eDITORIALE

Il mercato delle donne


di Ida Magli
il Giornale | 07.03.2014

  Oggi si è inceppato l'iter della nuova legge elettorale di fronte a una questione, quella dell'immissione delle quote femminili che, in base anche al clima sociale e politico formatosi negli ultimi tempi, si riteneva fosse ormai un dato pacificamente acquisito. Sono passati molti anni dalle prime accesissime battaglie in proposito e non dovrebbe più essere necessario fermarsi a spiegare come il sistema brutale del «rendere giustizia» ai gruppi svantaggiati, come è stato fatto negli Stati Uniti d'America per i neri e le donne, fissando in partenza le quote a loro riservate nelle sfide politiche, nei concorsi universitari, nelle borse di studio, ecc., pur essendo in apparenza il più semplice e diretto, abbia portato a conseguenze così pesantemente negative da indurre in molti casi gli stessi gruppi «protetti» a rinunciarvi. Conseguenze negative ovviamente per l'abbassamento del prestigio, implicito per coloro che «vincono» in base alle quote riservate.

 Per quanto riguarda l'Italia, però, dove il sistema delle quote arriva soltanto oggi e soltanto nella lotta politica, l'analisi bisogna svolgerla tenendo conto non soltanto delle ricadute negative sperimentate in altri Paesi, ma anche e soprattutto del fatto che le donne ormai sono «arrivate». Arrivate con le proprie forze, senza l'aiuto di nessuno, senza quote, a volte anche dileggiate per la loro volontà di partecipazione alla vita sociale, accollandosi, sia pure brontolando, il famoso «doppio lavoro», quello di casa e quello di fabbrica o d'ufficio. Accettare l'idea delle quote sarebbe un passo indietro, come confessare di essere una specie da proteggere, distruggendo così anni di conquiste che le donne sono riuscite a raggiungere da sole. In molti campi hanno costretto ai margini gli uomini diventando maggioranza o facendosi apprezzare più degli uomini. Nella scuola di ogni ordine e grado, per esempio, l'Istat ci dice che le insegnanti di ruolo sono l'82%; nella medicina di base e in diverse specialità cliniche le donne sono numerosissime e stimate per la loro disponibilità e competenza più degli uomini. Nel campo del giornalismo la situazione è sotto gli occhi di tutti: le inviate da ogni parte del mondo affollano i telegiornali.

 Gli esempi naturalmente potrebbero continuare, ma mi fermo qui: c'è una strana passione di alcuni uomini nel battersi per rivendicare i diritti delle donne nel campo dell'unico Potere che sta loro a cuore, quello maschile per definizione, quello politico, imponendo le quote, la parità. Diffidiamo: sembrano voler dire «gestiamo noi le donne, prima che i posti se li prendano da sé e ci superino». No, fermiamoli noi. Fermiamo tutti, uomini e donne che vogliono imporre le quote, che sono solo il miglior modo per continuare a pensare che le donne siano inferiori.

Ida Magli

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