eDITORIALE
Oche ammaestrate e democrazia di Ida Magli ItalianiLiberi | 11.12.2010
I
politici si sono abituati ormai da parecchio tempo a prendere in giro
la democrazia; ne sono stati esempi clamorosi l’anno scorso in Europa
le ripetizioni dei referendum per l’approvazione dei trattati tutte le
volte che non si raggiungeva il risultato positivo desiderato dai Capi.
Già allora i cittadini avrebbero dovuto rifiutare di tornare a votare,
cosa però difficile da organizzare se non c’è almeno un politico o un
partito che ne assume l’iniziativa. Il potere effettivo dei cittadini
nelle democrazie è limitatissimo, soprattutto perché affidato
totalmente ai partiti; ma diventa praticamente nullo quando, come sta
succedendo oggi in Italia, i politici non tengono fede al loro dovere
di delegati a rappresentare la volontà espressa dai cittadini.
Capovolgendo il principio del cittadino-soggetto nella dinamica della
democrazia, i politici se ne arrogano la veste di “soggetti” riducendo
ad “oggetto” i cittadini, chiamati a dire sì o no ad ogni loro
schioccar di dita come oche ammaestrate alla richiesta del loro
istruttore.
Si rimane davvero sbalorditi di fronte al
fatto che, malgrado il rispetto proclamato da tutti per la
Costituzione, ovviamente nel suo spirito oltre che nella forma, e
malgrado l’esistenza di numerosi istituti di garanzia preposti alla
conservazione e al regolare svolgimento della vita democratica, nessuno
protesti e soprattutto metta un riparo a quella che è un’evidente presa
in giro della democrazia e di conseguenza la fine della democrazia
stessa: la presenza in Parlamento di un partito che al momento delle
elezioni non esisteva e che di conseguenza non è stato votato da
nessuno. Qui non c’è rispetto dello spirito, ma neanche della forma.
Non ci si può infatti aggrappare a quell’articolo della Costituzione,
già di per sé molto discutibile, che assicura al parlamentare di non
essere tenuto al “vincolo di mandato” per accettare e avallare il
comportamento di Gianfranco Fini, Presidente della Camera dei Deputati.
Il giorno in cui Fini ha fondato un partito, nel quale quindi non era
stato eletto, doveva semplicemente subentrare al suo posto il secondo
eletto nella lista e la stessa cosa doveva avvenire per gli altri
parlamentari iscrittisi al nuovo partito, con decadenza dal loro
mandato. Insomma la semplice logica dice che un partito che non
esisteva e che quindi non aveva partecipato alle elezioni, non poteva
essere presente in Parlamento e questo non è soltanto il rispetto della
logica, ma anche la salvaguardia della democrazia come potere degli
elettori.
L’attuale situazione di degrado del Parlamento
in cui, una volta dato da Fini l’avvio, c’è chi s’inventa da un minuto
all’altro la fondazione di un nuovo partito per se stesso e i suoi due
amici d’infanzia, le accuse di “calcio-mercato” per il passaggio dei
parlamentari da un partito all’altro e perfino il ricorso alla
magistratura per un eventuale reato di corruzione, testimonia soltanto
una cosa: che la democrazia è a rischio. Il sistema democratico,
infatti, è intrinsecamente fragile, affidato esclusivamente alla buona
fede e al rispetto da parte di tutti sia della forma che della sostanza
della sua struttura che si fonda sugli elettori, non sui partiti. Il
fatto che nessuna delle istituzioni chiamate a tutelare l’essenza della
democrazia siano intervenute a salvaguardarla nel momento in cui Fini
ha violentemente distrutto il rapporto con gli elettori ponendo le basi
di un colpo di stato (i colpi di stato che riescono meglio sono quelli
che si fanno senza le baionette), è la prova della pericolosissima
strada sulla quale siamo avviati. Non si può pensare che non si corrano
rischi perché “si faranno le elezioni” (anche in Unione Sovietica e
negli altri stati “democratici” si sono sempre fatte le elezioni). E’
la “parola” dei cittadini che non vale più: questo è il punto. Tutto il
resto non conta.
Ida Magli Roma, 11/12/2010
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