eDITORIALE
Tranquillizziamoci: il razzismo non c'entra per nulla
di Ida Magli Il Giornale | 03/09/2009
La
notizia migliore, nella vicenda del “bianco” costretto a scappare dal
Sudafrica per le vessazioni da parte dei “neri”, è che non abbia
chiesto asilo a noi, ma al Canada. Finalmente qualcuno si è accorto che
esistono territori immensi quasi disabitati, come appunto il Canada,
secondo paese al mondo, dopo la Russia, per estensione e con una
densità demografica di 3 abitanti per chilometro quadrato (noi circa
200). Ho il dubbio, però, che questa scelta non sia dettata dalla
scarsa popolazione, quanto dal fondato timore di ritrovarsi ben presto
in Europa a rischio di maltrattamenti o almeno di sottomissione ai
voleri dei tanti immigrati, di colore e non. Questa è, infatti, la
verità: si tengono tanti discorsi per attutire, nascondere, motivare
nei modi più diversi le difficoltà di convivenza fra gli immigrati e i
vari popoli d’Europa, ma, di fatto, viviamo malissimo; e uno dei
fattori principali di questa sofferenza è il timore, ormai inculcato in
noi dai nostri governanti fin dalla nascita, che il malessere sia
dettato dal razzismo. Bene, tranquillizziamoci: il razzismo non c’entra
per nulla. Stiamo male perché siamo costretti a vivere nello stesso
territorio con popoli diversi da noi, e diversi prima di tutto
fisicamente. Le diversità fisiche colpiscono subito e creano
immediatamente un senso d’estraneità. E’ la Natura che fa sì che i
parenti si somiglino fisicamente fra loro, i genitori con i figli, con
i fratelli, e poi, gradualmente sempre meno: i nipoti, i cugini, fino
alle somiglianze di gruppo… L’uguaglianza, cui ci si riferisce oggi
in continuazione, è un valore meta-fisico, di cui sono in possesso
tutti gli esseri umani in quanto esseri umani, prescindendo da
qualsiasi altro connotato, fisico, psichico, sessuale, etnico…ma si
tratta di un valore filosofico, difficilissimo da comprendere e da
realizzare, e che non ha nulla a che fare con uguaglianze concrete, di
cui, per fortuna, non esistono esempi in natura. Non c’è foglia uguale
ad altra foglia, come dice un vecchio e saggio adagio popolare. L’estraneità
fisica è la caratteristica maggiore che impedisce agli uomini di
potersi “identificare” l’uno nell’altro, sentirsi psicologicamente
“simili”. Maschio e femmina lo sanno benissimo: è impossibile per una
donna identificarsi in un maschio, e viceversa. Ma è ugualmente quasi
impossibile per un “bianco” identificarsi in un “nero”: comprendere i
sentimenti, le percezioni, i gusti, intuire il tipo di intelligenza, le
reazioni, gli interessi. Se si aggiunge a questo dato di partenza, la
differenza di lingua, di religione, di storia culturale, ci si rende
conto che vivere sullo stesso territorio non significa vivere
“insieme”. Non si amano le stesse cose; non si desiderano le stesse
cose; soprattutto non si lavora per lo stesso futuro, non si hanno le
stesse mete. Prendiamo come esempio gli immigrati musulmani da
noi. Vivono in un paese la cui storia è segnata costantemente dalla
ricerca del “bello” in tutte le sue forme, disseminato di architetture,
sculture, pitture, che ne testimoniano la storia, dai resti dell’
antica Roma alle innumerevoli cattedrali, abbazie, castelli, palazzi…
Ebbene, ai musulmani, come a tutti i popoli che obbediscono all’Antico
Testamento, è vietata ogni forma di “rappresentazione”, il che
significa che tutte le opere d’arte di cui l’Italia è piena, essi non
le possono né capire, né apprezzare, e che, non appena sarà in
loro potere farlo, le distruggeranno. Nessuno pensi che non sarà
così: non ha, forse, la Chiesa dei primi secoli, distrutto, cancellato,
tutti i monumenti di Roma, perfino gli acquedotti, le fognature, i
fori, gli anfiteatri che erano al servizio del popolo? Perché mai
gli immigrati non dovrebbero avere come meta di poter governare, avere
la maggioranza, poterci dominare? Sono uomini e come tali non possono
desiderare altro che lasciare la propria impronta nella storia, far
vincere la propria lingua, la propria religione, il proprio gruppo
fisico, psichico, culturale…Insomma, se lo mettano bene in mente i
nostri capi politici e religiosi: se non si cambia del tutto la rotta
seguita fino ad oggi, noi non abbiamo futuro. E’ vero che il loro
progetto è quello del Governo Mondiale, con l’unificazione di tutti i
popoli, di tutte le religioni, magari con l’esperanto come unica
lingua, ma sarà bene richiamarli alla realtà: hanno costretto al
silenzio, all’umiliazione, addirittura al rimbambimento gli europei
ponendogli sempre di fronte le stimmate della seconda guerra
mondiale, ma esistono,oltre agli immigrati in Europa, miliardi di
uomini, in Cina, in India, in America Latina, che non si piegano
davanti alla onnipotente presunzione della guida americana e che
manderanno presto all’aria ogni idea di uguaglianza unificatrice e di
governo mondiale. Non sarebbe, dunque, urgente che anche noi, gli
Italiani, gli Europei, riprendessimo in mano la nostra vita, il nostro
futuro? Cosa hanno fatto di male i giovani italiani, i giovani
tedeschi, nati tanto tempo dopo il fascismo, dopo il nazismo, perché
debbano ancora tenere bassa la testa, umiliarsi, chiedere perdono?
Questo è il razzismo, questa è l’eredità genetica, questa è la peggiore
delle ingiustizie. L’Unione Europea è in crisi perché era fin dal
principio un’idea irrealizzabile. Ancor più irrealizzabile è l’idea
dell’Unione Mondiale. Cominciamo a lavorare per sopravvivere come
italiani.
Ida Magli Roma - 2 Settembre 2009
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” L’uguaglianza,
cui ci si riferisce oggi in continuazione, è un valore meta-fisico, di
cui sono in possesso tutti gli esseri umani in quanto esseri umani,
prescindendo da qualsiasi altro connotato, fisico, psichico, sessuale,
etnico (...) che non ha nulla a che fare con uguaglianze concrete, di cui, per fortuna, non esistono esempi in natura”
” Perché
mai gli immigrati non dovrebbero avere come meta di poter governare,
avere la maggioranza, poterci dominare? Sono uomini e come tali non
possono desiderare altro che lasciare la propria impronta nella storia,
far vincere la propria lingua, la propria religione, il proprio gruppo
fisico, psichico, culturale…” |