eDITORIALE
La grande finzione europea
di Ida Magli Italiani Liberi | 24/11/2009
Si
continua a discutere in Italia della bocciatura di D’Alema alla carica
di Ministro degli Esteri europeo (formalmente detto: “Alto
rappresentante per la politica estera europea” per non far capire del
tutto, come al solito, ai poveri cittadini di che cosa si tratti) con
chiacchiere prive di qualsiasi valore sia da parte della maggioranza
che da parte dell’opposizione. Ci si accapiglia intorno alle parole
altrettanto vacue di Martin Schulz, capogruppo del partito socialista
europeo, il quale si diverte a prendere in giro gli uni e gli altri
affermando che è stato Berlusconi a non sostenere in Europa la
candidatura di D’Alema e insinuando, quindi, che il Capo del governo
italiano l’ha presentata al solo scopo di procurargli una magra figura. Inutile
dire che le Sinistre si sono gettate su questa versione dei fatti
con il massimo della convinzione dato che questo permette di salvare la
dignità di uno dei loro massimi esponenti e contemporaneamente di
addossare al nemico Berlusconi l’ennesima colpa. Purtroppo gli Italiani
sono tenuti talmente all’oscuro della situazione politica dell’Europa,
che trovano del tutto convincente questa ridicola polemica, tanto più
che i politici e i giornalisti si sono allenati ormai da moltissimi
anni, o meglio fin da quando è stata progettata l’unificazione
dell’Europa, a fornire le informazioni sugli avvenimenti europei in
modo da lasciare sempre quel tanto di oscurità sufficiente a non far
capire ai cittadini che l’osannata meta finale è l’abolizione degli
Stati nazionali. Il sistema con il quale si è riusciti fino ad oggi
a lasciare nei cittadini l’illusione di possedere ancora una patria è
proprio quello che abbiamo visto messo in atto in questi giorni per il
caso D’Alema. Si accumulano i particolari riguardanti la situazione di
una singola nazione, mettendoli in rilievo come se fosse quello
il punto di vista valido per valutare gli avvenimenti, mentre viceversa
l’unico punto di vista valido è quello che si sono prefissati i quattro
o cinque governanti, dei quali è difficile elencare con sicurezza i
nomi, che guidano a tavolino la costruzione del Superstato europeo.
Il
fatto che tutti gli Stati abbiano adottato, dopo un lungo e tortuoso
percorso, il trattato di Lisbona, ossia una Costituzione comune che ha
sancito definitivamente la morte delle singole Nazioni, è un traguardo
che nessun politico vuole più rimettere in discussione. E’ facile
capire che gli Stati hanno messo fine alla propria esistenza nel
momento stesso in cui hanno rinunciato a gestire la politica estera;
questa infatti con il trattato di Lisbona è passata nelle mani dei
pochi potenti che prendono le decisioni per tutta l’area euroamericana.
Per poter salutare vittoriosamente la meta raggiunta c’era ancora,
però, un ultimo ostacolo: l’eventualità di un referendum di ratifica
del Trattato, promesso ai cittadini inglesi prima dal Governo Blair poi
da quello Brown, e mai svolto fino ad oggi dato che il risultato
negativo era più che certo. E’ questo il motivo per il quale una
delle due cariche più importanti, create proprio con l’adozione del
Trattato di Lisbona, doveva per forza essere assegnata agli Inglesi, in
modo da superare di fatto così qualsiasi dubbio sull’accettazione
del Trattato e permettere a Brown di non mantenere la promessa. Questa
situazione era ben nota a tutti in Europa, sia ai politici che ai
giornalisti, per cui qualsiasi candidatura, italiana o meno, D’Alema o
meno, non aveva già in partenza nessuna chance e le discussioni in
proposito servivano soltanto a nascondere, come al solito, la realtà
all’opinione pubblica di tutti i 27 paesi partecipi dell’Unione. Ci
si potrebbe chiedere, però, come mai l’esperto politico D’Alema sia
caduto nella trappola. E’ questa la parte più significativa, e al tempo
stesso più temibile, della “rappresentazione” che si svolge sul
palcoscenico d’Europa. C’è, anche fra i politici, chi non ha capito che
l’unificazione europea è un disegno di lunga durata a tre facce: la
prima è quella segreta, che ha progettato e che guida le altre due
anche senza che gli attori ne siano consapevoli; la seconda è quella
reale, che lavora alla dissoluzione dell’entità sia politica che
culturale dell’Europa; e infine la terza, che serve a nascondere e a
proteggere le altre due, e che si svolge con il sistema della fiction a
puntate. Ogni puntata pone le basi di ciò che avverrà nelle puntate
successive e gli attori si adeguano al ruolo che il pubblico si
attende. E’ questo il punto: gli sceneggiatori sanno bene che non
possono venir meno alla fiducia del pubblico nei ruoli prefissati. La
“rappresentazione” è obbligata. Avviene più o meno la stessa cosa a
quasi tutti i politici che si muovono sul palcoscenico europeo. Credono
di essere “parlamentari”, rappresentanti del proprio Stato e del
proprio partito di provenienza, e talmente abbacinati dalla finzione in
atto che non si accorgono neppure del fatto che non può esistere, se
non nella finzione, un solo grande Popolo e un solo grande Stato in cui
si parlano 27 lingue diverse, o meglio nel quale nessuno capisce la
lingua dell’altro e adotta la lingua voluta e tacitamente imposta
dall’Impero: l’inglese. Ma cosa importa? Ad impedire che qualcuno
potesse avere un soprassalto di realismo è stata volutamente veicolata
un’altra astutissima finzione: un’Europa quasi da burla, in cui le
decisioni vengono prese da burocrati un po’ scemi o un po’ matti, gente
che si trastulla con le misure delle banane e delle zucchine, mentre si
lascia credere che in realtà gli unici che contino continuino ad essere
gli Stati nazionali e i garanti dell’economia, forti dell’immagine
tedesca. La finzione ha funzionato: da anni sono al lavoro fior di
psicologi e di sociologi, esperti di pubblicità e di illusioni di
massa, dietro alla terza faccia della dittatura europea. Hanno usato
contro i Popoli quelle stesse scienze umane che erano nate per
comprendere ed aiutare i Popoli. Per questo, dunque, sono stati
scelti due “signor nessuno” alle cariche più importanti: devono
salvaguardare la seconda e la terza faccia del disegno europeo (la
prima non ne ha bisogno: continua a non essere vista). Il Ministro
degli Esteri inglese serve a salvaguardare la seconda faccia impedendo
il referendum e la terza faccia perché appunto non essendo nessuno,
rappresenterà un’Europa inesistente; per giunta, essendo donna, priva
di qualsiasi prestigio agli occhi del mondo orientale e africano con i
quali dovrà trattare. Non è difficile per noi che abbiamo avuto
occasione di conoscerne i gusti da vicino, immaginarci la faccia di
Gheddafi in presenza della poco leggiadra signora Ashton. Il Presidente
d’Europa belga, a sua volta un signor nessuno che serve alla seconda e
alla terza faccia europea perché eletto a quella carica in pratica come
controfigura della Germania, e al tempo stesso sicura prova agli occhi
di tutti, sia all’interno che all’esterno, che il grande Superstato
europeo è una finzione.
Ida Magli 24 novembre 2009
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