eDITORIALE
Quando i governanti perdono la testa
di Ida Magli ItalianiLiberi | 16.12.2012 Nella
nostra Costituzione non è previsto che cosa si debba fare se i
governanti perdono la testa. Eppure qualcosa dovremo pur fare di fronte
ad una situazione politica in cui ogni dato della realtà è in
contraddizione con ciò che i governanti perseguono sfruttando senza
remore il proprio potere. Questo è, infatti, “perdere la testa”: agire
al di fuori della realtà. La realtà di una democrazia dovrebbe essere
quella in cui i parlamentari “rappresentano” e mettono in atto la
volontà dei cittadini nel perseguimento del bene comune. Se guardiamo
però a quanto viene detto e fatto dai vari esponenti della vita
politica italiana, ci rendiamo conto facilmente che nulla più
corrisponde a questo presupposto. I sondaggi dicono che sette italiani
su dieci non vogliono un nuovo governo Monti, ma Berlusconi (e insieme
a lui la platea quasi al completo dei politici e dei giornalisti che
contano in Italia e in Europa) lo vuole tanto da affermare: io rinuncio
purché si faccia avanti lui.
I dati dicono che il “debito” dello Stato, per abbassare il quale
era stato chiamato l’uomo della provvidenza e molti italiani si sono
suicidati, ha superato la vetta dei duemila miliardi, e tuttavia
Berlusconi, imprenditore che elimina immediatamente dalle sue
emittenti un programma in rosso di ascolti, vuole che Monti continui a
governare e ad accumulare debito sulle spalle degli italiani. I dati
dicono che la disoccupazione è cresciuta, che le industrie sono ferme,
che il mercato delle abitazioni è crollato, che gli italiani hanno
venduto anelli e collanine per pagare le tasse di fine anno, ma
Berlusconi ritiene che l’unica vera disgrazia sia per l’Italia
l’eventuale vittoria della Sinistra alle prossime elezioni e che deve
essere Monti a salvarci da tale disgrazia. Sarà necessario dunque
spiegargli che è l’Europa la “Sinistra”. Come ha affermato diversi anni
fa l’esule russo Bukowski, l’Unione europea è come l’Unione sovietica.
Infatti persegue l’internazionalizzazione mondiale eliminando gli Stati
nazionali e ha basato l’Unione sul trattato di Maastricht, ossia sul
primato delle strutture economiche, attraverso le quali si ottiene la
soggezione e il controllo di ogni comportamento dei cittadini. Se non
si vedono i fucili è soltanto perché nelle democrazie non ce n’è
bisogno: tutti obbediscono. Si suicidano magari, ma obbediscono. Deve
essere chiaro, però, che i 50 euro di libertà dal controllo dello Stato
sono molto più coercitivi che non i passaporti interni vigenti nella
Russia staliniana: con 50 euro non puoi muoverti da casa tua.
C’è però un “passaggio” fondamentale, a livello culturale e
simbolico prima che politico, di cui finora non è stata fatta
l’analisi: il gioco del parlamentarismo oppositivo non vale più. Il
processo è cominciato con il ’68, momento di consapevolezza, molto più
che di ribellione, delle basi di ogni cultura e di ogni istituzione. Il
frutto maggiore di questa consapevolezza è stato il femminismo. Le
donne sono diventate “soggetto” della società alla pari con i maschi e
questo ha ovviamente fatto decadere tutti, o quasi tutti, i significati
culturali tanto nel concreto quanto nel simbolico. A cominciare dal
sistema delle opposizioni. Maschio-femmina, sacro-profano,
destra-sinistra, collegati fra loro dalla positività e negatività dei
poli sono “saltati”, non valgono più. Quindi ciò che è in crisi da
lungo tempo è il sistema parlamentare in sé e non, come si è tante
volte ripetuto, le ideologie politiche o i partiti. Lo dimostra nel
modo più convincente l’improvviso destarsi del dibattito politico non
appena Berlusconi è tornato sulla scena. Berlusconi non ha
rappresentato mai il polo oppositivo perché appunto nel ‘94 il polo non
esisteva già più. L’antiberlusconismo, perciò, non ne poteva prendere
il posto e la furia con la quale la Sinistra voleva toglierlo di mezzo
testimonia della inconsapevole falsità della situazione, non ne
ammetteva la legittimità oppositiva. Del resto anche Berlusconi ha
sempre definito se stesso e i suoi adepti in modo strano. “Destra”? No,
Berlusconi non ha mai voluto definirsi di destra; “centro–destra”? No,
Berlusconi è il primo a capire che centro-destra non ha senso. Di qui
le peripezie di Casini e della Lega. Casini perché nel sistema
oppositivo il centro non esiste e deve quindi sempre collegarsi o con
la destra o con la sinistra, e la Lega perché non si riconosce in
nessun polo (sarà divertente scoprire dove si collocheranno i Grillini
nella prossima aula parlamentare). I “moderati”, poi, non si sa proprio
cosa siano. Moderati in confronto a che? E’ evidente che si tratta di
una definizione fuor di senso, tanto è vero che Berlusconi tifa per un
“moderato” così assoluto nei suoi scopi che non si ferma neanche
davanti ai suicidi.
Le conseguenze della caduta del sistema logico oppositivo sono
vastissime e richiederebbero una riflessione approfondita, ma
nell’immediato abbiamo una sola domanda da porci e alla quale non
sappiamo come rispondere: che faremo se i politici continueranno a
inseguire i propri ideali senza tener conto della realtà?
Ida Magli 15 Dicembre 2012 (In caso di riproduzione si prega di citare la fonte e di aggiungere il link a questa pagina) |
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