editoriale

Festeggiare la fine della Patria


di Ida Magli
Il Giornale | 03/08/2009



    I numerosi interventi, che si sono susseguiti in questi giorni sui giornali, a proposito della difficoltà ad organizzare dei degni festeggiamenti per l’Unità d’Italia, sono apparsi, ai pochi che se ne sono interessati, del tutto surreali. Ma forse «surreali» non è una definizione corretta, salvo che vi si intenda implicata la menzogna, la vigliaccheria, la consapevole frode verso gli Italiani.
Ci domandiamo, infatti, davanti a questi articoli: non si è perseguito in maniera assillante, dalla fine della seconda guerra mondiale in poi, l’annientamento delle Nazioni, la colpevolizzazione delle Patrie, costruendo appositamente l’Unione Europea? Galli della Loggia, nell’articolo «L’Italia dimenticata» pubblicato sul Corriere della Sera il 31 luglio, non soltanto non fa neanche un accenno all’Europa, alla pari del resto con gli altri opinionisti, ma si domanda come mai non siano intervenuti i politici a dire il loro pensiero in un dibattito che li riguarda così da vicino. E come avrebbero potuto? Non è spettato forse ai politici, operosi traditori della patria italiana, cancellarne i confini? Non sono forse i confini a identificare l’esistenza di una Nazione? Non sono stati forse i politici a riconsegnare agli stranieri l’indipendenza e la sovranità dell’Italia, raggiunte attraverso le lotte, le morti e le strazianti sofferenze di secoli, togliendole la moneta, firmando i Trattati di Maastricht, di Schengen, di Lisbona, con i quali gli Italiani hanno perso il proprio territorio e l’indipendenza politica oltre che quella economica? Non sono stati forse i politici, sudditi dell’Europa, a volere la cosiddetta società multietnica, ossia che milioni di stranieri invadessero l’Italia così che fosse chiaro agli Italiani che essi non ne sono più i proprietari? Non sono stati i politici a imporre agli Italiani la bandiera e la cittadinanza di una patria che non esiste? Insomma, perché di questo non si parla?
A dire il vero la costruzione dell’Unione Europea appare a chi l’osservi attentamente come una cospirazione alla piena luce del giorno. Sembra una di quelle «Società Segrete», potentissime e misteriose, il cui indirizzo, però, e il cui statuto sono a disposizione del pubblico. Non nascondono nulla perché nascondono tutto. Il linguaggio è cifrato. Apparentemente si sa tutto, ma in realtà nessuno sa niente (neanche i parlamentari europei, naturalmente, burattini strapagati per muoversi al comando di fili che ignorano). Nessuno sa niente perché si vuole che non si sappia niente. Raggiungere questo scopo è stato facilissimo: è bastato non porre mai domande su ciò che veniva fatto. Un precetto cui fino ad oggi silenziosamente hanno obbedito anche i giornalisti. Il motivo, però, di questa strategia, è presto detto: i popoli non avrebbero permesso un simile scempio; o almeno non l’avrebbero permesso senza ribellarsi. Neanche gli Italiani.
Abituati da secoli, più degli altri popoli d’Europa, ad essere governati da stranieri, da preti, da traditori, da ipocriti, da ignavi, proprio gli Italiani avrebbero reagito con violenza se avessero capito che stavano per essere riconsegnati alla sudditanza di un impero di stranieri. La frode perciò è stata enorme; è enorme. Sembrerebbe che perfino una persona saggia e addetta ai lavori come Galli della Loggia non si renda conto di questa consapevole frode quando attribuisce esclusivamente a Carlo Azeglio Ciampi il merito di aver coltivato nei cittadini l’amor di patria (merito che gli è stato attribuito anche da altri intervenuti in questo dibattito). Si rimane senza parole davanti a un tale riconoscimento e ci si convince ancora di più di trovarsi in una situazione surreale se si pensa con quale spietata volontà di distruggere il patrimonio dell’Italia Ciampi ha operato la svalutazione della lira negli anni 1992-94, con quale impegno ne ha perseguito la perdita della sovranità monetaria lavorando con tutto il suo potere alla realizzazione dell’euro e fissandone lo sciagurato cambio con la lira nel modo che tutti abbiamo pagato e stiamo pagando. È rimasta incancellabile la memoria del tradimento in chi seguiva la cerimonia del passaggio all’euro trasmessa festosamente dalla Rai, ma soprattutto è rimasta incancellabile l’immagine di un Ciampi che brindava con le lacrime agli occhi alla nuova moneta affermando che quello era il più bel giorno della sua vita.
È questo l’amor di patria? Se è questo, allora è impossibile festeggiare il Risorgimento, l’Unità d’Italia, e forse la difficoltà in cui si trovano coloro che ne sono stati incaricati risponde ai loro sentimenti. Tutt’altra cosa, ovviamente, da quando si è il Capo di uno Stato perché allora la retorica della patria scorre facilmente, è tutt’uno con la retorica di se stessi.
Non è lecito, invece, mettere in dubbio l’amor di patria degli Italiani. La voluta incomprensibilità dell’Unione Europea ne è la prova. Si è talmente certi dell’amore degli Italiani per l’Italia che è stata necessaria la cospirazione del silenzio e dell’inganno per sottrarre la patria agli Italiani senza che se ne accorgessero. I politici, invece, ci campano benissimo. Sotto il mantello disgregatore della dittatura europea, ognuno si prende il suo pezzetto di potere e di territorio, smembrando la patria con le regioni, le province, i comuni, il federalismo, i dialetti, i partiti autonomisti... È questo che si voleva. L’Italia è (era?) una grossa pietra d’inciampo sulla strada del Governo Mondiale, di cui l’Unione Europea è l’anticipo, per la sua configurazione geografica, per la sua civiltà, per la sua storia, per l’imprevedibilità delle troppe intelligenze che continuano a nascervi. C’è stato chi si è applicato a trovare la via d’uscita e vi è riuscito. Il risultato è quello che abbiamo sotto gli occhi.

Ida Magli



 
 
 
 
 
 

 

 
 
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