Vogliamo
provare ad analizzare con un minimo di obiettività quello che è
successo in questi giorni? Prima di tutto l’ipocrisia e le menzogne del
Governo. Nessuno può invitare il Capo di un altro Stato (il Papa è
il Capo dello Stato del Vaticano) senza essersi consultato ed aver
avuto il consenso del Governo; il Governo a sua volta non può aver dato
il suo consenso senza essersi consultato con il Ministro degli
Esteri e con quello degli Interni sulla opportunità e sulla fattibilità
della visita e senza averne informato il Presidente della Repubblica.
Tutto questo è normale e obbligatorio riguardo alla visita di qualsiasi
Capo di Stato. Se poi questo Capo di Stato è anche il Capo della Chiesa
Cattolica, la prassi diventa ancor più delicata a causa dei rapporti di
difficile equilibrio fra lo Stato del Vaticano e l’Italia, della
ipersensibilità storica e psicologica delle varie componenti politiche
che animano il Parlamento e le Istituzioni italiane nei confronti del
Papato e, certamente non ultima, la preoccupazione per garantire
la sicurezza del Visitatore. Dunque le menzogne del Governo, che si è
rifugiato dietro le spalle del Rettore dell’Ateneo, manifestando la
propria sorpresa e il proprio dispiacere per quanto è avvenuto, non si
contano. L’idea di invitare il Papa a tenere la Lezione
inaugurale – una lezione sulla pena di morte – in occasione
dell’apertura dell’anno accademico dell’Università romana “ La
Sapienza”, è stata sicuramente suggerita al Rettore dai più importanti
uomini politici oggi al governo, uomini che si fanno un vanto di aver
presentato all’ONU la famosa moratoria, ben sapendo che dalla bocca di
un Papa la pena di morte non può non scivolare sull’aborto. Del resto
la stampa aveva già orchestrato, senza alcun riferimento al Papa, tale
“passaggio”, con la proposta di una analoga moratoria sull’aborto, ben
vista, come è ovvio, dalla maggior parte dei cattolici e tuttavia molto
difficile da gestire apertamente a causa dei diversi comportamenti
sessuali di alcuni degli attuali membri della maggioranza politica e
delle proposte di legge presentate dal Governo in questo campo
(legalizzazione del matrimonio di coppie omosessuali, registro di
matrimoni di fatto, diritto all’adozione di bambini per le coppie
omosessuali); proposte accantonate di volta in volta a causa del
disaccordo e delle polemiche negative che hanno suscitato. C’è
una cosa, però, che accomuna tutte le parti in causa in questa
discussione: il totale silenzio sulla sessualità maschile.
L’aborto riguarda, ovviamente, prima di tutto il comportamento sessuale
dei “maschi” e il loro ruolo nella procreazione. Il silenzio di tutti,
ivi inclusi il Clero, i Papi, le Donne, su questo aspetto primario
dell’aborto, è sconvolgente e distruttivo dell’assetto della Società,
distruttivo dell’esistenza stessa di una “società”, della sopravvivenza
di un “gruppo” come tale. Inutile dire, poi, che le proposte di
“moratoria” vengono avanzate da “maschi potenti” (tale termine è di per
sé indicativo di ciò che sotto sta all’origine del “potere”) con
motivazioni morali indubbiamente giustissime, ma che diventano non
soltanto ingiuste ma grottesche quando escono dalla bocca dei maschi
senza fare alcun riferimento al loro ruolo nella fecondazione. Fino a
quando la procreazione e il suo rifiuto saranno caricati esclusivamente
sulle spalle delle donne, come è stato fatto in tutti questi anni
perfino con la esclusione della ricerca di paternità nel caso di
minorenni autorizzate all’aborto dal magistrato; con l’abitudine,
anche da parte dei giornalisti, di annunziare con tranquilla coscienza
che: “la polizia sta cercando la madre”, ogni volta che si ritrova un
neonato abbandonato, nessuno avrà il diritto di chiedere la “moratoria
sull’aborto”. Sulla sessualità maschile né Papi né Vescovi, né
Sacerdoti hanno mai aperto bocca da moltissimi anni; né quelli
impegnati nel “salvataggio delle prostitute”, ed esaltati quasi come
fossero Santi per la loro opera, si sono mai preoccupati di
“salvare” il cliente, invece che la donna. Troppo facile, cari miei, e
troppo gratificante per i sacerdoti avere a che fare soltanto con le
donne, con i bambini, con i vecchi, escludendo l’unica vera battaglia:
quella con i portatori di un pene potente. Ritornando
quindi alla contestazione di alcune decine di Professori, soprattutto
di Fisica, alla inaugurazione dell’anno accademico con una lezione del
Papa, è necessario distinguere la difesa, non della laicità o della
tolleranza, come è stato affermato, con la solita faciloneria di
linguaggio e ignoranza dei concetti da parte di giornalisti e di
politici, ma della scienza. La ricerca scientifica non è questione di
“laicità” (Galileo, tanto per rimanere al personaggio cui si è riferito
anche il Papa, era un fedele credente, come del resto la grande
maggioranza degli scienziati italiani) ma di libertà del dubbio. Lo
scienziato è colui che sa di dover continuamente superare le conoscenze
che possiede nel momento stesso in cui le raggiunge; colui che è felice
soltanto quando è in grado di dimostrare l’errore nella teoria
raggiunta in quanto è sicuro che esiste sempre qualcosa che gli
permetterà di superarlo, andando avanti nella conoscenza. L’errore è
l’utile gradino per spostarsi verso il successivo utile gradino,
attraverso l’accumularsi di sperimentazioni e di ipotesi. Insomma fare
scienza significa, al contrario di quello che di solito si pensa,
essere sicuri di non essere sicuri; significa avere un campo sconfinato
di ricerca di conoscenze davanti a sé senza mai
assolutizzare ciò che già si conosce. E’
naturale, quindi, che siano stati proprio i Professori di Fisica a
protestare per la lezione di un Papa all’Università in quanto un Papa
non è un qualsiasi “credente” il quale, come abbiamo già detto, può,
con maggiori o minori difficoltà di coscienza, essere un ottimo
scienziato (nel caso di Galileo, la sua condanna era dovuta all’aver
dimostrato errate le affermazioni dell’Antico Testamento sul rapporto
della Terra con il Sole), ma proprio perché è “Papa”, ossia è costretto
dal suo ruolo a difendere le verità di fede, o meglio quella che lo
stesso Ratzinger nel suo discorso chiama la “verità”. Dunque chiamare un Papa, non a fare una qualsiasi conferenza in un’aula universitaria, ma ad aprire l’anno
accademico dell’Università degli Studi, è un gravissimo errore
concettuale, sicuramente suggerito e concordato con il Vaticano dai
politici, strumentalizzando il Papa per dare forza ai loro scopi. Che
si gridi adesso alla intolleranza, alla mancanza di libertà
democratica, chiamando i fedeli a veglie di preghiera, ad adunate in
piazza S. Pietro, è perfino ridicolo da parte di una Chiesa che ha
impedito per secoli la libertà di parola a tutti, che non conosce la
democrazia neanche da lontano e che ha avuto la condanna a morte nel
suo Codice e l’ha applicata fino all’ultimo Ottocento.
Una cosa, però, bisogna aggiungere. La storia della Chiesa e quella
dello Stato Pontificio sono piene di leggi e di sentenze terribili
perché è stato seguito l’Antico Testamento e non Gesù. I Vangeli
rappresentano la rivolta di Gesù contro la Legge mosaica. Anche il
processo a Galileo è dovuto all’Antico Testamento, alle affermazioni
del Genesi, di cui non v’è traccia nelle parole di Gesù. I credenti che
anche adesso difendono e amano la Chiesa, pensano a Gesù, conoscono e
amano i Vangeli; scapperebbero inorriditi se conoscessero il
Deuteronomio, il Levitico e le sue crudeli affermazioni. La Chiesa
attui oggi quello che avrebbe dovuto fare fin dall’inizio: accantoni
l’Antico Testamento e si affidi soltanto ai Vangeli. Il fascino di Gesù
è l’unico che possa conquistare il cuore dell’uomo moderno.
Roma, 17 Gennaio 2008
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