eDITORIALE
Il diritto d'asilo è ormai una finzione che piace solo all'Onu
di Ida Magli Il Giornale | 15/09/2009
La
Signora Navi Pillay, alto commissario ONU per i diritti umani, ha
denunciato in un discorso che pronuncerà domani, ma di cui è già stato
diffuso il testo, le attuali politiche nei confronti dei migranti, in
particolare nelle zone del Mediterraneo, del golfo di Aden, dei
Caraibi, dell’Oceano Indiano, in quanto, a suo dire, violerebbero le
norme del diritto internazionale. Naturalmente tale discorso ha fatto
riaccendere la polemica in Italia nei riguardi dei respingimenti,
sebbene il Ministro Maroni abbia più volte ribadito che la legge
italiana è conforme alle norme internazionali, cosa che dovrebbe
bastare a mettere in pace la coscienza dei numerosissimi San Francesco
che vivono nel Bel Paese. E’ tuttavia evidente, ormai, che, come
succede a tutte le leggi, anche il diritto internazionale non è più
corrispondente alla realtà e che è proprio questo diritto che deve
essere ripensato. Il “diritto d’asilo” per esempio, è nato nei
lontanissimi tempi nei quali la pena più grave che veniva inferta ad un
cittadino era l’esilio; una condanna che discendeva dalla sacralità
della terra patria, che sarebbe stata profanata dall’impurità del reo,
colpevole di tradimento o di omicidio. Per questo una terra “altra”
aveva l’obbligo di accoglierlo: non era rivestita della stessa
sacralità, non essendone la patria, e di conseguenza non ne sarebbe
stata per nulla contaminata. Dunque, come è evidente, si tratta di casi
singoli; il diritto d’asilo di masse di persone non è pensabile.
Infatti, oggi si finge che si tratti di casi singoli, sebbene la
condanna all’esilio non esista più, ma la finzione non è mai una buona
via d’uscita, ed invece è indispensabile ripensare tutta la questione.
Il problema attuale dell’immigrazione è la sua numerosità, e i politici
così come i legislatori hanno l’obbligo di affrontarlo nei termini
reali, quello della numerosità, appunto, eliminando una volta per tutte
dai loro discorsi la retorica dei “diritti umani” piantati in cielo.
Anche i diritti umani devono essere gestiti da uomini, non da divinità,
o da politici che si ritengono divinità. Proviamo, allora, a
guardarla in faccia, questa realtà. Mischiare tutti i popoli,
sollecitando al massimo l’emigrazione di massa, fa parte del progetto
di “uguaglianza” e di “globalizzazione” messo a punto da alcuni
politici e da alcune associazioni mondialiste in cui prevalgono uomini
di sinistra ed esponenti delle varie Chiese, inclusa quella Cattolica.
E’ un progetto che va contro i sentimenti, gli interessi, i valori dei
popoli e che condanna le sinistre a perdere voti e a diventare
minoritarie fino a sparire, come in Italia ad alcuni gruppi è già
successo. E’ indispensabile, invece, approntare un piano di persuasione
e di aiuto concreto, nei loro paesi, ai popoli che ormai scelgono
l’emigrazione, anche quando non sarebbe necessario, come strada più
comoda per migliorare la propria vita, investendo in questo piano le
stesse ricchezze che spendiamo per mantenerli da noi. Abbiamo mezzi di
informazione in abbondanza; abbiamo strutture operative di tutti i
generi da mandare sul posto per organizzare, insegnare, realizzare.
Smettiamola di trattarli come se non potessero fare le stesse cose che
facciamo noi: basta insegnarglielo e cominciare a mettere in opera. Non
esistono paesi poveri: esistono paesi nei quali non si sfruttano le
ricchezze esistenti. Perfino le lotte tribali finirebbero, o almeno
sarebbero limitate, se ci fosse un lavoro ordinato, delle produzioni e
delle ricchezze da proteggere: è questa la meta che desideriamo per
loro e per noi.
Ida Magli Roma - 14 Settembre 2009
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