ripetutamente sostenuto, o perché gestito male. Le due cose certamente si intrecciano, ma la tesi che lo sia perché la politica europea è presente mi sembra, usando un ter mine caro a Guido Carli, molto audace! I limiti della devoluzione della sovranità monetaria all' Escb e i modi di suo esercizio sono previsti dal Trattato di Maastricht. La tesi che vuole trasferire pienamente questa sovranità nelle mani della Bce di Francoforte è una proposta di modifica del Trattato quantomeno inattuale, viste le esitazioni nel completare il disegno politico europeo. Inattuale, se non addirittura controproducente, dopo i tanti, ripetuti e sbandierati successi mietuti dall' euro... E' noto che i due studiosi propongono di estendere la cessione di sovranità monetaria includendo la vigilanza bancaria. Se anche si dovesse arrivare ad una simile determinazione, appare debole e speciosa la motivazione addotta di voler eliminare dal sistema (loro testuali parole) «banche centrali gelose dei propri privilegi e restie a delegarli». E qui il riferimento alla Banca d' Italia è palese. I modi in cui è avvenuta e avverrà la cessione della sovranità in tutti i campi è centrale nel le prospettive dell' Unione Europea e se volessimo nuovamente partire dalla moneta, come fatto nel 1992, l' intento sarebbe destinato al fallimento. Questo sia perché l' euro è dominato dagli andamenti del dollaro e del mercato globale e la sua sovranità è già espropriata senza che la Bce o il sistema delle banche centrali abbiano saputo dare una risposta al problema; sia perché il ruolo delle organizzazioni internazionali dovrebbe essere quello di negoziare e di decidere democraticamente regole del gioco coerenti con l' economia del mercato globale lasciando agli Stati nazionali la sovranità e il dovere di rispettarle. I modi in cui ad esempio opera il Wto, l' organizzazione mondiale del commercio, mi sembrano esemplari, oltreché rispettosi dei principi democratici. Invece quasi tutte le organizzazioni sovrannazionali, Bce compresa, portano avanti lo slogan - perché altro non è - secondo il quale se si dà loro maggior potere, possibilmente senza vincoli democratici, le cose andranno meglio. Questa è solo una pia illusione. Poiché siamo nella terza fase del capitalismo, quella delle responsabilità, dopo l' epopea dei diritti e quella delle garanzie, occorre responsabilizzare gli Stati nazionali e non delegare il governo delle nostre sorti future a burocrazie sovrannazionali che servono spudoratamente interessi nazionali o ad altre che magari si vantano di non farlo. Ciascuno deve avere il governo che si merita, non quello che gli impongono «per il suo bene»! Paolo Savona |
mercoledi, 25 aprile 2001 ECONOMIA |
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