eDITORIALE
Prigioniera del padre islamico di Ida Magli il Giornale | 16.04.2011
La
storia di Jamila, quattordicenne pakistana trapiantata in una scuola di
Brescia, è tragica e commovente. Bella, dolce, nascosta nel segreto del
suo abito tradizionale e nella compostezza di un comportamento così
diverso da quello delle ragazze d’occidente, attrae un po’ troppo,
forse proprio per questo, l’interesse e gli sguardi dei compagni
maschi. Allieva brava e diligente, accumula però assenze su assenze
così che alla fine rischia di essere bocciata e di non riottenere il
permesso di soggiorno. Non è difficile capire il perché. I padri, i
fratelli, titolari di un’assoluta autorità sulle donne nelle famiglie
musulmane, come prima precauzione da qualsiasi pericolo di rapporto
sessuo-affettivo con stranieri, impediscono a Jamila, già promessa in
matrimonio come quasi tutte le ragazze ad un parente del suo paese, di
frequentare la scuola e la tengono chiusa in casa. Gli insegnanti se ne
preoccupano, lasciando numerosi messaggi sul telefono dei genitori; le
compagne di classe le mandano le ricariche per il cellulare per non
lasciarla sola, ma è evidente che il problema di Jamila è molto più
grande di lei, dei suoi amici, dei suoi insegnanti. E’ più grande anche
dei suoi genitori e parenti perché le radici si trovano nell’Antico
Testamento di cui il Corano ha assunto in pieno i primi cinque Libri.
Sono attive, perciò, le prescrizioni del Genesi e del Levitico,
prescrizioni che risalgono ai costumi e alle credenze dei pastori
nomadi dei tempi di Mosè e la tradizione sociale di un mondo nel quale
l’unica legge valida è quella del Libro sacro.
Il
conflitto, dunque, è qui, fra il Libro sacro e noi. E’ in causa perciò,
lo Stato laico con le sue leggi di parità fra l’uomo e la donna, di
diritto allo studio per tutti, di tutela dei più deboli come Jamila. E'
in causa, però, anche, l’eccessiva disinvoltura con la quale i politici
non hanno tenuto nessun conto dei tanti avvertimenti sulla difficoltà
di tener fede allo sbandierato rispetto per le differenze etniche,
religiose, culturali. Le differenze sono insuperabili quando ci si
scontra con il Sacro, con la fede in un Dio. La famiglia di Jamila si
attiene alle proprie norme quando la obbliga a obbedire alla sua
autorità, compresa quella di sposare l’uomo cui è stata destinata. Si
tratta adesso per lo Stato di passare ai fatti, ossia di far prevalere
le nostre leggi su quelle musulmane e di cogliere la vicenda di Jamila
come la giusta opportunità per fissare una norma generale, valida per
tutte le “ Iamile” che già vivono e che vivranno presso di noi.
Jamila è segregata in casa? I magistrati si attivino davanti ad una
notizia di reato e affrontino questo caso sapendo che non avranno a che
fare con uno di quei padri gelosi e possessivi che ogni tanto allignano
da noi, ma con il diritto e l’autorità che il Corano assegna al padre
di famiglia. Bisognerà, dunque, che i magistrati giungano a concordare
con i rappresentanti dei musulmani delle norme compatibili con le norme
dello Stato riguardo soprattutto ai diritti riconosciuti in Italia ad
ogni individuo. Sarebbe una straordinaria occasione per aiutare il
mondo musulmano a uscire dall’arretratezza psicologica e culturale che
lo paralizza ovunque, condannandolo anche alla povertà economica e
tecnica che contraddistingue non soltanto il Pakistan ma tanti paesi
del Medioriente e dell’Africa. Domandiamocelo finalmente senza timori
“politicamente corretti”: perché sono così poveri pur vivendo in terre
piene delle maggiori ricchezze? Non ci sono dubbi sulla risposta: sono
rimasti fermi alle credenze, ai costumi, alle regole familiari e
sociali di pastori viventi ai tempi di Mosè. E’ fondamentale uscire da
quest’atmosfera culturale e, poiché si basa su dettami religiosi,
bisogna necessariamente che siano i responsabili religiosi a cambiarne
gli insegnamenti. La Chiesa potrebbe validamente contribuire a
quest’opera di revisione e aggiornamento delle Scritture mettendo
finalmente in atto quella collaborazione con i credenti delle varie
religioni di cui si è fatta paladina fin dai tempi del Concilio
Vaticano II.
Ida Magli Roma, 15 aprile 2011
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