eDITORIALE
Gli Irlandesi e il silenzio sull'Europa
di Ida Magli Il Giornale | 02/10/2009
C’è
chi afferma che in Italia non c’è la libertà di stampa, e chi invece
assicura che in nessun paese quanto in Italia i giornalisti sono liberi
di dire qualsiasi cosa vogliano. Qualcuno dovrebbe, allora, spiegare
agli Italiani chi sia stato a imporre una ferrea censura su tutto
quanto riguarda gli avvenimenti politici dell’Unione Europea,
avvenimenti importantissimi per tutti noi, quale per esempio la
ratifica del Trattato di Lisbona, appeso al filo del referendum che si
svolgerà domani in Irlanda. Bisogna riconoscere che questo silenzio
insospettisce, ed anzi suscita un senso d’angoscia in quanto non si
riesce a trovarne una spiegazione. Prima di tutto perché vi si
attengono le fonti di informazione di ogni parte politica. Chi ha
ordinato di non parlarne, è dunque sopra i Partiti? E perché non se ne
deve parlare? Lo Stato italiano l’ha già ratificato, senza permettere
neanche la più piccola discussione, basandosi sulla norma più
antidemocratica della nostra Costituzione, quella che sottrae alla
volontà dei cittadini la “politica estera”, anche se, trattandosi in
realtà della costituzione europea trasformata in trattato, definirlo
politica estera è già di per sé una bella truffa. C'è da aggiungere che
ci si stupisce del silenzio dell’opposizione davanti ad un atto del
governo berlusconiano, visto l’abituale rumoroso dissenso per ogni sua
decisione. Cosa ne dice Santoro, ex parlamentare europeo, di questo
silenzio? Noi abbiamo diritto di sapere, vogliamo sapere, chi gli ha
imposto di non parlarne. Chi lo ha imposto a lui e a tutti gli altri
conduttori di dibattiti televisivi; e perché. Gli
Irlandesi, che hanno già una volta bocciato il Trattato con un
referendum, sono chiamati, come abbiamo già detto, a poco più di un
anno di distanza, ad un secondo referendum. Il risultato è incerto,
sebbene i Capi dell’UE abbiano approfittato della crisi economica, che
ha colpito molto duramente anche Dublino, per elargirgli abbondanti
aiuti ( soldi nostri, manco a dirlo) nell’intento di indurre gli
Irlandesi a più miti consigli. Del resto, la tattica di “comprare”
l’adesione all’UE con regalie di ogni genere è ormai diventata prassi
costante, in quanto è stata usata soprattutto per convincere gli Stati
dell’Est, i più riottosi, dopo le terribili esperienze dell’impero
sovietico, a perdere nuovamente la propria indipendenza. Tuttavia,
anche se il Trattato superasse l’esame irlandese, non sarebbe ancora in
condizione di diventare operante perché debbono ancora provvedere alla
ratifica la Repubblica Ceca, la Polonia e una regione autonoma della
Finlandia, l‘arcipelago Aland. Il Presidente ceco, Vaclav Klaus, è da
sempre contrario all’UE ( non per nulla è un poeta) e non intende
controfirmare il trattato, già approvato dal Parlamento, senza
conoscere prima la decisione degli Irlandesi. La stessa cosa vale per
il Presidente polacco, Lech Kaczynski. A Praga gli oppositori hanno
tentato in tutti i modi di impedire la messa in opera del Trattato,
inoltrando anche ricorso alla Corte Costituzionale. Ma le Corti
Costituzionali dei vari paesi cui si sono appellati negli ultimi anni
molti degli oppositori all’euro e all’unificazione europea (prima di
tutto i Tedeschi), non hanno mai accolto le eccezioni presentate:
l’unione europea è un Moloch, ideato e costruito dai Potenti al di
fuori di qualsiasi norma giuridica preesistente, e nessuno si arrischia
a mettere in dubbio, prima ancora che la legittimità, la logica che la
sostiene. Come si spiegherebbe, altrimenti, la furia assurda di coloro
che, di fronte al rifiuto di Klaus di apporre la propria firma,
minacciano di fargli causa per “scarsa produttività”?
Di fronte ad una situazione così complessa non si può non chiedersi
come mai un trattato tanto importante agli occhi dei governanti da
farli quasi impazzire, sembri non esserlo affatto per i responsabili
dell’informazione. Purtroppo il silenzio ha delle buone motivazioni in
quanto nasconde, insieme al trasferimento a stranieri della maggior
parte della sovranità e dell’indipendenza della Nazione, anche norme
che non esistono nelle Costituzioni degli Stati europei e in primis in
quella italiana. Una fra tutte basterà come esempio: “ la condanna a
morte in caso di guerra o di pericolo di guerra, e l’uccisione di
cittadini per impedire l’insorgenza di ribellioni o tumulti”. Si
tratta di clausole che fanno ben capire una cosa: l’Unione Europea ha
preso le misure per governare un impero in cui ci si aspetta, dalla
somma di tanti popoli diversi unificati a tavolino, l’inevitabile
ribellione e lo scoppio di gravissimi conflitti interni. Ha inizio,
dunque, così l’ennesimo impero tirannico in Europa.
Ida Magli Roma - 1 Ottobre 2009
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