eDITORIALE
Sovranità della moneta e debito pubblico
di Ida Magli ItalianiLiberi | 20/12/2009
Tutti
siamo a conoscenza dell’assurda situazione degli Stati che, privi della
sovranità monetaria, sono costretti a far dipendere la loro politica
dall’entità del debito della Nazione verso i proprietari (grandi
finanzieri privati) delle Banche Centrali. Non si può fare a meno,
perciò, di rimanere profondamente stupiti che si continui a mantenere
il più assoluto silenzio su questo che è il problema fondamentale e
ineludibile della nostra economia, perfino in una intervista al
Ministro Tremonti, apparentemente a cuore aperto, come quella
pubblicata il 19 dicembre scorso dal “Giornale”. L’intervistatore,
Nicola Porro, ha più volte messo l’accento sul “debito pubblico”
dell’Italia quasi costringendo il Ministro a puntualizzarne l’entità e
le conseguenze, cosa che Tremonti ha fatto con l’abituale serietà e
sicurezza, indicando le “lezioni” che si possono trarre dalla crisi. Ma
della possibilità che lo Stato ricominci, come è suo diritto e dovere,
a battere moneta mettendo fine così all’accumulo di un debito che ci
sta uccidendo, neanche una parola. Lezioni? Quali lezioni se c’è
una tale complicità fra intervistatore, intervistato e banchieri?
Eppure siamo stati in tanti a credere, leggendo i libri di Tremonti,
che potesse essere lui ad eliminare, senza paura e con speranza, il
macigno che ci incatena. Continuare a mantenere il silenzio non è
accettabile, se non altro perché si è costretti a dedurne che i
politici non hanno nulla da opporre, neanche a livello di discussione,
a chi denuncia la sudditanza degli Stati nei confronti di quei
banchieri che ci tengono in pugno perché sono loro ad emettere le
banconote e ad incassarne l’interesse da loro stessi fissato. Insomma,
ditecelo: perché? Perché non possiamo ribellarci a questi nuovi
schiavisti che curano esclusivamente le proprie ricchezze e perseguono
l’annientamento di qualsiasi valore delle persone e dei popoli
riducendoli a “interesse” monetario?
Questa è, infatti, la meta finale, una meta che nell’area
euro-americana è stata già quasi raggiunta. Anzi, diciamo meglio: è
l’America che è riuscita a rendere l’Europa in gran parte simile a lei.
Noi abbiamo esportato in America pensiero, creatività, musica, arte,
bellezza, mentre gli Americani hanno in pratica imposto, con la
sopraffazione della pubblicità, delle produzioni filmiche e televisive,
la volgarità dei loro gusti e dei loro costumi, e soprattutto il
predominio della mentalità mercatista. In Italia la monetizzazione
delle persone è stata facilitata dalla massiccia presenza
dell’ideologia politica marxista, alla quale sia i cattolici che i
liberali si sono ribellati soltanto in teoria, incapaci forse di
individuarne gli effetti concreti proprio in quei campi, come per
esempio la scuola e i giovani, che pure affermano di avere maggiormente
a cuore. Sarebbe sufficiente pensare all’imposizione delle “marche”
sugli abiti, che costringono le persone che li indossano a diventarne
strumento, oggetto; sarebbe sufficiente l’orrida valutazione
dell’intelligenza e dello studio degli alunni in “crediti e debiti” a
documentare l’invasione della mentalità monetizzante proprio là dove
tutti gli uomini, in ogni tempo e in ogni luogo, hanno sempre collocato
gli aspetti più significativi della propria personalità, del proprio
Io, del proprio Essere come individui davanti a se stessi e davanti
alla società: l’abbigliamento e il sapere. “Non è possibile allentare il rigore dei conti perché abbiamo un debito monstre…
e sui conti pesa il costo del maggior debito che è poi la nuova tassa
che ci viene imposta dalla crisi”. Queste parole di Tremonti confermano
quello che già sappiamo: tutto dipende dai banchieri. La “crisi” non è
stata forse innescata dalla loro inesauribile fame di arricchimento?
Non ci siamo ritrovati tutti drammaticamente più poveri, e perciò con
un debito ancora più grave da pagare proprio a coloro che ci hanno
truffato? Essi sono tenuti talmente fuori di qualsiasi critica che
abbiamo dovuto sopportare perfino la grottesca designazione a “Uomo
dell’Anno” del banchiere dei banchieri, il presidente della Federal
Reserve. I politici hanno bisogno di molto coraggio, è vero, per
ribaltare questo stato di cose: ma adesso sono i popoli ad assumersene
la responsabilità, e mai come in questo caso la democrazia può e deve
servire a tutelare e a difendere coloro che sono soltanto i
“rappresentanti” del nostro volere. Ida Magli 20 dicembre 2009
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