Il
risultato negativo del referendum irlandese fa esultare i molti che
sperano in un ripensamento da parte dei governanti nel proseguire sulla
strada intrapresa. Una strada devastante visto che si propone di
costringere i popoli a sottoporsi ad una dittatura priva di nomi,
nascosta sotto le vesti di democrazie apparenti. Certamente questa è
l’ultima occasione che rimane per salvarsi dal baratro, o almeno
l’ultima che rimane prima di giungere alla fase, che alla fine
diventerà inevitabile, dei conflitti. Ma il disegno è troppo vasto,
troppo a lungo preparato e perseguito in segreta complicità da tutti i
capi degli stati e dei governi perché si possa credere che non
troveranno qualche scappatoia. Del resto l’assunto dei progettisti era
chiaro fin dall’inizio: fingere che la storia non avesse portato alla
creazione delle singole patrie, delle diverse lingue, delle religioni,
delle arti, insomma di tutto quello che forma l’immensa ricchezza delle
nazioni europee e capovolgerne il senso nell’affermare che questa non
era diversità ma uguaglianza. Dover mentire era dato per scontato. Per
questo hanno cominciato col produrre l’uguaglianza delle banane. Poi è
stato fatto il grande passo della moneta unica e lì hanno cominciato a
mettere a punto il nuovo modo per affermare che i totalmente diversi
sono uguali. Basta guardare le banconote: niente più grandi nomi di
artisti o scienziati, niente più grandi opere d’arte. Scheletri di
anonimi ponti, vaghe architetture di un ignoto aldilà. Non
bisogna pensare che la mancanza di informazione sulle operazioni
politiche decise a Bruxelles non fosse voluta. Soltanto che ha prodotto
un effetto negativo in quanto il “segreto” ha suscitato diffidenza e
sospetto. L’Irlandese che ha detto:” Non voglio ciò che non conosco” ha
espresso un sentimento comune ai milioni di cittadini cui non è stato
permesso di dire il proprio pensiero. Inutile osservare che è per
questo motivo che l’unione europea non potrà mai diventare
politicamente forte. E’ chiaro come il sole che non può essere forte
uno stato i cui popoli perdono la patria, l’identità territoriale,
linguistica, il patrimonio storico, artistico, intellettuale,
religioso, culturale. Ma è proprio questo che perseguono i veri
progettisti dell’unione: vogliono indebolire l’Europa fino a farla
diventare territorio di passaggio per il sud-oriente; sono soltanto i
piccoli politici di servizio quelli che stupidamente sperano nella
grande Europa. Ci sono però, oggi, due piccoli motivi di speranza per
chi vorrebbe ancora tentare di salvare le grandi civiltà dell’occidente. Il
primo consiste nella necessità di tenere conto della Russia che
certamente non starà a lungo a guardare in silenzio quello che
combinano gli pseudo-strateghi di Bruxelles. L’altro risiede nel nuovo
governo italiano, finalmente libero dall’ansia ugualitaria e
distruttiva della sinistra. I politici italiani, infatti,
potrebbero giocare un ruolo importante nella attuale contingenza.
Facendosi forti della storia dell’Italia, invasa a turno nei secoli da
francesi, tedeschi, austriaci, spagnoli, sarebbe giusto che fossero
loro a convincere gli altri governanti del fatto che non si può
riportare gli italiani a vivere senza confini e obbedendo agli
stranieri. L’unica cosa saggia da fare sarebbe quindi quella di
proporre una lunga pausa di riflessione, sospendendo qualsiasi
ulteriore ratifica del trattato, per poi passare a studiare con calma
un progetto diverso. Nulla infatti impedisce nel frattempo di
concludere degli accordi fra stato e stato ogni volta che se ne veda
l’utilità. Sarà almeno una volta il buon senso a prevalere sulla
volontà di potenza dei governanti?
Ida Magli Roma, 14 Giugno 2008
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