eDITORIALE
Costituzione e cittadini di Ida Magli Il Giornale | 18.11.2010
Costituzione
italiana, articolo 67: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la
Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.” E’ in
base a questo articolo che la maggior parte delle legislature non sono
state portate a termine, e si tratta palesemente di una presa in giro
del voto dei cittadini. Che valore può avere un contratto nel quale è
previsto che una delle parti non è tenuta a mantenerlo? Che significato
può avere l’affermazione che ogni membro del Parlamento rappresenta la
Nazione se nessun cittadino può essere votato in quanto tale, con il
suo nome, senza appartenere a nessuna lista? Soltanto in quel caso,
infatti, l’articolo 67 non costituirebbe un pugno in faccia ai
cittadini votanti. La situazione creata dal Presidente della Camera e
dai suoi seguaci è chiaramente un abuso visto che questo articolo, che
da lungo tempo avrebbe dovuto essere cancellato, era stato inserito
nella Costituzione per salvaguardare il parlamentare da un’eventuale
situazione coercitiva, prevista dai Costituenti soltanto perché erano
appena usciti dal periodo fascista e temevano appunto il ripetersi di
una dittatura.
Ogni legge, però, è affidata all’onestà di chi l’interpreta e non può
essere utilizzata esclusivamente fondandosi sulla “lettera”
escludendone lo spirito. Le operazioni condotte dal presidente della
Camera e dai deputati che si sono schierati con lui suscitano nei
cittadini, oltre allo sdegno per essere stati presi in giro nel loro
voto (ho sentito parlare di “tradimento”, ma il termine tradimento dà
una dignità ad un comportamento che viceversa parla esclusivamente
della pochezza spirituale e morale di chi l’ha compiuto), anche la
volontà di non essere sottoposti comunque all’abuso di chi ha fatto di
loro un “oggetto” dei propri interessi e intenderebbe farlo di nuovo
chiamandoli a votare. Il cittadino non può essere obbligato a
considerare anch’esso il voto come una specie di sberleffo, alla pari
di come l’ha considerato il presidente della Camera.
E’ il parlamentare che deve dimettersi se il suo ruolo o il suo partito
non gli vanno più bene; e deve dimettersi anche perché non può dare
nessuna garanzia di far bene ciò che fa, in nessun campo, una persona
che non è capace di mantenere ferme le proprie opinioni neanche per un
minimo lasso di tempo. Vogliamo sperare che non si tratti di qualcuno
che ha anche “giurato” la propria fedeltà.
Rimane il fatto che il mondo politico, in mano ai professionisti della
politica, sta uccidendo, se non l’ha già uccisa, la democrazia. Ha
fatto un altro partito il presidente della Camera? Facile non è vero?
Senza perdere il proprio posto, usufruendo di tutti i benefici, dei
servizi,delle spese pagate dai contribuenti? La chiama democrazia
questa il signor Fini? E’ indispensabile la legge che i parlamentari
non faranno mai, quella che vieta il rinnovo del mandato più di una
volta. Toccherà ai cittadini trovare il modo per evitare che la
politica diventi la professione che impedisce la democrazia. Questo è
infatti l’unico, vero conflitto d’interessi: quello fra la democrazia e
il professionismo della politica.
Ida Magli Roma, 15/11/2010
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