eDITORIALE
E adesso siamo ostaggi
del Parlamento di Berlino
di Ida Magli il Giornale | 13.09.2012 Tutti
felici, dunque. Non ne manca uno, di quelli che hanno fatto la propria
fortuna esclusivamente sedendosi sulle poltrone create dall’Unione
europea, che non manifesti la sua soddisfazione per la decisione della
Corte tedesca che ci autorizza ad indebitarci fino al collo. I popoli
tacciono, come sempre quando si tratta dell’Ue. Nessuno chiede loro un
parere, tanto meno un consenso. E come potrebbero, in ogni caso,
rallegrarsi della possibilità di aumentare i propri debiti mettendosi
sotto il tacco di potenti usurai? L’entusiasmo quindi riguarda soltanto
coloro che vivono dell’Ue e vi spadroneggiano. Guarda caso, si sono
cooptati tutti fra loro; nessuno è stato eletto; non “rappresentano”
altro che se stessi. L’unica eccezione è la signora Merkel, ma il caso
della Germania è del tutto particolare e al tempo stesso la migliore
prova di quale sia uno dei maggiori scopi della costruzione europea:
distruggere gli Stati nazionali mettendo a guardia dell’operazione la
nazione che più di ogni altra deve essere distrutta e che non verrà mai
meno a questo compito perché non potrà mai cancellare la sua colpa, lo
sterminio degli Ebrei. Nessuno, infatti, è più prigioniero di colui che
fa il carceriere della prigione.
L’ex signor Nessuno, José Manuel Barroso, Presidente della
Commissione europea, ha alzato il dito minaccioso contro chiunque si
permetta di dubitare da oggi in poi dell’irreversibilità dell’euro e si
appresta con severa solerzia a mettere in riga tutti i sudditi
dell’impero. Del Capo del governo italiano è inutile sottolineare la
soddisfazione: è praticamente nato e vissuto nelle strutture dell’Ue e
nessuno “ha fatto i compiti a casa” (come suole affermare con puerile
spirito di sottomissione) meglio di lui. E che dire della signora
Merkel? Abilissima equilibrista fra la doppia e contraddittoria
missione d’incoraggiare allo sforzo solidale i riluttanti membri
dell’Unione e al contempo convincere i suoi poveri connazionali che si
tratta del loro stesso interesse, vede finalmente premiata la sua
femminea strategia. Non si è ancora sentita la voce del signor Draghi
ma, data l’eleganza del suo stile, si può supporre che taccia per non
mettere in eccessivo rilievo le proprie vittorie.
Insomma, detto brutalmente: nel caso si fosse disgregata
l’Unione, nell’eventualità che l’euro fosse sparito, che fine avrebbero
fatto tutti costoro? Giustamente si rallegrano perché da due anni a
questa parte sono stati sulla graticola della continua incertezza sul
destino dell’euro e di conseguenza dell’Unione. Avevano appena tirato
il fiato, alla fine del 2010, con la stiracchiata ratifica di una
pseudo Costituzione (il trattato di Lisbona, prudentemente sottratto ai
referendum popolari ovunque non fosse obbligatorio) quando la bufera
economica, i fallimenti delle loro amatissime banche, li hanno
risospinti in alto mare e se la sono vista davvero brutta tanto che,
riflettendo sull’evidente pericolo di una totale disfatta del progetto
europeo, hanno deciso tutti insieme che l’unica soluzione possibile era
quella di prendere direttamente in mano il potere sugli Stati membri,
sottraendolo, più o meno visibilmente, ai singoli Parlamenti. Come
farlo? Semplice: con il denaro, con il “Debito”. Non che il denaro non
sia stato adoperato con grande abbondanza anche in precedenza.
L’adesione di molti degli Stati, soprattutto dei meno entusiasti, è
stata “incoraggiata” tramite generosi finanziamenti di vario genere
(uno degli esempi più vergognosi è stato il finanziamento
all’agricoltura dell’Irlanda che, avendo detto di no al primo
referendum per l’adesione, si è così decisa a dire di sì al secondo. Il
reato di corruzione esiste soltanto per i cittadini).
Adesso, però, la situazione richiedeva il massimo della
competente astuzia dei banchieri, dei più abili giocatori, quelli che
sanno giocare in borsa. Individuato il punto di attacco nell’eccessivo
debito di alcuni Stati, fra i quali l’Italia per la sua importanza come
immagine e come posizione strategica, è incominciato il gioco del tira
e molla nella concessione di prestiti, per rafforzare con singoli patti
quali il Fiscal Compact e il Fondo salva stati la dipendenza dal potere
dell’Unione. Angela Merkel e Mario Draghi soprattutto sono stati
bravissimi nel passarsi la mano nel gioco del poliziotto buono e il
poliziotto cattivo, di volta in volta uno facendo la faccia feroce e
l’altro fingendo di inventarsi mirabili concessioni e viceversa; alla
fine, però, stringendo sempre di più il cappio europeo intorno al collo
dell’indipendenza e della sovranità degli Stati. Poteva forse la Corte
tedesca mettere fine al gioco? Suvvia! Ha con tutta evidenza
ratificato e rafforzato la sudditanza e l’interdipendenza degli Stati
in cattività mettendo in ogni caso al sicuro il voto decisivo della
Germania attraverso un limite, quello di 190 miliardi di euro, che è lo
stesso con il quale la Germania contribuisce al Fondo salva stati.
Per comprendere tutto questo non ci vuole molto: basta
riflettere sui dati. La Banca centrale europea non è quello che dice il
suo nome, ossia non dipende dagli Stati dell’Ue. E’ una banca privata
di cui i maggiori “azionisti” non sono le banche degli Stati membri,
che vi partecipano in piccola parte, ma alcune delle persone più ricche
del mondo, fra i quali i Rothschild, i Rockfeller, la regina d’Olanda,
del Belgio, della Spagna, del Regno Unito, e anche il signor
Draghi. Naturalmente hanno uno scopo nell’impegnare i propri soldi.
Vogliono accentrare sempre di più le ricchezze in poche mani,
eliminando i rischi connessi con l’amministrazione politica degli Stati
e giungere forse così ad un’amministrazione economica planetaria.
L’unificazione degli Stati d’Europa è, almeno per ora, il più bel
frutto della loro strategia.
Ida Magli 12 Settembre 2012
|
|