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Bukovsky e la politica imperialista di Mosca

di Alessandra Nucci

Italia Oggi  | 15 Agosto 2008


  Sulla crisi fra la Georgia e la Russia  potrebbe gettare luce quanto va scrivendo da oltre quindici anni l’ex-dissidente sovietico Valdimir Bukovsky sulla mai sopita vocazione del Cremlino a dominare il mondo. Nella visione di Bukovsky, documentata da carte segrete fotocopiate nel 1991, ai tempi di Yeltsin, la “caduta” del muro di Berlino sarebbe stata in realtà solo un cavallo di Troia attuato per ottenere la fiducia dell’Occidente e entrare così a scardinarne le roccaforti. In questa ottica la “perestrojka” di Gorbaciov sarebbe stata mirata alla “ristrutturazione” non tanto del proprio interno quanto del mondo intero,  inginocchiato ai piedi del leader “convertito”. A ben vedere, da allora, Mikhail Sergeyevic continua a professarsi comunista e a segnalare nel comunismo la sua mèta.- con la differenza sostanziale che adesso lo fa con il plauso e il denaro dell’Occidente e motivando la necessità di cambiare “i valori e i comportamenti” delle popolazioni mondiali con la sollecitudine ambientalista.
Così, la fisionomia autoritaria che è venuta progressivamente assumendo l’Unione europea, a partire dagli anni Ottanta, sarebbe dovuta a manovre per far nominare alla Commissione europea, che com’è noto non è eletta dai popoli ma è frutto di nomine politiche di vertice, gente fedele o quantomeno non ostile a Mosca (i dettagli in “EURSS, Unione Europea delle Repubbliche Socialiste Sovietiche”, ed. Spirali).
Testare questa ipotesi alla luce dei fatti non sarebbe operazione peregrina, visto il graduale spostamento della politica europea da una piena concordia con Washington all’attuale distacco e ad aspetti di concorrenza apertamente ostili agli USA, non solo sul piano economico ma anche come polo politico alternativo.
L’avvicinamento fiducioso alla Russia messo in atto da questa Unione europea ci ha resi ostaggi della politica energetica del Cremlino, mentre, di converso, la Russia si è svincolata dalla dipendenza finanziaria e dal lato opposto l’America non  è più in grado di garantire se stessa, tantomeno noi, stante la sua debolezza economica e l’isolamento morale che è seguito all’attacco all’Iraq.
Così, chi ha interesse a che la Georgia rimanga sottratta al predominio russo siamo soprattutto noi in Europa. Il valore economico delle aree contese del Caucaso è infatti risibile; ma di qui passano gli unici due grossi oleodotti per il petrolio della zona, il Baku-Tbilisi-Ceyhan e il Baku – Shupsha, che ancora non appartengono a Putin (e c’è il progetto per costruirne un altro). In queste condizioni, non dare la priorità a diminuire la nostra dipendenza da Mosca è come dare in pasto ai coccodrilli gli altri, nella speranza di essere divorati per ultimi.
 
© Italia Oggi, 15 agosto 2008  p.2


 
 
 




 
 
 

 

 
 
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