eDITORIALE
Una strana elezione papale
di Ida Magli ItalianiLiberi | 15.03.2013 Nessun
Papa fino ad oggi ha osato chiamarsi Francesco. Assumere un nuovo nome
significa identificarsi in qualche modo con la persona che portava quel
nome, prenderla a propria guida. Ma certamente Francesco d’Assisi
sarebbe scappato via inorridito davanti allo spettacolo (è questa la
parola giusta: “spettacolo”) in cui si è esibito il Vaticano per
l’elezione del nuovo Papa. Francesco si sarebbe spogliato, messo nudo
davanti a tutti, nel vedere l’abbigliamento sfoggiato dai Cardinali,
attori in lenta fila compunta sul palcoscenico dell’intero mondo. Non
sappiamo neanche immaginare quanto costino tessuti, damaschi, fili
d’oro, merletti, gioielli, fabbricati appositamente per loro, ma è
certo che Francesco avrebbe pianto di orrore e di vergogna davanti ai
seguaci di Gesù vestiti come gli antichi Faraoni delle cui magnificenze
gli ebrei si erano innamorati.
Doppio, tragico tradimento che si perpetua da duemila anni:
identificarsi con gli ebrei e copiarli in ciò che Gesù ha condannato
come il peggiore dei mali: le ricchezze del tempio e la maniacalità
rituale. “Non ripetete parole!” Questo grido di Gesù risuonava
tristemente nella mente e nel cuore di coloro che guardavano lo
svolgersi puntiglioso di una ritualità che è negazione del Vangelo, ma
che afferma così il proprio potere. I riti, infatti, servono a questo,
sono nati per questo: porre la separazione fra il Sacro e il profano,
segnare la potenza di chi, gestendo il Sacro, sta sopra al popolo, lo
comanda e lo giudica. È il motivo per il quale i sacerdoti, sempre e
ovunque, a qualsiasi religione appartengano, indossano abiti
particolari, con significati simbolici, funzionali all’accadimento
magico, potente, senza alcuna differenza fra i Cardinali in Conclave e
gli Stregoni-Sciamani altaici o africani, cui del resto somiglia
l’abbigliamento cardinalizio perché viene dall’antico Egitto. Nella
storia della Chiesa si è presentata diverse volte la ribellione alla
ritualità e alla sua pompa, ribellione di cui Francesco è stato il
massimo testimone, ma inutilmente. Il problema non è la ricchezza,
infatti, ma il “potere”. Al potere i sacerdoti non rinunciano mai.
I commenti alla nomina dell’argentino Jorge Mario Bergoglio sono
stati tutti positivi, almeno quelli espressi in pubblico, ma
sicuramente il gruppo degli sconfitti starà affilando le proprie armi.
Si è trattato, infatti, di un tentativo, con l’elezione di un Papa non
europeo, di liberarsi dal predominio del nido di vipere arroccato
nella Curia vaticana e nei suoi dintorni. Non si vede però nessun altro
motivo di speranza per una vera trasformazione della Chiesa in senso
evangelico. Le tante riflessioni e proposte che si sono susseguite
negli ultimi anni dall’interno stesso delle strutture ecclesiastiche e
pubblicate dalle loro più ortodosse case editrici (Paoline e Dehoniane
soprattutto) per ricondursi sulla strada della povertà, della
predicazione del Vangelo, abbandonando anche la gestione diretta
dello Stato Vaticano, sono state spazzate via di colpo con il messaggio
mandato attraverso l’elezione di un Gesuita al soglio pontificio e
attraverso la pompa spettacolare e studiatissima esibita per la sua
investitura: la Chiesa è quella di sempre e nulla può scalfirne il
potere e l’autorità. I Gesuiti hanno come proprio particolare
compito fin dalla nascita quello di fare la guardia al Papato;
proteggere, difendere, sostenere il Papa. Adesso la guardia ha preso il
posto del Sovrano…
Ida Magli Roma, 15 Marzo 2013 (In caso di riproduzione si prega di citare la fonte e di aggiungere il link a questa pagina) |
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