eDITORIALE


L'Europa dei "no"
che non ha mai un'idea

La bocciatura del reato di clandestinità da parte della Corte di Strasburgo è l'ultimo di una serie di stop imposti dall'Unione su questo tema. Ma dall'invasione di Lampedusa ai rom, Bruxelles non ha saputo proporre soluzioni

Ida Magli
il Giornale | 29.04.2011



  L’Unione europea ha detto l’ennesimo “no” a una normativa italiana nei confronti degli immigrati. Si tratta dell’ingresso e del soggiorno clandestino: la clandestinità per l’UE, non è un reato. Visto, però, che dall’Europa non giunge mai una soluzione ai gravissimi problemi che ci affliggono, ma sempre e soltanto dei “no” che vietano qualsiasi via d’uscita a favore dell’Italia, dobbiamo necessariamente guardare in faccia questa realtà e analizzarne con la massima obiettività possibile i vari aspetti prima di decidere che cosa fare. Il presupposto che ha dato origine alla costruzione europea è l’ ”uguaglianza” di tutti gli Stati membri: si tolgono i confini e il territorio diventa uno solo, così come diventano una cosa sola le popolazioni, i costumi, le leggi. Strumento principe per passare sopra alle differenze dei popoli realizzando l’uguaglianza, è la carta dei diritti umani, che, infatti, si riferisce ai singoli individui, di là da qualsiasi connotato di gruppo. Sparisce, così, ogni aggregato sociale: famiglia, nazione, cultura, religione, e si passa direttamente all’universalità. Universalità che nelle aspirazioni di economisti e banchieri significa mercato mondiale, e nel prossimo domani governo mondiale. L’Unione europea ne dovrebbe rappresentare il riuscito prototipo. Gli Stati europei, però, persistono nel non essere uguali, neanche nei dati fondamentali. Se mettiamo a confronto, per esempio, quelli più simili all’Italia, troviamo che la Francia ha un’estensione di 547.030 
km2 e la Spagna di 504.782 km2, quasi il doppio dell’Italia con i suoi 301.230 km2 oltretutto pieni di monti, di fiumi e di spiagge non abitabili. L’indice della densità demografica è al contrario il maggiore per l’Italia con i suoi 197 abitanti per km2 in confronto ai 111 della Francia e agli 80 della Spagna (e come curiosità aggiuntiva: la Libia è grande più di cinque volte l’Italia, 1.759.540 km2, con una densità demografica di 3,4 abitanti). L’Italia è riuscita, però, a mantenersi sempre “Italia”, con le meravigliose creazioni del pensiero che la contraddistinguono, nell’arte, nella scienza, nella musica, nel diritto, nella letteratura, perché ha impegnato il massimo sforzo nel difendersi, nonostante la sua rischiosissima posizione geografica, da tutti quelli che volevano stabilirvisi, pirati, barbari o musulmani che fossero. Venire meno a questa difesa significherebbe in brevissimo tempo la morte degli italiani e dell’italianità.

  L’Italia, dunque, non avrebbe mai dovuto aderire a Schengen, se non altro a causa della sua posizione geografica. Dato che l’ha fatto, bisogna in qualche modo correre ai ripari: sospendere immediatamente quest’adesione, come già proposto dalla Francia, dandosi così il tempo per convincere l’Unione a cambiare quelle normative che non soltanto cozzano contro ogni buon senso, ma mettono a rischio la stessa sopravvivenza culturale e fisica dei popoli in quanto tali. Il territorio di un popolo è la sua casa, il confine è la porta di questa casa. Non è dunque più un reato entrare di forza in un’abitazione? I ladri faranno salti di gioia nel sentire tale proclama. Speriamo che le sinistre vogliano collaborare nel convincere l’Europa, malgrado l’intangibilità che le hanno inspiegabilmente costruito attorno. A dire il vero questo tipo di “sacralizzazione” da parte delle sinistre, che scatta in modo automatico di fronte a qualsiasi verbo scenda da Bruxelles, fa venire in mente un’altra sgradevolissima sacralizzazione, quella dell’URSS. Questa volta, però, è in gioco la sopravvivenza dell’Italia: cerchiamo di essere, e di comportarci tutti, soltanto come italiani.


Ida Magli
Roma, 28 Aprile 2011

 


 
 
 

 

 
 
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