eDITORIALE
Ecco perché l'Italia deve dire di no ad azioni di guerra di Ida Magli il Giornale | 10.03.2011
Non
ci sono prove, non ci sono documenti, è vero; ma è la logica che lo
dice: l’islamismo sta per darci l’assalto finale. La logica lo diceva
già da molti anni, quando si poteva ancora parlare di previsioni più
che di fatti, mentre i politici, i leader, anche quelli religiosi, lo
negavano. Stiamo dialogando in maniera molto costruttiva con tutti i
paesi mediterranei, ripetevano a chiunque avanzasse qualche dubbio, e
non ci sarà nessun conflitto perché la volontà che prevale è quella
dell’integrazione, della tolleranza, del rispetto. L’assurda idea che
essere bagnati dalle acque del Mediterraneo significasse essere simili
è il frutto di quella sciagurata teoria che è la geopolitica,
un’invenzione che dobbiamo all’amico di Hitler, Karl Haushofer, e
che induce a tremendi errori perché guarda ai territori come se non vi
fossero i popoli ad abitarli. Tutto il progetto a lungo accarezzato
dall’Europa per coinvolgere il Nord dell'Africa, in quanto bagnato dal
Mediterraneo, nella propria area economico-politica è andato in
frantumi in questi giorni proprio perché erano stati ignorati i popoli.
Popoli di cui l’Occidente si ostina a sottovalutare la forza culturale
islamica, la fede che li sostiene e che li guida, l’abisso storico e
psicologico che li separa da noi.
Non si pensi che il terremoto attuale non sia stato preparato e fatto
scoppiare in base ad un piano preciso finalizzato alla sopraffazione
dell’Europa. Per questo si è sviluppato in brevissima successione
dall’Egitto alla Libia senza che a tutt’oggi si sappia con precisione
chi abbia dato fuoco alla miccia, quali siano le forze in campo, che
cosa si prefiggano i ribelli. Il caos a poca distanza da noi,
dall’Italia soprattutto, significa soltanto una cosa: che si vuole
costringere l’Europa, e l’Italia, a prendere posizione. E che questa
posizione, guerra o non guerra, giustificherà il trasferimento di
migliaia di africani, di musulmani, nel nostro territorio. Lo scopo è
questo; tutto il resto - libertà, diritti umani, democrazia, petrolio –
costituisce soltanto la solita occidentalizzazione del problema, visto
che l’Occidente, l’America soprattutto, ritiene di potersi ancora
servire di tali fragili bandiere per mettere i piedi in casa
altrui.
Per l’Italia e per l’Europa, però, questa è l’ultima possibilità di
affermare la propria volontà di continuare ad esistere. Bisogna
cambiare del tutto l’atteggiamento tenuto fino adesso di superiore
benevolenza, di comprensione, di tolleranza, di solidarietà. Il
primo e unico obbligo dei governanti è quello di proteggere il proprio
popolo e i suoi beni. Quindi l’integrità del territorio, della cultura,
dell’identità, di tutto ciò che un popolo possiede. Qui non si tratta
di uno “scontro di civiltà”, come spesso si è detto; quella che ci
viene imposta con l’immigrazione è l’astuzia di una strategia che non
ha bisogno di “scontri”, che sfrutta i valori di cui ci facciamo vanto
per vincerci senza armi, esclusivamente con la propria presenza.
L’Italia non può consentire, dunque, ad azioni di guerra, da chiunque
siano decise, perché provocherebbero gravissime azioni di guerra presso
di noi e disordini e stragi di lunghissima durata nei paesi africani.
Nessun interesse economico può giustificare un tale scenario. Ma
soprattutto non ci salverebbero dall’immigrazione che ne è l’unico
scopo.
Il governo deve dare subito il segnale che a nessuno sarà permesso di
superare i nostri confini non lasciando apparire al di qua del limite
neanche l’ombra di una barca e sospendere il trattato di
Schengen, senza timore di reazioni negative da parte dell’UE, perché è
l’Italia ad avere il coltello dalla parte del manico: non può esistere
un’Europa senza l’Italia. Dove porrebbe i propri confini? Quale
credibilità avrebbe il concetto stesso di un’Europa unita senza
l’Italia che ne ha tracciato con i Romani il profilo e la storia
fondando Parigi, Londra, York, Strasburgo, che ne ha creato le lingue e
il diritto, che ne ha irradiato la religione e custodisce la sede del
Papato? Abbiamo il diritto e il dovere di salvare tutto questo. Ida Magli Roma, 09 marzo 2011
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