eDITORIALE
Scusarci per Lampedusa
è un grave errore
Apologizing for Lampedusa: a serious mistake
di Ida Magli il Giornale | 10.10.2013
La
società italiana è fra le più avanzate sul piano scientifico,
giuridico, artistico, tecnico. Quello che non possiamo, e non vogliamo
fare, è essere costretti a comportarci come se, viceversa, fossimo
poveri selvaggi, privi di capacità razionali che di fronte alle
calamità si gettano in terra, gridando le proprie colpe al cielo e il
proprio dolore al mondo nella speranza che la prossima volta il cielo e
il mondo siano più clementi. I nostri governanti perciò la smettano di
comportarsi come sciamani in terra d’Africa, con bandiere a mezz’asta
legate al bastone alzato a supplicare gli Dei e i minuti di silenzio
invocati col triplice suono del corno. Adesso basta menzogne. Vogliamo
affrontare la questione degli immigrati a Lampedusa con la razionalità
con la quale siamo allenati a risolvere le questioni in Italia, non con
la mentalità di chi in Africa invoca le piogge. I morti di Lampedusa
non li abbiamo ammazzati noi. Non erano italiani, venivano in Italia di
propria volontà, senza autorizzazione, senza un lavoro, ma anche senza
una necessità assoluta di scappare : non erano inseguiti dal nemico,
avevano la propria casa e, come quasi ovunque in Africa, non mancavano
né di cibo né delle cose indispensabili alla sopravvivenza. L’Africa,
infatti, è povera soltanto perché gli africani non fanno nulla per non
essere poveri e non sono capaci di organizzarsi. Si sono imbarcati
spendendo grosse cifre sotto la spinta di specifiche organizzazioni
criminali che in Africa tutti conoscono benissimo così come sanno che
entrare in Italia senza autorizzazione significa mancare a quella che
non soltanto in Italia, ma in ogni paese, in ogni parte del
mondo, è una legge iscritta fin dalle origini della società umana
nel cuore, nella mente e nel diritto di ogni essere umano: la propria
casa, la propria tenda, la propria grotta, la propria tettoia, il
proprio paravento, è inviolabile. Nessuno vi può e vi deve entrare
senza essere invitato da colui che vi abita e non può occupare neanche
lo spazio della sua ombra. Non è mai stato necessario spiegarlo perché
tutti gli uomini, dall’età della pietra in poi, l’hanno sempre saputo,
anche quelli che vengono a Lampedusa. Lo straniero, l’estraneo,
possiede un suo “mana”, lo porta con sé e, positivo o negativo che sia,
non può “contagiarlo” agli altri senza che gliene sia stato dato il
permesso. Il territorio dell’Italia è la casa degli italiani. In
nessuna casa italiana si può entrare, neanche la polizia lo può, senza
autorizzazione. Chi lo fa è un criminale che la giustizia italiana
condanna, anche se non ha rubato nulla. Non c’è nessuna casa, anche
piccola e povera, che non abbia, in Italia, uno stuoino davanti alla
porta: lo stuoino è il segnale, non che devi pulirti le scarpe, ma che,
passandoci sopra, ti decontamini per entrare in uno spazio “altro”, lo
spazio sacro della persona che vi abita.
I nostri governanti esercitano una terribile violenza nei
confronti degli Italiani costringendoli a subire ogni giorno
l’invasione di stranieri e caricando sulle loro spalle le sfortune di
tutti costoro come se ne fossero responsabili. I ragazzi che in classe
hanno dovuto osservare il minuto di silenzio per i morti di Lampedusa
se ne sono meravigliati, hanno chiesto una spiegazione ai loro
insegnanti: perché? Non abbiamo mai fatto il minuto di silenzio neanche
per i nostri ragazzi morti in Afganistan,eppure erano italiani, erano
stati uccisi per servire l’Italia, per servire noi.
Ida Magli 9 ottobre 2013
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