EDITORIALI


Conoscere il Corano
per non morire di Islam

di Ida Magli
Il Giornale | 21.08.2014


  Le reazioni dei nostri governanti, dei politici, perfino degli ecclesiastici, di fronte alla ossessionante presenza dei musulmani e delle loro gesta sul palcoscenico del mondo, sono veramente sorprendenti.  Tutti i giorni ormai da diversi anni l’Europa discute per un motivo o per l’altro di ciò che accade in Africa o in Medio Oriente, convoca i propri ministri degli Esteri e le Commissioni parlamentari apposite, ma non una sola volta (almeno a quanto ne riferiscono i giornali ) è stata concentrata l’attenzione su ciò cui credono i musulmani, sul loro libro sacro: il Corano. In Italia poi, dove se non altro a causa dell’invasione di islamici dovuta all’immigrazione, il problema è ormai diventato angoscioso e nessuno sa più come affrontarlo, i nostri leader appaiono e si comportano come degli analfabeti tanto da aver concordemente assegnato un unico nome alle migliaia di persone che sbarcano sulle nostre coste: i disperati. Non c’è definizione più sbagliata di questa: se lasciano la propria terra e si affidano a barconi sgangherati a rischio della vita è perché non sono affatto disperati ma al contrario sono sicuri che Allah li ricompenserà, perché è scritto nel Corano che il destino migliore spetta a chi emigra portando la fede in Maometto presso altri popoli, o a chi muore a questo scopo. La verità è che noi siamo come siamo sempre stati: sicuri che gli altri ci somiglino o che debbano assomigliarci. Siccome non siamo più credenti, o al massimo superficialmente credenti, pensiamo che anche la religiosità altrui sia più o meno altrettanto superficiale. In Europa, in Italia è difficile pensare che esista oggi qualcuno così credente da dare la vita per difendere il cristianesimo.  Il Papa infatti se n’è andato in Corea ad esaltare il martirio, anche se è evidente che dovrebbe predicarlo in Europa dato che presto sarà sopraffatta dall’islamismo (la battuta del parlamentare grillino, disposto a farsi saltare in aria per ottenere la liberazione del proprio paese, è appunto una battuta: nessuno ci crede, neanche lui. Chi si fa saltare in aria non dice battute).

 È questo invece un punto fondamentale dell’islamismo: deve diventare la sola religione esistente nel mondo. I nostri politici sono fuori dalla realtà quando parlano di “integrazione” degli immigrati, così come lo sono (anche se sembra un fatto quasi incredibile) i nostri vescovi, i nostri sacerdoti, perfino il nostro Papa quando si abbandonano alla speranza, al sogno del “dialogo”. Dialogo? Quale dialogo? Il Corano lo proibisce. Gli “infedeli”, ossia tutti coloro che non credono in Maometto, si debbono convertire, ma se non si convertono, sono dei nemici e devono essere trattati come nemici: “Io (il Signore) getterò il terrore nel cuore di quelli che non credono, e voi colpiteli sulle nuche (decapitateli) e recidete loro tutte le estremità delle dita.” (Sura VIII)

 Siamo costretti perciò a “sospettare” che i nostri governanti non abbiano mai letto il Corano. È come dire che vogliono parlare con gli stranieri usando la propria lingua, l’ italiano. Così, per esempio, nominano con disinvoltura prettamente occidentale e politicamente corretta una persona di sesso femminile e che, come tutti gli altri politici, ha una conoscenza superficiale della religione islamica, alla carica di ministro degli esteri. Lo fanno con una tale sicurezza che potrebbe perfino indurre a ridere, se non si trattasse di una cosa importantissima e che riguarda il nostro destino. I nostri problemi più gravi, infatti, quelli affidati alla bravura della diplomazia, sono quasi totalmente problemi con paesi non occidentali: Africa, India, Medio Oriente. Paesi in cui le donne sono considerate inferiori agli uomini, impure, intoccabili, come appunto per i musulmani. Con quale buon senso si può mandare a “trattare” affari importantissimi, che riguardano gli Stati, una persona cui nessun Capo stringerà la mano per non contaminarsi?

 È evidente, dunque, che oggi il problema islamico è per l’Occidente, ma in particolare per l’Italia, data la sua posizione geografica e data la presenza del Papato, non soltanto il più grave, ma il più sottovalutato. Non si può più perdere neanche un minuto: cominciamo dal Corano. 

Ida Magli
Roma, 20 agosto 2014

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