eDITORIALE

Ma il vero problema
si chiama Corano


di Ida Magli
Il Giornale | 02/10/2009



  La complicità del silenzio che ha accompagnato quasi sempre le operazioni dei governanti europei ha impedito a centinaia di milioni di cittadini - cattolici, protestanti, ortodossi - qualsiasi reale consapevolezza di questo procedimento, sia perché, da lunghi anni plasmati alla non reattività della “tolleranza”, in buona parte dei cristiani il fervore della fede si è attutito; sia perché sono comunque incapaci di pensare che le Chiese abbiano accettato, senza alzare neanche la minima voce, una tale trasformazione. E’ vero che qualche anno fa si era prospettata l’idea di accennare nella Costituzione europea alle radici cristiane dell’Europa, ma si è trattato di un tentativo privo di convinzione e accantonato con facilità. Con i musulmani, però, è un’altra cosa. La Turchia è stata sempre un problema e, per quanto gli Americani la vogliano nell’UE per ragioni strategiche militari e perché fa già parte della Nato, l’edulcorata richiesta, da parte delle istituzioni europee, del rispetto dei diritti umani non riesce ad essere tradotta in termini di Corano. Che significa, infatti, pretendere che 70 milioni di musulmani rinneghino, tanto per fare un solo esempio, l’affermazione del Corano che “le donne sono di un grado inferiori agli uomini”? Per quanto a noi sembri grave, questo esempio è nulla in confronto al fatto che il musulmanesimo è una visione del mondo, ossia disegna un modello totale di valori, di significati, di comportamenti. E’ questo il motivo principale per il quale dà tanta forza al credente: nella sua fede trova la ragione della vita e della morte, della fatica e del dolore; soprattutto la sicurezza che il suo Dio lo guarda, lo accompagna e ricompenserà le sue azioni.
Cosa se ne faranno i Turchi delle “ricompense” dell’UE? Certamente non si faranno comprare, per quanto ricco sia il piatto di lenticchie, come finora hanno fatto i cristiani, perfino i cattolicissimi polacchi e irlandesi. Né si può sperare nella buona volontà dei governanti turchi, ai quali sono stati prescritti i compiti cui debbono adempiere in termini di diritti umani come se i sudditi fossero pecore da tenere buone all’ovile. Hanno una ben strana concezione della religione i capi dell’UE. Ma ancora più strana è la loro concezione di quello che si intende per “europei”. I Turchi lo sono, o non lo sono?
Rimane il fatto che è stato compiuto un grave errore nel coltivare per anni la possibilità dell’allargamento dell’Unione alla Turchia, cosa che invece non avrebbe dovuto mai essere prospettata, affidando il rapporto con uno Stato amico sempre ed esclusivamente ad accordi e trattati diplomatici. Come uscire da questa situazione senza perdere la faccia? O peggio, senza compromettere, almeno per quanto riguarda l’Italia, i rapporti di buona vicinanza? Forse potrebbe essere proprio l‘Italia a proporre, quando venisse il momento di una decisione, un referendum in proposito in tutti gli Stati dell’UE. Dare ai cittadini la possibilità di gridare quel “no” che tutti hanno in cuore sarebbe una soluzione opportuna anche per i più malaccorti dei politici.

Ida Magli

Roma - 14 Ottobre 2009



 
 















 
 
 
 

 

 
 
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