eDITORIALE
Il referendum svizzero
di Sergio Pastore Italianiliberi | 11.02.2014
"Pubblichiamo
con molto piacere un articolo sui risultati del referendum svizzero
scritto per gli Italiani Liberi da un vecchio, carissimo amico, che
conosce la situazione ed è in grado di valutarne i significati e le
implicazioni meglio di chiunque altro essendo un italiano che vive da
sempre in Svizzera. Questo referendum è importantissimo anche per tutti
gli altri Stati dell'Ue, e per l'Italia in particolare, prima di tutto
per il fatto stesso che uno Stato si è deciso a indire un referendum
per conoscere la volontà del popolo - cosa silenziosamente proibita in
Europa - e perché il suo risultato dimostra come i singoli popoli non
abbiano ancora del tutto perso il desiderio di vivere, e di resistere
all'ideologia distruttiva dei governanti che si servono
dell'immigrazione per sopraffare e disperdere l'identità e la sovranità
dei loro sudditi". IDA MAGLI
La
Svizzera non dice di no all'immigrazione , ma intende gestirla in base
alle sue necessità e capacità recuperando una parte di sovranità
perduta. E questo non piace all'UE, forse anche perché l'esempio
della piccola repubblica alpina potrebbe risvegliare il desiderio
represso di libertà di altri paesi europei prigionieri di quella
costruzione detta Unione Europea che intende cancellare frontiere e
nazioni e creare l'uomo europeo. Il signor Barroso si dice orgoglioso
di essere "europeo". In realtà è un portoghese e penso che si esprima
meglio nella lingua di Camões (così bella) che in quella di Racine e
Shakespeare che pur conosce bene. Ma che significa sentirsi europeo?
Quali sono questi valori europei di cui essere fieri? La democrazia, lo
stato sociale, l'uguaglianza, la lotta contro qualsiasi tipo di
discriminazione, i matrimoni omosessuali? Io mi sento italiano (anche
dopo mezzo secolo di residenza in Svizzera). Sono italiano e napoletano
- e magari anche europeo (ma quest'ultima etichetta non mi commuove).
Contrariamente a tutte le previsioni, nonostante le minacce
esplicite dell'UE e contro la volontà di tutto l'establishment elvetico
- governo, parlamento, padronato, sindacati, partiti (tranne uno),
media, intellettuali, tutti favorevoli alla libera circolazione in
vigore dal 2007 - il popolo svizzero, che pur aveva votato a più
riprese e a grande maggioranza a favore, ha detto stavolta di no. Di
strettissima misura, è vero, ma la democrazia è anche questo: vince chi
ha il 50% dei voti più uno. Il voto ha gettato nella costernazione il
governo e i favorevoli alla libera circolazione. Gli esponenti dell'UE
hanno immediatamente espresso il loro malcontento minacciando
velatamente rappresaglie ovvero la denuncia degli accordi bilaterali.
Per ora l'UE non ha richiesto la ripetizione della votazione, come
avvenne per l'Irlanda, ma chissà che non avanzi anche questa pretesa.
Si sa che gli elettori dell'UE possono esprimere a volte il loro
parere, ma se l'esito è diverso da quello desiderato dall'élite europea
non vale: una ben strana concezione della democrazia!
Ma come mai gli Svizzeri hanno cambiato opinione dopo aver approvato
dapprima la libera circolazione e aver esteso la circolazione ai paesi
appena integratisi nell'EU (Romania, Bulgaria)? Ebbene, a partire
dall'introduzione di questa normativa la Svizzera ha vissuto
un'esplosione demografica senza precedenti: la popolazione è aumentata
ogni anno dell' 1,2 - 1,4%, in cifre: di circa 80'000 persone in media
ogni anno (sono le dimensioni di una media cittadina svizzera come
Berna, Lucerna o San Gallo). I conti sono presto fatti. A questo ritmo
- e tutto lascia prevedere che esso continuerebbe all'infinito - la
popolazione svizzera aumenterebbe di 800'000 - 1'000'000 di
persone a decennio. La
Svizzera ha attualmente 8 milioni circa di abitanti, il 23% circa dei
quali è costituito da stranieri (= 1,9 milioni). È facile immaginare
ciò che un simile incremento ha già costituito per il paese e le
previsioni che si possono fare per un futuro nemmeno troppo lontano (il
governo prevede una popolazione di 11 milioni per il 2050). Sono cifre
enormi per un piccolo paese come la Svizzera. Ciò sconvolgerebbe non
solo il tessuto sociale e l'identità nazionale, ma eserciterebbe una
pressione pressoché insostenibile sull'ecosistema. Per far fronte a un
tale incremento è necessario potenziare enormemente l'infrastruttura
(servizi, alloggi, ospedali, scuole ecc.). Basti pensare che il settore
edilizio costruisce 40'000 nuove abitazioni all'anno (400'000 in un
decennio): un boom inaudito che rischia di seppellire la Svizzera sotto
una colata di cemento.
La crescita economica
Nell'attuale contesto europeo la Svizzera gode innegabilmente di una
situazione di privilegio: disoccupazione al 3% circa, continua
creazione di nuovi posti di lavoro, crescita effettiva e costante del
PIL - ma non del reddito individuale, o in misura modestissima. Anche a
livello mondiale la Svizzera è competitiva ed è addirittura al primo
posto per lo spirito d'innovazione. Insomma: Helvetia felix, un'isola
felice o quasi. Per l'ex presidente belga e commissario europeo Juncker
questo piccolo paese è un buco nero assurdo nel cuore dell'UE.
Intollerabile, anche per quella stranissima "democrazia diretta" così
sovversiva e temibile per le élite (ricordiamo che gli Svizzeri possono
modificare la costituzione attraverso l'istituto dell'iniziativa
popolare - che in Italia si chiama referendum propositivo). Come,
modificare la costituzione? Ma scherziamo! Per gli Italiani, i
Francesi, i Tedeschi - o meglio per i loro rappresentanti - è
un'assurdità, una cosa inconcepibile. Bontà sua, l'EU ha voluto
scopiazzare la Svizzera e ha istituito la cosiddetta "iniziativa
comunitaria" che richiede la raccolta di un milione di firme (cosa
tutt'altro che facile) ma che ha solo valore di postulato: l'UE può non
tenerne conto e cestinarla! Altro che democrazia diretta!
L'ossessione ormai universale è la crescita economica. Non passa giorno
senza che si auspichi la crescita. Ogni telegiornale è praticamente un
bollettino d'informazioni sulle prospettive di crescita,
sull'inderogabilità della crescita - in Italia, ma anche in Svizzera.
Sì, anche in Svizzera. O crescita o morte: è ormai questo il messaggio
che tutti i governanti inviano incessantemente ai governati. Ora
certamente è desiderio di tutti di avere una vita decente e magari
anche bella, ma che ciò dipenda esclusivamente dalla crescita economica
è un abbaglio. Sussiste sempre un malinteso a proposito di sviluppo e
di crescita. Lo sviluppo è desiderabile e necessario e nessuna persona
normale pensa che l'uomo del terzo millennio sia il prodotto finale
dell'evoluzione. È anche vero che lo sviluppo è spesso accompagnato da
una crescita economica, ma considerare questi due termini come sinonimi
è profondamente sbagliato. È chiaro che la crescita economica può
essere favorita da un incremento demografico: più siamo e produciamo,
più elevato sarà il PIL. Che però non dice nulla sulla crescita
economica «individuale». Se siamo di più la torta più grande dovrà
essere anche spartita da più "commensali chiamati al tavolo della vita"
(espressione di Paolo VI in margine alla Humanae vitae). Dunque la pura
crescita economica non indica un maggiore benessere individuale. Ma è
più che dubbio che la crescita possa essere infinita, anzi non pochi
segni indicano che forse abbiamo innescato - con la crescita
demografica e dei consumi - una spirale distruttiva che potrebbe finire
in tragedia. Nessuno può dire con precisione cosa ci aspetta (a breve
medio e lungo termine). Dovrebbe prevalere il principio di cauzione,
che non significa stasi e regresso.
La Svizzera disse sì alla libera circolazione, ma nessuno sa bene
perché. Fu richiesta e imposta dall'UE? Probabile, viste le velate
minacce rivolte alla Svizzera nel caso l'iniziativa "Contro
l'immigrazione di massa" venisse accolta e le reazioni di vivo
disappunto espresse ieri dopo la votazione. Non si capisce come un
impero come l'UE non possa tollerare l'esistenza di un piccolo paese
sovrano e indipendente col quale essa ha buoni, anzi eccellenti
relazioni economiche (la Svizzera importa più dall'UE che non esporti
nella stessa UE). Gli accordi bilaterali conclusi tra la Svizzera e
l'UE sono nell'interesse di entrambi, un dare e avere reciproco. L'UE
non vuol derogare dalla libera circolazione, per essa una delle libertà
fondamentali per cancellare frontiere e stati nazionali europei. Dal
suo punto di vista, dei suoi obiettivi, ciò si può anche capire. Ma la
Svizzera non fa parte dell'UE. È vero che ha firmato un accordo in tal
senso, ma gli accordi possono essere anche riveduti, modificati o
persino annullati: nessun accordo è per l'eternità. La Svizzera o anche
l'UE possono richiedere la revisione di accordi già stipulati, è ovvio.
Ma ciò non è ovvio per l'UE perché la messa in questione della libera
circolazione - persino da parte di un paese che non fa parte dell'UE -
è considerato da lei un affronto. Perché è un pericolo per il
conseguimento del suo obiettivo finale: gli Stati Uniti d'Europa. Anche
un nano, un pigmeo come la Svizzera può dare molto fastidio. Perciò
l'UE s'impunta e minaccia rappresaglie (la denuncia di tutti gli
accordi bilaterali) L' UE rimprovera alla Svizzera di essere una
«Rosinenpickerin» (un paese che si sceglie le ciliegine della torta
senza dare nulla in cambio), in parole povere: un'opportunista. Vuole
la crescita economica e il benessere, ma rifiuta gli inconvenienti
della libera circolazione che pure ammette. No, la Svizzera non è
opportunista, o non lo è più di qualsiasi altro partner commerciale. La
Svizzera ha costruito a sue spese un'opera gigantesca e straordinaria,
la nuova galleria del Gottardo, la galleria più lunga del mondo (53
km), costata venti e più miliardi di franchi. Non l'ha costruita per
sé, ma per gli Europei, per l'UE, non certo per collegare più
rapidamente Chiasso a Zurigo e Basilea. Anzi, si è pure dichiarata
disposta a finanziare il raccordo in territorio italiano visto che
l'Italia non se ne interessa o non ha i soldi (che senso ha la Nuova
Trasversale Transalpina se i paesi limitrofi non adattano le proprie
infrastrutture ferroviarie?)
La questione ecologica
Si parla molto di crescita economica, di violazione di accordi, di
libertà fondamentali come la libertà di circolazione. Nessuno che dica
qualcosa sui limiti della crescita. Nessuno che osi dire che la libera
circolazione come l'intende l'UE - o meglio i suoi rappresentanti -
significa la fine degli stati nazionali, delle loro individualità, del
loro patrimonio culturale, di cui la lingua è forse elemento più
importante . Non possono nascere gli Stati Uniti d'Europa con una
trentina di lingue diverse. L'inglese è ormai la lingua franca
universale, e diverrà presto la lingua ufficiale dell'Unione (francese,
spagnolo, italiano, tedesco, portoghese, svedese, finlandese: addio).
Gli stati nazionali - considerati l'origine di tutti i mali - saranno
ridotti a cantoni e regioni dell'Unione, con scarsi poteri (avranno
competenze per secondarie questioni locali). Non inganni l'altisonante
proclama dell'UE: unità nella diversità (un proclama assurdo in quanto
contraddice le leggi della logica, n. del red.) L'accento è posto
sull'unità, la diversità sarà folklore, una macchia di colore,
nient'altro.
Gli Svizzeri hanno votato ieri contro l'immigrazione di massa perché
molti - una minima maggioranza, è vero, ma pur sempre una maggioranza -
hanno capito che il loro paese è minacciato dall'immigrazione
incontrollata e destinato a perdere la sua anima e la sua bellezza -
per miserabili trenta denari. La Svizzera continuerà ad accogliere
immigrati, di cui ha bisogno, ma vuole poter limitarne di nuovo il
numero in base alle sue necessità e alle sua capacità d'accoglienza.
Insinuare che gli Svizzeri siano xenofobi o persino razzisti e biechi
opportunisti è una perfidia inaccettabile.
Viva la Svizzera, viva l'Italia - libere e sovrane.
SERGIO PASTORE
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