editoriale
Quei 170 milioni di No all'Europa
di Ida Magli il Giornale | 12/06/2009
A
giudicare dalla faccia compunta e addolorata del conduttore di Ballarò,
mentre faceva rilevare ai suoi stupiti ascoltatori che Berlusconi
“aveva conservato per due giorni il silenzio sui risultati delle
elezioni”, se ne sarebbe dovuto dedurre che nessuna Waterloo fosse mai
stata più grave di questa. Se ogni tanto qualcuno dei presenti non
avesse fatto lo sforzo di risalire alla concretezza dei numeri, ci si
sarebbe facilmente convinti che lo scontro elettorale fosse finito con
la sconfitta del PDL. Ma non si tratta soltanto di Ballarò. Tutta la
Sinistra ha impostato la sua battaglia del dopo-elezioni sullo stesso
principio con il quale ha condotto quella del “prima”: parlare sempre e
soltanto di Berlusconi; “creare”, parlandone, i problemi di Berlusconi,
le amarezze di Berlusconi, le sconfitte di Berlusconi; far nascere,
infine, nella mente e nell’anima degli ignari cittadini, la convinzione
che si nascondano, nell’oscuro orizzonte nel quale si muovono i passi
dell’uomo Berlusconi, i fatali precipizi di una némesi inevitabile.
Purtroppo i rappresentanti del PDL, così come le persone più vicine a
Berlusconi, sono caduti, e continuano a cadere, nella ben nota trappola
del: “la poveretta rispose”. La regola, infatti, è che non si deve mai
rispondere. Ma la cosa più sorprendente di questa situazione, è che vi
si siano lasciate irretire persone espertissime dei mezzi di
comunicazione di massa quali quelle che si muovono intorno a
Berlusconi; senza contare lo sconcerto anche dei più semplici
cittadini, ai quali era sufficiente il buon senso per comprendere come
fosse un errore seguire la Sinistra nel suo modo di falsare la realtà.
Un
altro errore, però, è stato fatto da tutti, a destra come a sinistra:
mettere a confronto i risultati delle elezioni europee con quelli delle
ultime politiche. Un errore clamoroso, ma che nasce dallo scarsissimo
valore che politici e giornalisti danno all’Unione europea. Ne sono
così convinti che attribuiscono lo stesso disinteresse agli elettori,
non riuscendo perciò a fare un’analisi obiettiva dei risultati delle
elezioni. E’ invece soltanto se si mette in rilievo come motivazione
più importante il dato “Unione Europea” che si possono comprendere i
comportamenti dell’elettorato. Come è noto ha votato in media fra
tutti i 27 paesi poco più del 43% degli aventi diritto. In democrazia,
una vera e propria disfatta. Ma qui c’è molto di più di una disfatta
democratica. Si tratta di oltre 170 milioni di cittadini, appartenenti
a nazioni diverse, a lingue diverse, a idee, religioni, costumi diversi
che, pure non essendosi messi d’accordo fra loro e non avendo avuto
nessuna comunicazione e nessun ordine dall’alto, hanno preso una
identica decisione e si sono comportati nello stesso modo. (Sarebbe
sufficiente, a far temere per il futuro democratico dell’Europa,
l’irresponsabilità dei governanti, i quali si apprestano, senza essersi
fermati neanche un attimo a riflettervi, a governare 170 milioni di
persone di cui non hanno il consenso. E se si pensa che un ministro
tedesco ha proposto di imporre una multa a chi non vota, si capisce
ancor meglio quale sia la democrazia verso la quale siamo avviati). E’
questa la cosa più importante: 170 milioni di persone hanno detto “no”
all’Europa, utilizzando l’unica possibilità loro concessa: non votare.
Non è stato permesso, infatti, ai popoli di esprimere nessun parere
negativo sul progetto di unificazione degli Stati d’Europa, per cui la
grande massa dei contrari o non vota oppure si riunisce sotto le ali
dei partiti “euroscettici”, i quali paradossalmente partecipano al
parlamento europeo allo scopo di eliminarlo, o almeno di limitarne al
massimo i danni, come i Verdi dei paesi scandinavi, le Destre e i
Nazionalisti presenti in Francia, in Austria, in Polonia e in diversi
altri stati dell’Est post comunista. Nessun commentatore però ha
voluto mettere in luce il fatto che uno dei principali motivi della
crescita di questi partiti in tutta Europa si trova proprio
nell’aumento dell’ostilità nei confronti del governo sovra-nazionale.
Neanche Berlusconi, entusiasta dell’Europa, ha capito che i voti che
gli sono mancati sono quelli, non degli astensionisti, come è stato
detto, ma degli antieuropeisti astensionisti. Perfino davanti al
tracollo dei laburisti in Gran Bretagna non si è messo in luce il
motivo più grave, ossia il tradimento della fiducia dei cittadini
compiuto prima da Blair e poi da Brown, i quali avevano ambedue
promesso il referendum per l’Europa. Anzi, il governo Brown, del tutto
incurante della promessa, ha ratificato il Trattato di Lisbona con la
stessa silenziosa arroganza di tutti gli altri governi. Il fatto è che
nell’ambito dell’organizzazione europea si sono accumulate in questi
ultimi anni, davanti agli occhi dei cittadini impotenti e ridotti al
ruolo esclusivo di spettatori, decisioni gravissime come l’eliminazione
dei confini fra gli Stati, l’incredibile allargamento dell’Unione a
molti paesi dell’Est cui nessuno in principio aveva mai pensato,
l’adozione di una Costituzione-Trattato quasi del tutto sconosciuta a
coloro che avranno il dovere di obbedirle e di metterla in atto. Si è
assistito inoltre alla lunga inerzia della Banca Centrale, fintamente
ignara dei crimini finanziari perpetrati in tutto il mondo e incapace
di una efficace reazione di difesa. E’ stato svelato, infine, con il
continuo invito a favorire l’immigrazione, a superare le differenze fra
le nazioni e a puntare in assoluto sul libero scambio delle merci e dei
capitali, il vero scopo dell’unificazione europea: fare dell’Europa la
copia esatta dell’America, o, per meglio dire, un tutt’uno con
l’America. Obama è talmente sicuro di questa sostanziale unicità che
non ha esitato a presentarsi nei due Stati leader dell’UE proprio nei
giorni delle elezioni politiche, cosa che nessun altro capo di Stato si
sarebbe permesso di fare. In Germania, poi, come in Francia, Obama ha
ricordato, senza riguardi per nessuno, che sono stati gli Americani a
liberare l’Europa; e che l’America si aspetta la rapida ammissione
della Turchia nell’Unione al fine di saldare i confini europei con
quelli della Nato.
L’aspetto più imbarazzante, però, di questo
disinteresse per l’UE da parte dei politici, è lo svuotamento del ruolo
delle Sinistre. Una cosa è certa: nessun popolo, così come nessun
individuo, può volere la propria morte; tanto meno suicidarsi. Dunque
la Sinistra avrebbe una sola possibilità di stare dalla parte del
popolo: combattere contro l’unione europea. Siccome, viceversa, ha
sposato la causa dell’UE, si ritrova a non poter combattere per nessuna
delle cose che avrebbe dovuto combattere: il liberalismo capitalistico,
il governo dell’Alta Finanza e dei Banchieri, la tecnologizzazione che
le sottrae gli operai… Si ripresenta, perciò, sotto un altro aspetto,
il problema dello svuotamento della democrazia che già incombe con i
170 milioni di non elettori. Quale democrazia può sussistere senza una
opposizione? La Sinistra deve mettersi a pensare in fretta sul da farsi. Siamo tutti con lei.
Ida Magli
10 giugno 2009
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170 million “NO’s” to Europe
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