eDITORIALE
Così il luciferino Pannella è riuscito a rubarmi la vita
Danilo
Quinto si converte e subito viene trasformato in impostore: "Ho portato
45 milioni di euro in 10 anni: vi racconto come li sperperava"
di Stefano Lorenzetto il Giornale | 22.07.2012 Il
re è nudo. Nudo come quella volta che ricevette un attonito Gaetano
Quagliariello, facendosi trovare in ammollo nella vasca da bagno a
piagnucolare: «Vorresti dimetterti proprio ora e lasciarmi così? Non ti
rendi conto del dolore che mi dai?», e l'attuale senatore del Pdl non
riuscì a dire nulla, «capii solo che dovevo sottrarmi e scappare»,
avrebbe confessato anni dopo. È devastante il ritratto di Marco
Pannella che esce dalle 208 pagine del libro Da servo di Pannella a figlio libero di Dio,
scritto da Danilo Quinto, per dieci anni tesoriere del Partito
radicale, edito da Fede & Cultura e dedicato alla «più formidabile
macchina mangiasoldi della partitocrazia italiana», così il
sottotitolo, «una famiglia allargata dove tutto ciò che era privato
diveniva anche pubblico, dove ci si accoppiava e ci si cornificava fra
di noi, dove il massimo della gratificazione era salutare Pannella
baciandolo sulle labbra quando si presentava alle riunioni mano nella
mano con l'ultimo dei suoi fidanzati ventenni e lo imponeva come futuro
dirigente o parlamentare». Anche Quinto a un certo punto della propria
vita ha capito che doveva svincolarsi dall'abbraccio soffocante del suo
attempato pigmalione e fuggire.
Alla fine c'è riuscito. Ma a che prezzo: «Tre gradi di giudizio nel
tempo record di quattro anni, con una sentenza della Cassazione che,
pur riducendomi la pena di oltre la metà e concedendomi il beneficio
della non menzione, mi condanna a 10 mesi per appropriazione indebita,
consentendo a Pannella di darmi pubblicamente dell'impostore,
dell'estorsore e del millantatore. Peggio di Luigi Lusi, insomma».Il
leader radicale dimentica di aggiungere che dev'essere anche un vero
cretino, questo Quinto, che dal 1995 al 2005 ha procurato al partito
finanziamenti per ben 45 milioni di euro, ne ha maneggiati 19.651.357
di entrate e 20.976.086 di uscite, eppure si sarebbe degnato di
mettersi in tasca solo un misero 0,32% di questo fiume di denaro, cioè
206.089,23 euro, «spese effettuate con la carta di credito, facenti
parte del mio stipendio, sulle quali ho persino pagato le tasse, tutte
regolarmente contabilizzate, oggetto di ricevute e dichiarate nei
bilanci approvati dai vari congressi», ma sulle quali la magistratura
in primo grado ha evitato di ordinare una perizia nonostante l'imputato
non si rifugiasse nella prescrizione, e sarebbe arrivato a sgraffignare
l'astronomica somma di 2.151,77 euro nell'ultimo anno in cui era in
carica, e oggi è costretto a vivere della sua povertà: «Non possiedo
una casa e neppure un'auto, non ho un conto corrente, sono indebitato
fino al collo, ho dovuto abbandonare Roma e rifugiarmi nella natìa
Bari, mantengo la famiglia con un contratto a progetto da 1.200 euro al
mese che scadrà il 31 dicembre, non avrò mai diritto alla pensione».
Peccato che Pannella si sia accorto solo dopo vent'anni che il suo
collaboratore di fiducia era «un impostore dedito ad attività
truffaldina», nonostante la conclamata bravura nel reperire tutti i
mesi i soldi per pagare gli stipendi ai 150 dipendenti del Partito
radicale. Una resipiscenza sopraggiunta peraltro solo il giorno in cui
Quinto ha avviato una causa per vedersi riconosciuto dai giudici il
dovuto, e cioè 6 milioni di euro, poi ridotti a 2: «Vent'anni di lavoro
occasionale per 13-14 ore al giorno, senza contratto, senza contributi
versati all'Inps, senza ferie, con presenza in sede anche il sabato, la
domenica, a Natale, a Capodanno, a Pasqua. Aggiunga il mancato
riconoscimento del rapporto subordinato, il mancato adeguamento dello
stipendio al ruolo dirigenziale e la mancata corresponsione del Tfr».
La causa è pendente davanti alla Corte d'appello di Roma. Quinto, 56
anni, giornalista, un esame mancante alla laurea in giurisprudenza, s'è
persuaso che il re nudo sia la personificazione di Satana e assicura
d'averne avuto una controprova il giorno in cui, dimessosi
dall'incarico di tesoriere, andò a ritirare le sue poche cose nella
storica sede romana dei radicali, in via di Torre Argentina, dove ha
lavorato, ma sarebbe più esatto dire vissuto, dal 1987: «Mi ero fatto
accompagnare da padre Francesco Rivera, un esorcista. All'uscita mi
disse: Sai, Danilo, ho avvertito molto forte la presenza del diavolo
in quelle stanze. Ringrazia Dio che ti ha salvato». La salvezza s'è
presentata a Quinto con le sembianze di Lydia Tamburrino, un soprano
originaria di Cassino cresciuta alla scuola di Franco Corelli, Placido
Domingo e Montserrat Caballé, una credente dalla fede adamantina che
l'allora tesoriere del Pr conobbe in una villa sull'Appia Antica, a una
proiezione privata del film Diario di Matilde Manzoni di Lino
Capolicchio, regista col quale la cantante lirica aveva esordito a
Lucca in Bohème. «Fu un colpo di fulmine. Quando annunciai a Pannella
che stavo per sposarmi, ammutolì. Come osavo? Non avevo chiesto il suo
permesso! È una che conosciamo?, borbottò. Alla mia risposta,
commentò con tono di scherno: Ah, allora potrà fare degli spettacoli
per noi. Da quel despota che è, già considerava anche Lydia di sua
proprietà. Non credo proprio, lo raffreddai. Lì cominciò la guerra per
annientarmi». Profumo d'incenso e odore di zolfo, si sa, non vanno
d'accordo. Forse Pannella aveva fiutato il pericolo che quella donna
incarnava. Infatti sarebbe stata lei a convincere il marito che non
doveva più lavorare per il Partito radicale, a farlo riaccostare alla
confessione dopo 30 anni, a riportarlo a messa tutte le domeniche. «Al
nostro matrimonio religioso non venne nessuno degli amici con i quali
avevo condiviso un ventennio di vita, a parte l'ex segretario Sergio
Stanzani, che si presentò all'aperitivo e solo per un quarto d'ora».
Avrà temuto le ire del capo. «Sergio era succube di Pannella. Quando
nel 1995 fu deciso che gli esponenti radicali dovevano denudarsi
pubblicamente al teatro Flaiano di Roma, era terrorizzato: Se non lo
faccio, Marco non mi candiderà alle prossime elezioni. Gli consigliai
di andarsene in vacanza per evitare il ricatto. Ma il richiamo
manipolativo del capo era troppo forte. Che tristezza vedere un uomo di
72 anni nudo in palcoscenico contro la sua volontà, con le mani sul
pene, rannicchiato dietro un albero stilizzato. Se ci pensa bene, il
corpo è al centro di tutta l'ideologia pannelliana, che vuole decidere
come disporne e decretarne la morte, come garantirne la trasformazione
nel corso della vita per assecondare le più disparate identità
sessuali, come abusarne con sostanze che lo devastano. In una parola,
non rispettarlo, consumarlo». I digiuni estremi bene non fanno.
«Estremi ma furbi. Il suo medico di fiducia mi svelò che quando
Pannella decise di bere la propria urina davanti alle telecamere del
Tg2, la sera prima la fece bollire e conservare in frigo per attenuarne
il sapore». In compenso nel 2002 persino il presidente della Repubblica
si preoccupò delle condizioni di salute del guru e chiamò in diretta
Buona domenica per indurlo a sospendere lo sciopero della sete. «Povero
Carlo Azeglio Ciampi! Conservo il nastro di una riunione di partito -
c'era questa mania di far registrare tutto, degna del Kgb - in cui
Pannella gli dà della testa di cazzo. Un déjà vu. Marco è stato il
grande elettore di Oscar Luigi Scalfaro al Quirinale, salvo definirlo
don Rodrigo, eversore e fuorilegge quattro anni dopo, invitandolo a
fare un passo indietro, fino al limite della galera». Se è per
quello, costrinse con accuse false il povero Giovanni Leone alle
dimissioni e poi andò a chiedergli scusa poco prima che morisse. «Ora
coccola Giorgio Napolitano e ne loda la davvero straordinaria,
quotidiana, pubblica, sapiente opera e fatica. Però negli ultimi
giorni ha cambiato musica. Siccome, stando a Italia Oggi, il mio libro
avrebbe stoppato la campagna per la sua nomina a senatore a vita, si
lamenta a Radio Radicale perché il capo dello Stato non è un liberale,
è un ex comunista di cultura togliattiana. Lui fa sempre così: quando
vuole ottenere qualcosa, minaccia». Pannella è iscritto alla
massoneria? «Non penso. Però mantiene con essa rapporti strettissimi.
Del resto Giorgio Gaber nel monologo L'abitudine diceva: Io, se fossi
Licio Gelli, mi presenterei nelle liste del Partito Radicale. Il capo
della P2 fu sul punto d'essere candidato dal Pr come una qualsiasi
Cicciolina. A questo scopo suo figlio Maurizio ebbe una serie
d'incontri con Pannella in un albergo romano di via Veneto. Posso
testimoniare che Gelli junior è stato un grande finanziatore del
partito». Che altro può testimoniare? «Che Radio Radicale ripianava i
debiti della Lista Pannella col denaro ricevuto dallo Stato. Non poteva
farlo, era contro la legge. Con una convenzione ad hoc e senza gara
d'appalto, Radio Radicale dal 1998 incassa 10 milioni di euro l'anno
per mandare in onda le sedute parlamentari che potrebbero essere
trasmesse gratis dalla Rai. In più la legge sull'editoria le garantisce
altri 4,3 milioni di euro in quanto organo della Lista Pannella, che
peraltro non ha eletti in Parlamento. Ho denunciato tutto questo allo
stesso procuratore della Repubblica che mi ha rinviato a giudizio. A
tutt'oggi non mi è stata neppure comunicata l'archiviazione
dell'esposto. Come se non l'avessi mai presentato». Perché i radicali
erano indebitati? «Pannella spende patrimoni per le sue carnevalate. La
sola campagna Emma for president del 1999 per candidare la Bonino al
Quirinale ci costò 1,5 miliardi di lire. All'annuncio che Marco voleva
la sua cocca sul Colle, lei svenne o fece finta di svenire, non s'è mai
capito bene, durante una riunione notturna in un albergo di Monastier,
nel Veneto. Ha sperperato un mare di quattrini nel disegno megalomane e
fallimentare del Partito Transnazionale, che aveva 20 sedi nel mondo,
da Baku, nell'Azerbaigian, a New York, dove mi spedì a lavorare per sei
mesi. Fu lì che vidi i solidissimi rapporti esistenti fra la Bonino [nominata Commissario europeo insieme a Mario Monti dal Governo Berlusconi - nota di I.M.],
frequentatrice con Mario Monti del Gruppo Bilderberg, e lo
spregiudicato finanziere George Soros, il quale nel 1999 prestò un
miliardo di lire ai radicali. E fu lì che lessi il fax inviato da
Pannella alla stessa Bonino quando la fece nominare commissaria europea
nel 1994: Cara principessa, ora tutti s'inchineranno ai tuoi piedi».
Oltre che spendaccione, che tipo è Pannella? «Un pusillanime.
Nell'ultimo colloquio che abbiamo avuto, teneva gli occhi bassi.
Riaffermando la mia fede cristiana, riconquistavo la libertà, e questo
gli metteva paura. Pur sapendo quale vendetta mi attendeva, ho provato
molta pena per lui. Qualche tempo dopo Lydia lo ha incontrato per
strada nei pressi di via del Tritone. Pannella le ha voltato le spalle
fingendo di guardare le vetrine d'un negozio di strumenti
d'acconciatura per donna. E dire che allora non portava la fluente coda
di capelli bianchi che oggi tiene annodata lungo la schiena. Non ha
avuto il coraggio di girarsi neppure quando mia moglie ha recitato ad
alta voce, perché lui sentisse, il Padre nostro e l'Ave Maria». Solo
pusillanime? «Intelligente. Grande manipolatore. Ha attraversato 50
anni di politica italiana stando sempre nel ventre caldo della vacca,
la partitocrazia, fingendo d'esserne fuori e di combatterla. La sede
vera del Partito radicale è casa sua, in via della Panetteria, vicino
alla Fontana di Trevi, frequentata assiduamente dai tre o quattro
uomini che ha amato nel corso della sua vita. L'approvazione e
l'esaltazione dell'omosessualità e della bisessualità non solo è
connaturata al mondo radicale, ma rappresenta lo strumento attraverso
il quale si formano le carriere politiche».Eppure cita in continuazione
le Sacre Scritture. «E che cosa sa fare il diavolo, se non cercare
malamente d'imitare Dio? Da anni usa una sua foto, scattata durante un
incontro con Papa Wojtyla al quale partecipavano il dc Flaminio Piccoli
e molti altri parlamentari, per vantarsi d'aver avuto un filo diretto
con Giovanni Paolo II. Sostiene persino che il Pontefice ascoltava le
sue concioni a Teleroma 56. Mi dispiace che Giovanni Maria Vian,
direttore dell'Osservatore Romano, sia andato a farsi intervistare da
Radio Radicale per confermare quest'amicizia inesistente. Fa il paio
con la stoltezza di don Gianni Baget Bozzo, pace all'anima sua, che lo
venerava e diceva di lui: Pannella in realtà è una figura interna alla
cristianità italiana, non è un politico: è un profeta». Lei sta
demolendo la persona alla quale ha consacrato metà della sua vita. «Lo
so, e mi considero per questo un grande peccatore, che ha alimentato
l'opera di devastazione che Pannella ha compiuto sull'identità
cristiana di questo Paese. Ha confuso la libertà col desiderio. Ha
portato l'Italia a non distinguere più il bene dal male. Ha distrutto
milioni di vite umane con l'ideologia abortista. Per questa ragione
combatte la Chiesa. Nella sua intelligenza luciferina, sa che gli
sopravviverà». Questo è sicuro. «Prigioniero di un delirio
d'onnipotenza, a 82 anni sta evitando i conti con una categoria che non
gli appartiene: la morte. Dovrebbe pregare, come fa mio figlio che di
anni ne ha appena 7».
stefano.lorenzetto@ilgiornale.it
fonte: http://www.ilgiornale.it/news/interni/cos-luciferino-pannella-riuscito-rubarmi-vita.html
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