eDITORIALE


IL PAPA E LE CROCIATE

Perché è impossibile
scusarsi per la storia

di Ida Magli
il Giornale | 29.10.2011



  Uno dei problemi forse più gravi della nostra società e del nostro tempo è l’incapacità di capire la storia. Si è discusso molto, è vero, di “revisionismo”, ma anche su che cosa si intenda per revisionismo è difficile trovare un accordo. Il ‘900, secolo di grande e rinnovato sviluppo delle discipline storiche, ci ha lasciato la più grande conquista: collocare sempre l’avvenimento nel suo contesto. Contesto psicologico, religioso, politico, culturale o, se si vuole dirlo nei termini dell’antropologia, capire il punto di vista dell’indigeno, ossia dell’attore di quella storia, contemporaneamente soggetto e oggetto di quel particolare contesto. La Chiesa non ha mai riconosciuto validità al nuovo modo di intendere e di fare storia, cosa che, se è permesso dirlo, le impedisce di comprendere non soltanto il proprio passato, ma anche ciò che afferma come valido in assoluto nell’attualità. Il “mea culpa” che Benedetto XVI ha pronunciato oggi a nome di tutte le Chiese per gli errori dei cristiani, condannando le violenze commesse dai crociati e dall’inquisizione, mette in crisi sia i credenti nella Chiesa come istituzione divina che coloro che la guardano semplicemente come un’istituzione religiosa e politica importante.


  Dal punto di vista dei credenti riconoscere come colpevoli i crociati è davvero un pugno nel petto. Le crociate sono state decise dai Papi, finanziate con denaro chiesto a tutti i fedeli, anche i più poveri, con cicli massicci di predicazione apposita e incrementate con la promessa della salvezza eterna per tutti quelli che andavano a combattere per riconquistare la Terra santa. La Madonna li proteggeva con una particolare benedizione ed era soprattutto questa fiducia nella Madonna a consolare le famiglie rimaste prive dell’ affetto e del lavoro degli uomini per molti anni o per sempre. Chi, dunque, ha sbagliato? I Papi che hanno indetto le crociate o i singoli fedeli? Potevano davvero, in quel contesto, i cristiani pensare che i Papi sbagliassero? Non credere alla promessa della salvezza eterna per chi, per quanto peccatore, offriva la propria vita a Cristo? Noi adesso non vogliamo pensare che anche i Papi, come molti politici, considerino i popoli colpevoli di ciò che decidono i loro capi, Re, Imperatori, Dittatori che siano. Da questo punto di vista non è ancora stato risolto il tragico  dilemma delle responsabilità per quanto riguarda la Seconda guerra mondiale. E’ anche per questo che chiediamo a un Papa tedesco, di cui comprendiamo e rispettiamo la sofferenza, di non mettere sulle spalle dei credenti e non credenti di oggi, con una maniera così generica e ambigua di ripensare la storia, dei nuovi pesi che essi non sono in grado, e non meritano di portare.

  In realtà è difficilissimo, anzi quasi impossibile, chiedere scusa per la storia, perché la storia è fatta da uomini e gli uomini, ivi inclusi quelli dell’istituzione Chiesa, vivono nella storia, in quel dato tempo, in quel dato luogo, in quel dato contesto politico, sociale, culturale, morale. Forse per tentare di salvarsi da questi legami la Chiesa dovrebbe rinunciare alla sua organizzazione nel mondo e consegnare il Vangelo alla libera azione dei credenti. Che lo voglia o no, infatti, quello che dice il Papa, comprese le scuse, ha una valenza politica nei confronti di tutti gli Stati, in primis l’Italia, e ovviamente nei confronti degli Stati musulmani. Il punto nevralgico per la Chiesa, nell’ambito di questa riflessione, è il “relativismo”. Forse c’è un equivoco su ciò che i Papi intendono per relativismo. Ma dal punto di vista dello storico la cosa è viceversa molto chiara. Il Papa ha chiesto scusa per l’inquisizione: cosa ne facciamo adesso di tutti quegli inquisitori che la Chiesa ha canonizzato? San Bernardino da Siena che mandava al rogo le streghe e i sodomiti di Firenze, sbagliava? O era l’Istituzione Chiesa di quei tempi, la teologia di quei tempi che era responsabile dei suoi errori? La Chiesa ha affermato che è santo, dunque che non sbagliava. Non sarebbe meglio ammettere la relatività del vissuto storico, ivi incluso quello della Chiesa?

Ida Magli
27 ottobre 2011

   


 
 
 

 

 
 
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