EDITORIALI
Religioni:
la legge dello Stato
deve sempre prevalere
di Ida Magli
Il Giornale | 17.05.2014
Meriam
Yesya Ibrahim ha 26 anni, è cittadina sudanese, di religione islamica,
è incinta all’ottavo mese ed è già madre di un bimbo di appena venti
mesi. Un figlio all’anno dunque. Si trova in carcere fin dal mese di
febbraio, condannata a morte dai giudici del tribunale di Karthum a
causa della sua apostasia. Meriam infatti ha sposato un cristiano, ed è
colpevole anche di adulterio, condannata per questo a cento frustate,
perché il matrimonio con una persona di diversa religione non è valido.
Di quest’uomo, però, il marito, non circolano molte notizie. Chi è?
Quanti anni ha? Quale lavoro svolge? Come mai, pur essendo come tutti i
maschi molto più informato della moglie e consapevole della “politica”
in atto nel suo paese, non si è preoccupato di quello che poteva
succederle? Toccava a lui valutare la situazione e prendere decisioni
perché Meriam, come tutte le donne musulmane, dipendeva da lui, dalla
sua volontà, tanto quanto ne dipendeva procreando un figlio all’anno.
Dietro ai dati riassunti brevemente in queste poche righe si nascondono
però gli enormi problemi che oggi sussistono in tutte, o quasi tutte le
regioni del mondo dove sono presenti in gran numero, o dove sono
addirittura maggioranza, le popolazioni musulmane. Il “caso” di Meriam,
quindi, non è un caso e bisogna assolutamente che diventi l’occasione
per discuterne a livello mondiale, soprattutto da parte dell’Occidente,
dell’Europa in particolare, che continua a cullarsi nel “buonismo” che
ha indossato come virtù che non vede, non sente, non capisce. Prima di
tutto un fatto: l’Islamismo è una religione. Come tutte le religioni è
assoluta. Noi non riusciamo più a sentire, a credere in questa
assolutezza soltanto perché non “crediamo” più, ma il cristianesimo che
mandava le streghe al rogo o che condannava i sodomiti alla
flagellazione pubblica era altrettanto assoluto. Inoltre l’Islamismo si
fonda sull’Antico Testamento dal quale dipendono, fra tante altre cose,
la legge del taglione, ossia la condanna a morte e tutte le varianti di
condanne sul corpo, come pure la minorità delle donne e la loro
dipendenza dal marito. Bisogna combattere, dunque, adesso, chiamando
tutte le donne ad usare il potere di cui godono in Occidente, per
chiarire le questioni di principio: l’uguaglianza dei diritti di ogni
cittadino, incluse le donne, è in contraddizione con l’Islamismo e non
si può sperare che non scoppi il conflitto se non con l’affermazione,
priva di dubbi, che la legge dello Stato deve prevalere sempre. In
realtà anche in Sudan gli avvocati difensori di Meriam contano di
potersi avvalere delle leggi dello Stato “democratico” sudanese, ma non
è sicuro che lo Stato voglia mettersi contro la religione. Non dobbiamo
dimenticarci che perfino in Europa lo Stato ne ha poca voglia come
dimostrato dal fatto che poco tempo fa Angela Merkel ammise
l’esistenza in Germania di tribunali islamici per gli immigrati. Noi
siamo inflessibili soltanto sulle norme del Pil.
Ida Magli
Roma, 16 maggio 2014
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